Nuovo allarme dello Svimez: “Il Sud è peggio della Grecia”
Lo scenario dell’economia del Mezzogiorno fotografato dalla Svimez, l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, e presentato in anteprima lo scorso giovedì a Roma, si dimostra ancora una volta sconfortante: tra il 2001 e il 2014 il Sud Italia mostra una situazione addirittura peggiore rispetto quella della Grecia.
I dati parlano chiaro restituendo l’immagine di un Paese diviso e diseguale, dove il Sud scivola sempre più nell’arretramento: nel 2014 per il settimo anno consecutivo il Pil del Mezzogiorno è ancora negativo (-1,3%); il divario di Pil pro capite è tornato ai livelli di 15 anni fa; negli anni di crisi 2008-2014 i consumi delle famiglie meridionali sono crollati quasi del 13% e gli investimenti nell’industria in senso stretto addirittura del 59%; nel 2014 quasi il 62% dei meridionali guadagna meno di 12mila euro annui, contro il 28,5% del Centro-Nord.
Sembravano lontani i tempi in cui i nostri nonni partivano con le loro valige di cartone, con pochi soldi e altrettante poche certezze, alla volta di Paesi sconosciuti, costretti a parlare una lingua diversa, del tutto ignari del futuro che li avrebbe attesi, ma certi che lì almeno i loro sforzi sarebbero stati ricompensati, e che poi un giorno sarebbero ritornati, fieri e “vincitori”, nelle loro terre. Sembravano lontani i tempi in cui le politiche di assistenzialismo del Mezzogiorno rappresentavano uno spiraglio di crescita e di uscita da uno “stato di minorità”. Sembravano lontani. E invece, a chi afferma che l’Italia è in ripresa, che l’uscita dalla crisi è vicina, dimentica di considerare il nostro Paese come un organismo unico, fatto di Nord, Centro e Sud, e situato all’interno di un contesto più grande, quello europeo e, ancora, mondiale.
Il direttore della Svimez, Riccardo Padovani, durante il suo intervento del 30 luglio, ha parlato di crisi strutturale: “La flessione dell’attività produttiva è stata molto più profonda ed estesa nel Mezzogiorno che nel resto del Paese, con effetti negativi che appaiono non più solo transitori ma strutturali.
Dal Pil pro capite, ai consumi, agli investimenti: su più fronti l’economia del nostro Paese presenta una situazione stagnante, e lo stesso divario si ripropone, in misura assai più accentuata e preoccupante tra le regioni meridionali. Servizi, agricoltura, industrie registrano segni negativi, come negative sono anche i numeri delle esportazioni registrate nel Sud durante il 2014, tanto che si è parlato di “forte rischio di desertificazione industriale, con la conseguenza che l’assenza di risorse umane, imprenditoriali e finanziarie potrebbe impedire all’area meridionale di agganciare la possibile ripresa e trasformare la crisi ciclica in un sottosviluppo permanente”. Per non parlare della disoccupazione, altro tasto dolente del Sud: se al Centro-Nord i posti di lavoro nel 2014 sono aumentati di 88.400 unità, il Sud ne ha persi 45.000. Il numero degli occupati nel Mezzogiorno torna così a 5,8 milioni, sotto la soglia psicologica dei 6 milioni; il livello più basso almeno dal 1977, anno da cui sono disponibili le serie storiche dell’Istat.
“Non sarà facile, insomma, disancorare il Mezzogiorno da questa spirale di bassa produttività”- ha detto Padovani- “ma crediamo che si possa realizzare una positiva discontinuità e che ciò sia possibile, ammaestrati anche da quella straordinaria esperienza di discontinuità che, nel dopoguerra, aprì la strada all’impetuoso sviluppo degli anni ‘60, con una strategia di intensa politica dell’offerta, mirata ad assegnare al Mezzogiorno il ruolo di fulcro dello sviluppo italiano”.
Ma i dati riportati dalla Svemez oltre ad aver cosso le nostre sensibilità, hanno sollevato una reazione culminata nella lettera di Roberto Saviano indirizzata al Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, pubblicata sabato da «Repubblica». Il monito di Saviano al Premier, “Lei ha il dovere di agire”, e ancora: “Aiutare il Sud non vuol dire continuare ad assisterlo ma lasciarlo libero di diventare laboratorio, permettergli di crescere diversamente: con i suoi ritmi, le sue possibilità, le sue particolarità. Non dare al Sud prebende, non riaprire Casse del Mezzogiorno, ma permettere agli imprenditori con capacità e talenti di assumere, di non essere mangiati dalla burocrazia, dalle tasse, dalla corruzione.
(Anna Piscopo)
Purtroppo sono meridionale e dobbiamo ringraziare Renzi e Monti di questo risultato. Oggi, neppure le tradizioni del territorio danno conforto, anzi peggio, fanno ricordare di essere del sud cioè abbandonati a noi stessi. Ci hanno fatti fessi. Quando ascolto musica italiana mi vien solo da vomitare ormai, conscio della realtà di questo dannato paese.