Amarcord, la travagliata parentesi del Gallipoli in serie B

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Gallipoli BRimini, Cesenatico, Portofino, Isola d’Elba: posti splendidi, mari meravigliosi, spiagge affollate di turisti, ma poco calcio, o meglio, squadre locali non particolarmente affermate col pallone in mezzo ai piedi. Curioso come in Italia i luoghi di maggior attrazione turistico-vacanziera non vadano di pari passo col gioco più popolare del paese; Gallipoli, altra meta gettonatissima soprattutto dai giovani per il suo mare eccellente e per le numerose attrazioni serali e notturne, non ha mai fatto eccezione: la squadra del paese, fondata all’inizio del novecento, ha veleggiato fra campionati regionali e dilettanti, con una brevissima esperienza in serie C alla fine degli anni settanta, dopodichè il buio più totale. Fino alla metà degli anni duemila.

Il Gallipoli torna in serie C al termine del campionato di serie D 2004-2005 (giocato peraltro da neopromosso) grazie al presidente Barba, petroliere e gallipolino doc, che ha rilevato la società, convinto di raggiungere traguardi importanti, e ai gol di Josè Inacio Castillo, bomber argentino con licenza di far gol solo in Italia dopo esser stato scaricato dalla madre patria sudamericana. L’ascesa è inarrestabile: la squadra giallorossa (stessi colori e stessa maglia a strisce verticali dei cugini più potenti del Lecce) vince pure il campionato di C2 con facilità imbarazzante e si toglie anche la soddisfazione di conquistare la Coppa Italia di serie C nella doppia finale contro la Sanremese. Dopo un paio di tornei di assestamento, i pugliesi compiono il miracolo e il 17 maggio del 2009, altermine di un campionato dominato dall’inizio alla fine, festeggiano l’incredibile e storica promozione in serie B dopo il 3-2 al Marcianise di fronte al pubblico impazzito del minuscolo stadio Bianco, neanche 4 mila posti a sedere; dopo la partita, i calciatori, guidati dall’allenatore Giuseppe Giannini, ex capitano della Roma, attraversano la strada e vanno ad esultare con un tuffo in mezzo al mare azzurro del litorale pugliese. Che quella sarà l’ultima vera gioia per i tifosi gallipolini, nessuno può ancora saperlo, anzi, l’entusiasmo si espande in tutto il paese, tappezzato di bandiere e festoni giallorossi: il Gallipoli è in serie B, ripercorre le gesta di altri piccoli paesi che hanno compiuto il grande salto, dall’Acireale al Chievo, dalla Fermana al Cittadella. Ma i guai sono dietro l’angolo: tanto per cominciare, lo stadio Bianco non è idoneo per la serie B, i suoi 4 mila posti scarsi non sono sufficienti ad ospitare le gare del torneo cadetto che ne richiede almeno 9 mila; il Gallipoli prova ad ottenere deroghe, ma non ci riesce, ed alla fine, pur di iscriversi al campionato, fa domanda (accettata) per spostarsi nella vicina Lecce e nell’impianto cittadino Via del Mare che da anni ospita i leccesi in serie A e in serie B. Inoltre l’estate del 2009, oltre ad accogliere miriadi di turisti, a Gallipoli passa fra l’immobilismo sul calciomercato e le problematiche societarie del presidente Barba che si dice incapace di gestire da solo i costi del club in serie B e chiede aiuto. Non si fa avanti nessuno, la squadra si iscrive al campionato ma si capisce subito che salvarsi sarà impresa pressochè impossibile, la dirigenza è assente, l’organico è insufficiente per affrontare una stagione lunga e competitiva; il 9 agosto il Gallipoli manda in campo la squadra Primavera nella gara di Coppa Italia contro il Lumezzane e perde 6-0. Intanto Barba cede la maggioranza delle quote ad un altro imprenditore, Daniele D’Odorico, e Gallipoli rivede un po’ di luce anche se il ritardo dagli altri è imbarazzante: Giannini a dieci giorni dall’inizio del campionato ha disposizione 8 giocatori: tre facenti parte della rosa che ha trionfato in serie C, più cinque calciatori della Primavera aggregati alla prima squadra. Gli ultimi giorni di mercato sono frenetici per il Gallipoli, il direttore sportivo Vittorio Fioretti gira con due telefoni cellulari appiccicati all’orecchio nell’albergo che ospita il calciomercato, discute, contratta, offre, guarda l’orologio in continuazione, il tempo stringe, Giannini telefona ogni cinque minuti e chiede: “Direttore, chi abbiamo comprato? Io non posso far capire gli schemi ai miei giocatori, non siamo abbastanza neanche per provare i calci d’angolo”. Sabato 21 agosto 2009 il Gallipoli scende regolarmente in campo per l’esordio assoluto in serie B, ad Ascoli Piceno; in molti danno i giallorossi già sconfitti, invece Giannini spedisce in campo una squadra combattiva e grintosa che passa addirittura in vantaggio grazie al centravanti Di Gennaro, uno dei superstiti della serie C, poi subisce l’1-1 dei marchigiani ma torna a casa con un punto e col morale rinvigorito; Giannini dirà: “Tra mille difficoltà di ogni tipo, la squadra ha tirato fuori orgoglio e personalità, salvarsi non sarà facile, ma lotteremo fino alla fine”. Il 29 agosto ecco il debutto casalingo in uno stadio Via del Mare di Lecce mezzo vuoto: il Cesena vince 2-0, il Gallipoli mostra tutti i limiti di una rosa allestita in fretta e furia, non ripetendo la bella prestazione di Ascoli Piceno. Eppure la squadra è viva, ottiene tre pareggi consecutivi contro Grosseto, Sassuolo e Vicenza, poi al sesto turno ecco la prima, sognata e sospirata prima vittoria in serie B: in casa (si fa per dire) i giallorossi battono 1-0 l’Ancona e si rimettono in carreggiata per non perdere la strada della salvezza; è il 22 settembre 2009, una data storica per il club pugliese. Un mese dopo, la squadra di Giannini vince a Brescia e porta a casa la prima vittoria in trasferta, anche se i problemi non mancano: la rosa è fondamentalmente debole, eppure in ogni partita tira fuori il 100% e i risultati, pur arrancando, arrivano: il Gallipoli chiude il girone d’andata all’undicesimo posto con 28 punti, un risultato insperato considerando che a Ferragosto Giannini non avrebbe potuto far scendere in campo la squadra neanche per una partita di calcetto. Le risorse dei pugliesi, però, si esauriscono forse lì e la rivoluzione di gennaio non aiuta la squadra, anzi, rimescola i pezzi di un puzzle che il tecnico stava faticosamente unendo: col mercato invernale, infatti, viene ceduto il centravanti Di Gennaro per il quale la società accetta l’offertona del Verona che sta cercando di tornare in serie B e non bada a spese pur di rinforzarsi. Anche l’altro attaccante, Giro Ginestra, fa i bagagli e se ne va al Crotone, mentre in Puglia arrivano lo sconosciuto attaccante Paez (che sconosciuto rimarrà pure dopo), l’ex promessa del vivaio juventino Volpato e Mario Artistico, attaccante bravo ma un po’ acerbo. La situazione societaria, intanto, degenera, la parola fallimento serpeggia sinistramente con sempre più decisione, l’8 febbraio, la squadra prende posizione e tutta Italia intuisce che a Gallipoli qualcosa non va: quel giorno si gioca Gallipoli-Grosseto, nei primi 41 secondi di gioco, la squadra giallorossa protesta in modo evidente e si ribella contro la società che non dà notizie di sè e del futuro del club: i calciatori restano bloccati nella propria metà campo e regalano la palla agli sbigottiti avversari tenendo le spalle rivolte alla tribuna centrale dello stadio. Poi il capitano Scaglia mostra una maglia con la scritta Capisci, un messaggio al presidente; nel dopo partita, quindi, succede di tutto: i pochi tifosi del Gallipoli presenti a Lecce fischiano e ululano contro la dirigenza, hanno paura che un anno di serie B possa costare un fallimento e una ripartenza dai dilettanti, Giannini si dimette e dice corrucciato di aver fatto più del possibile, più di quanto il suo lavoro richiedesse, poi torna sui suoi passi e la squadra, ormai relegata agli ultimi posti della classifica, ha un moto d’orgoglio e vince 2-1 in casa del Sassuolo che in quel momento è terzo. Ma nel turno successivo, i pugliesi vengono travolti dal Vicenza che passeggia su una squadra in disarmo e stravince per 5-0; la fine è vicina, lo capiscono tutti: il 22 marzo il Gallipoli perde in casa col Brescia 2-1 e Giannini si dimette ancora, stavolta definitivamente. La squadra, o ciò che ne resta, viene affidata prima a Giovanni De Pasquale, tecnico della Primavera, poi a Ezio Rossi, allenatore più esperto ma che può solo accompagnare la formazione gallipolina verso la retrocessione: i giallorossi pagano inesperienza, rosa ridotta e non sufficientemente competitiva, oltre ad oggettive difficoltà gestionali e pratiche che rendono comica, o meglio tragica, la situazione dei pugliesi: la società non tira fuori un soldo nemmeno per le trasferte, i dirigenti chiedono aiuto agli sponsor per organizzare i viaggi e gli alloggi in albergo. L’avventura del Gallipoli in serie B termina ufficialmente il 23 maggio 2010 dopo la rovinosa sconfitta casalinga (1-4) col Piacenza, mentre l’ultima partita del campionato è a Modena e finisce 3-2 per gli emiliani.

Da quel Modena-Gallipoli, il buco nero si allarga, il club fallisce e non si iscrive al successivo campionato di serie C1, anzi, è costretto a ripartire dalla Promozione e con una nuova società e denominazione. Ad un solo anno da quel tuffo in mare, il popolo giallorosso passa dall’estasi della serie B alla mestizia dei campetti polverosi delle periferie sperdute della Puglia; un tifoso, durante i playoff di Promozione persi contro il Botrugno a giugno del 2011, dirà: “Ho varcato i cancelli dello stadio di Torino annusando quasi l’odore della serie A, tutto mi sembrava importante lì, oggi sono qui in un paese sconosciuto ai più, si sentono i rumori dei piatti lavati e riposti nelle credenze delle case qui dietro, i motori degli scooter fanno più confusione della gente allo stadio, il tutto in meno di un anno”. Oggi il Gallipoli è risalito fino alla serie D, pur non potendo ancora puntare alla promozione fra i professionisti, ma contando su una nuova proprietà che appare solida e con le idee chiare. Un solo anno di serie B vale l’inferno successivo? Forse no, ma di certo quel campionato 2009-2010, pur tra mille peripezie, resta ad oggi il punto più alto della storia del Gallipoli, nessuno in paese ne dimentica neanche un fotogramma.

 di Marco Milan

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