Il silenzioso dramma della Tunisia, schiacciata dal terrore dell’Isis

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516991Ufficialmente i territori controllati dall’Isis corrispondono alle zone orbitanti attorno le città di Raqqa e Mosul. Ben più vaste appaiono le aree di supporto al califfato, che si estendono in maggioranza all’interno del territorio iracheno con qualche estensione siriana. I combattenti curdi sono invece schierati nell’estremo sud-est del confine turco fino a scendere più giù, lungo la vecchia Persia.

Ma ovviamente il potere dello Stato Islamico è costruito dalle sue ampie e incontrollabili zone di influenza, che hanno una geografia fisica, che corrono e si sviluppano in rete attraverso l’abile propaganda e l’incredibile uso della comunicazione, condita da un macabro sensazionalismo cinematografico.

C’è uno Stato che in questi mesi sta pagando un prezzo altissimo, un prezzo fissato dagli uomini di Al Baghdadi qualche mese fa, con l’attacco al museo del Bardo, posta poi schizzata al massimo dopo la strage sulla spiaggia di Sousse. Secondo quanto riferisce la Banca Centrale tunisina, il numero di turisti stranieri registrati nel mese di luglio di quest’anno segna una flessione del 44,1% rispetto allo stesso periodo del 2014. L’Isis non controlla la Tunisia, non ha piazzato i suoi avamposti all’interno dei suoi confini, ma ha messo l’economia dell’unico Paese uscito stabile dalla Primavera Araba, letteralmente in ginocchio. Va da sé che il potere del califfato del Terrore non si misura chilomentri quadri.

È notizia della scorsa settimana l’uccisione dei una guardia di frontiera tunisina in uno scontro a fuoco con militanti jihadisti avvenuto al confine con l’Algeria, ciò che si percepisce è l’atmosfera di un Paese sotto attacco, anche per questo lo stato di emergenza proclamato lo scorso 4 luglio è stato prorogato di altri due mesi a partire dal 31 dello stesso mese. In questi giorni quindi, la Tunisia è da considerarsi uno Stato a rischio di nuovi attentati jihadisti, in cui polizia ed esercito detengono poteri eccezionali.

Il vero nodo del discorso è la cosiddetta “lotta all’Isis”, una sorta di lodevole intento che accomuna le più grandi potenze mondiali, ma che nell’effettività non trova un’attuazione omogenea e condivisa, giocata sul sottile filo della diplomazia internazionale e che per il momento appare essere in secondo piano rispetto alle crisi economiche di Grecia prima e Cina poi.

L’abietta strategia che l’Isis ha utilizzato per piegare la Tunisia, simbolo del turismo occidentale in Africa, ha impiegato il terrore per destabilizzare l’economia di un territorio florido in termini di visitatori e presenze straniere, ha colpito il “tempo della vacanza” e dello svago, cardine del mondo occidentale e ha indebolito ferocemente il baluardo più estremo prima delle acque europee. Tuttavia i nemici senza volto del califfato islamico, che sono riusciti ad incarnare i più oscuri e reconditi incubi dell’uomo europeo, non trovano un’opposizione netta da parte del resto del mondo interessato, con la consueta ambiguità russa, la strategia militare indiretta degli Usa, l’impreparazione e la disorganizzazione europea e la comodità dell’esistenza della popolazione curda, che viene armata, combatte, resiste, muore e ottiene gli unici sanguinosi risultati.

Nessuno nel frattempo sembra curarsi della Tunisia, abbandonata da turisti e vacanzeri e stretta dalla morsa dell’estremismo islamico. La distanza che separa Tunisi da Marsala e quindi dalle coste italiane, è di poco più di 500 km, Napoli dista da Milano più di 650 km.

(di Azzurra Petrungaro)

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