Amarcord: l’incredibile scudetto della Real Sociedad 1981
Uno scudetto è uno scudetto, la felicità è immensa, la soddisfazione pure, è il coronamento di un anno di lavoro e di sacrifici, il vanto di essere stati più bravi degli altri. Eppure ci sono scudetti che rimangono indelebili per sempre come se la gioia fosse uguale al primo giorno, come se il tempo si fosse fermato a quel fischio finale. E’ quanto accade ad ogni tifoso della Real Sociedad ripensando al campionato spagnolo 1980-1981.
La Liga 1979-1980 si era conclusa con una beffa per la Real Sociedad, squadra della città basca di San Sebastiàn, tornata in massima serie da 5 anni dopo qualche stagione di purgatorio in serie B e subito rivelatasi come una delle più belle realtà del campionato spagnolo, anche se nessuno avrebbe pensato potesse inserirsi nella lotta al titolo a cui in pratica partecipano da sempre Barcellona e Real Madrid con qualche intrusione dell’Atletico Madrid. Invece la Real Sociedad lotta col Real Madrid per tutto il campionato e viene beffata sulla linea del traguardo, perdendo alla penutlima giornata contro il Siviglia, lasciando ogni sogno di gloria con rammarico perchè uno scudetto a San Sebastiàn sembra evento irripetibile e quell’occasione non si ripresenterà mai più. Invece nella stagione successiva i biancoblu allenati da Alberto Ormaetxea, un simbolo del club spagnolo, si ripresentano con grandi ambizioni e fin dal principio della Liga occupano le prime tre posizioni della classifica, alternandosi con Atletico Madrid e Real Saragozza; sembra il campionato delle sorprese, il Real Madrid insegue al quarto posto, il Barcellona è ancora più attardato e a San Sebastiàn in molti iniziano a ripensare al miracolo, forse quest’anno, lottando con formazioni che, proprio come la Real Sociedad, non sono abituate a contendersi il titolo, l’impresa non è così impossibile e l’esperienza amara e cruda dell’anno prima può risultare decisiva in favore degli uomini di Ormaetxea. In sett’antanni di storia mai la Real Sociedad ha vinto lo scudetto e mai è stata in lotta così a lungo per la vetta della classifica ed è logico che verso la metà del campionato nello spogliatoio biancoblu inzi a serpeggiare un po’ di fifa, paura di arrivare un’altra volta ad un passo dalla gloria e rimanere poi con un pugno di mosche in mano. Il Saragozza si stacca dal treno scudetto, il Barcellona entra definitivamente in crisi dopo aver rimontato posizioni in classifica, quando il suo centravanti Quini viene rapito al termine della partita vinta 6-0 contro l’Hercules e in cui l’attaccante ha pure messo a segno una tripletta; i catalani, distratti dal sequestro del calciatore che verrà liberato soltanto un mese più tardi, perdono terreno a favore dell’Atletico Madrid che va in testa al campionato, tallonato dalla Real Sociedad che resiste senza mollare un colpo, consapevole di avere un organico consolidato con giocatori al massimo dello splendore, dal portiere Luis Arkonada al faro di centrocampo Periko Alonso (papà di Xabi) per arrivare all’attaccante Jesus Satrustegui, un centravanti forte fisicamente, magari un po’ grezzo, ma tremendamente concreto; e poi c’è Jesus Maria Zamora, centrocampista offensivo in grado di andare in gol a ripetizione pur non essendo una punta pura. Il tutto con alla guida un tecnico come Ormaetxea che conosce non solo il suo gruppo ma anche l’ambiente di San Sebastiàn perchè ha giocato tutta la sua carriera da calciatore proprio alla Real Sociedad e poi ne è diventato allenatore. La formazione biancoblu, spinta dal caldissimo tifo del piccolo stadio Atocha, sale in vetta alla classifica ed alla vigilia dell’ultima giornata di campionato è in testa con 44 punti, soltanto uno in più del Real Madrid; si profila un altro scontro fra le due squadre, come dodici mesi prima, con l’intera Spagna che pronostica una nuova beffa per i baschi ed un secondo successo per i madridisti sul filo di lana, il sesto consecutivo per la squadra della capitale. Entrambe giocano in trasferta, la Real Sociedad a Gijon, il Real Madrid a Valladolid, è il 26 aprile del 1981. Il regolamento, poi, non prevede spareggi: in caso di arrivo a pari punti contano gli scontri diretti che sono a favore della Real Sociedad che ha vinto 3-1 in casa e perso solo 1-0 al Bernabeu, quindi, con la regola dei 2 punti assegnati a vittoria, ai biancoblu basta un pareggio per laurearsi campioni di Spagna. Ci si mette poco a capire che il Real Madrid vincerà la gara di Valladolid nonostante qualche apprensione iniziale e in effetti il 3-1 finale rispecchia in toto il predominio dei bianchi che si incollano alle radioline in attesa di buone nuove da Gijon. Nel piccolo stadio Molinon, la Real Sociedad aspetta il primo trionfo e scende in campo sotto un sole cocente andando in vantaggio con Kortabarria su rigore; poi si scatena un nubifragio terrificante, come del resto spesso accade nel nord della penisola iberica, un fortunale di immani proporzioni che non funge da buon presagio per i baschi, tutt’altro: fra la fine del primo tempo e l’inizio della ripresa, infatti, lo Sporting Gijon ribalta la situazione con una doppietta di Mesa, portandosi su un 2-1 che permetterebbe il sorpasso in classifica del Real Madrid sulla Real Sociedad. La formazione di San Sebastiàn inizia ad innervosirsi, vede lo scudetto scivolarle via dalle mani come una saponetta, sente tutto il peso di una seconda beffa, avverte l’ombra pesantissima del potente Real Madrid. Ormaetxea dalla panchina predica calma e indica l’orologio: c’è ancora tempo e serve solamente un gol, non è necessario vincere la partita, basta non perderla; ma manca lucidità e tranquillità, si vede e lo vede pure lo Sporting Gijon che più di una volta va vicino al 3-1 che per la Real Sociedad vorrebbe dire la fine. Soltanto la disperazione manda avanti i baschi, spinti dall’inerzia più che dalla tattica, più isterici che convinti. Gli ultimi cinque minuti, poi, sono l’emblema di tale disperazione: palloni spediti avanti a casaccio, calciatori che scuotono la testa, tifosi affranti: il sogno sta per svanire un’altra volta, mentre nel frattempo a Valladolid finisce la partita e i giocatori del Real Madrid già si scambiano pacche di gioia fra di loro, sorridono sicuri, aspettano a far festa solo perchè manca il fischio finale di Gijon dove il secondo tempo è iniziato con un paio di minuti di ritardo. Ultima palla, mancano 18 secondi alla fine quando Alonso manda in area l’ennesimo cross sperando che qualcosa (già, ma che cosa?) possa accadere: non c’è più convinzione, a dire la verità, gli undici uomini della Real Sociedad sono nell’area del Gijon ma sono convinti che ormai non possa più succedere nulla di significativo. Il cross è lento e prevedibile, ma genera comunque una mischia, il portiere smanaccia il pallone che finisce sul dischetto del rigore dove è appostato Zamora che a quel punto non pensa a niente, chiude gli occhi e tira più forte che può. L’estremo difensore dello Sporting Gijon prova a parare, ma riesce solo a toccare la palla che si impenna e poi si insacca sotto la traversa: 2-2, la Real Sociedad è campione di Spagna senza manco rimettere il pallone al centro del campo. La beffa stavolta è del Real Madrid, il compianto Juanito sgrana gli occhi all’arrivo della notizia del pareggio della Real Sociedad: “Ma come – sussurra a Santillana – hanno pareggiato?”. Sì, hanno pareggiato, ma non se ne rendono nemmeno conto, stanno lì a guardarsi attoniti, hanno paura che un qualsiasi impercettibile movimento li faccia svegliare nel loro letto di casa. Ma non è un sogno, è tutto vero e Zamora se ne rende conto dopo il primo momento di incredulità, si arrampica coi suoi baffoni sulle recinzioni che delimitano la curva dei tifosi della Real Sociedad e subito viene imitato dai suoi compagni per una festa che inizia a Gijon, prosegue a San Sebastiàn per tutta la notte e in pratica è destinata a non finire mai perchè una storia così non si cancella più.
La Real Sociedad vincerà anche il campionato successivo, secondo e finora ultimo della storia basca, seguito dalla Supercoppa nazionale e da una Coppa di Spagna nel 1987, giunta a 78 anni di distanza dalla prima. Il periodo d’oro di una generazione di calciatori irripetibile si esaurisce presto, ma non abbastanza per non regalare al popolo di San Sebastiàn una gioia infinita, un’emozione che mai nessuno nella città basca dimenticherà, una squadra entrata di diritto nella leggenda in uno dei campionati dall’epilogo più imprevedibile della storia del calcio. Josè Maria Zamora, l’uomo dello scudetto, ha oggi 60 anni, si è ritirato nel 1989 dopo una carriera trascorsa solamente nella Real Sociedad con 63 reti in 446 partite, è il terzo miglior marcatore della storia del club biancoblu, ma è il primo e indiscusso idolo di un popolo che da quel 26 aprile del 1981 non è più stato lo stesso.