La zona “Renato Cesarini”, per un fascino che va avanti da più di 80 anni
E’ di pochi giorni fa la dichiarazione del Presidente del Senato Piero Grasso che, riferendosi allo scottante tema della riforma costituzionale dell’ala del Parlamento da lui presieduta, si è detto fiducioso sul fatto che un accordo tra le parti venga raggiunto “anche in zona Cesarini”.
Vecchia di oltre ottant’anni, “zona Cesarini” è un espressione che pone le sue radici nel football ante-guerra, in calcio ormai sbiadito ma capace di tramandarci pagine memorabili al punto da diventare immortali, entrando a far parte addirittura del nostro parlato quotidiano.
Renato Cesarini nasce a Senigaglia nel 1906, ma il Belpaese rimane per oltre 20 anni per il nostro una striminzita indicazione sulla carta d’identità, alla voce “luogo di nascita”; agli albori del XX° secolo l’Italia vive il fenomeno migratorio in maniera diametralmente opposta a quanto accade oggi, ed i genitori di Cesarini si accodano al corposo flusso diretto in Sud America trasferendosi a Buenos Aires in cerca di fortuna.
La sua di fortuna Renato Cesarini la costruisce nel mondo del calcio, dopo aver imparato tra i diversi mestieri anche quello di calzolaio (ereditato dal papà Giovanni) e di acrobata al circo. Al giovane italo-argentino il talento non manca, e nonostante la globalizzazione contemporanea del calcio sia ancora un’utopia l’eco delle ottime prestazioni di Cesarini rimbalza presto oltreoceano; è la Juventus a decidere di (ri)portarlo in Italia nel 1929, investendo sul ragazzo la bellezza di 40mila lire.
Con i bianconeri Cesarini gioca fino al 1935, diventando parte integrante della Juventus allenata da Carcano che entra nella storia del Campionato italiano vincendo cinque scudetti consecutivi. In bianconero Cesarini conferma le sue grandi dote tecniche e tattiche realizzando 46 reti in 128 apparizioni ufficiali, ma sale alla ribalta anche per le sue “prodezze” fuori dal campo; le cronache dell’epoca lo raccontano infatti come amante delle donne, del buon bere e dei locali notturni, ma gli eccessi di movida non ne penalizzarono mai l’eccellente rendimento sul campo.
Le buone prestazioni in maglia bianconera gli valgono la convocazione in Nazionale, con cui esordisce nel Gennaio del 1931 andando in rete nell’amichevole contro la Francia vinta per 5-0; di gol con la maglia dell’Italia Cesarini ne realizzerà soltanto un altro, quello che difatto porta alla nascita della “zona Cesarini”.
Il 13 Dicembre 1931 Italia ed Ungheria si affrontano al Filadelfia di Torino in un incontro valido per la Coppa Internazionale (progenitrice dell’attuale Campionato Europeo); l’Italia si porta in vantaggio prima con Libonatti e poi con Orsi, ma il magiaro Avar pareggia due volte indirizzando la contesa verso il 2-2. A pochi secondi dalla fine, quando parte del pubblico ha già svuotato la spalti, l’Italia prova un ultimo assalto che gli ungheresi respingono fuori dall’area, purtroppo per loro sui piedi sbagliati; quelli di Renato Cesarini, che da 20 metri spara la legnata che scrive il 3-2 finale e, inconsapevolmente, un pezzo di storia.
Centrata la vittoria all’ultimo respiro, la zona Cesarini vede la luce pochi giorni dopo, nell’incontro di campionato tra Ambrosiana Inter e Roma schiodato dall’1-1 sul quale era adagiato dalla rete del meneghino Visentin che regala la vittoria ai locali; a seguire la partita per la stampa c’è Eugenio Danese, che istintivamente identifica il vantaggio dell’Ambrosiana come maturato in “zona Cesarini” partorendo un neologismo immortale.
Il gol di Cesarini all’Ungheria non è un caso isolato, ma un vero e proprio “vizietto” dell’oriundo, che si ripete più volte in carriera, giustificando l’espressione coniata da Danese e il riferimento che a distanza di oltre 80 anni ancora si è soliti fare quando la palla termina in rete a tempo scaduto, o quasi.
Lo sterminato novero di gol in zona Cesarini coinvolge il football a tutti i livelli, e probabilmente ciascuno di noi ne ha qualcuno da ricordare; l’esempio per antonomasia è quello del Manchester United, capace di vincere la Champions League del 1999 rimontando il Bayern Monaco con i gol di Sheringham al 91’ e Solskjaer al 93’ nella finale più folle di sempre. Del 2013 è la zuccata di Sergio Ramos che strappò di mano all’Atletico Madrid una Champions ormai vinta spianando la strada verso la “Decima” al Real Madrid, e anche se non in finale qualche soddifazione se la sono tolta anche le italiane; Inzaghi/Tomasson in Milan – Ajax 3-2 del 2003, Tudor in Juventus – Deportivo la Coruna 3-2 della stessa stagione, o ancora i gol di Milito e Sneijder nella notte di Kiev che lanciarono un Inter virtualmente fuori dalla Champions verso il Triplete del 2009/’10.
Non basterebbe un libro a riportare per intero i gol più pesanti realizzati in zona Cesarini, e ovviamente alla gioia del gol realizzato si oppone il dramma sportivo vissuto da chi lo subisce. Un esempio su tutti, per gli italiani, è sicuramente la Finale dell’Europeo del 2000; l’Italia, in vantaggio per 1-0 con il gol di Del Vecchio, subisce al 93’ il pari di Wiltord che taglia le gambe ai ragazzi di Zoff, che nei supplementari incassano il golden-gol di Trezeguet che dipinge di un blu transalpino una notte apparentemente destinata a un più mite azzurro.
Di gol allo scadere ne abbiamo visti tanti, e tante reti ancora ci porteranno a fare riferimento al lascito del duo Cesarini – Danese, che tra le righe contiene un chiaro insegnamento a cercare il risultato sino all’ultimo secondo di gara, o al contrario a non cantare mai vittoria troppo presto; una sorta di “Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco”, in pratica. Ma questa, è un’altra (affascinante) storia…
Michael Anthony D’Costa