Migranti. Pubblicato il Rapporto sulla Protezione Internazionale in Italia
Nel 2014 sono stati circa 59 milioni e mezzo i migranti forzati nel mondo, con un incremento di 8 milioni rispetto all’anno precedente. Tra questi, i rifugiati fuori dal proprio paese d’origine ammontavano a 19 milioni e mezzo, di cui l’86% sono stati accolti dai paesi in via di sviluppo, meno del 10% è arrivato in Europa e meno del 3% è giunto in Italia.
Sono solo alcuni dei dati emersi dal Rapporto sulla Protezione Internazionale in Italia 2015 presentato lo scorso 22 settembre nella Sala Conferenze dell’ANCI di via dei Prefetti a Roma e oggetto poi, il 24 settembre, di una tavola rotonda al Conference Center dell’Expo di Milano. Il Rapporto è frutto della collaborazione tra ANCI, Caritas Italiana, Cittalia, Fondazione Migrantes, Sprar e UNHCR. I relatori della conferenza stampa di Roma sono stati concordi nel sottolineare che la pubblicazione non è una semplice raccolta di dati, bensì una ricerca che consente una lettura completa dello scenario internazionale, europeo e italiano.
Tra i molti aspetti analizzati scegliamo di affrontarne qui solo alcuni, salvo rimandare alla versione integrale dello studio per ulteriori approfondimenti. Ci chiediamo, innanzitutto: quali sono i volti di chi chiede protezione internazionale? I numeri, presi isolatamente, sono come matite spuntate che per essere funzionali vanno temperate, così da lasciare scoperta la mina. Analizzate e comparate, le cifre diventano matite dalla punta sottile utili a tracciare meglio la fisionomia della questione, a contornare le cause e gli effetti che disegnano gli angoli di un fenomeno tanto poliedrico. Ogni mina usata per abbozzare una faccia del poliedro ha un colore diverso poiché diverse sono le realtà eclissatesi nelle percentuali, differente la luce che di volta in volta le investe. Dietro quei numeri ci sono occhi, corpi, vite uniche e irripetibili come lo è ciascun essere umano. Se è impensabile ripercorrere la storia di ogni singolo migrante, si può almeno tentare di illustrare un quadro per capire, a grandi linee, chi è che fugge, perché lo fa e dove è diretto. Il Rapporto sulla Protezione Internazionale in Italia risponde a tali domande.
Dire che nel 2014 ci sono stati 59 milioni e mezzo di migranti forzati non getta alcuna luce sull’identità di queste persone. Andando a indagare il dato appena citato, dalla ricerca emerge che il numero complessivo è composto da tre realtà diverse: 19,5 milioni sono i rifugiati, a cui si sommano 1,8 milioni di richiedenti asilo e 38,2 milioni di sfollati interni.
Da cosa fuggono? Da situazioni di guerra e di instabilità nel mondo, da disuguaglianze economiche, da disuguaglianze nell’accesso ai beni primari come acqua e cibo, dal cosiddetto land grabbing, ovvero dal crescente numero di paesi che sta comprando terre produttive in Africa per garantirsi il cibo in futuro. Si stima che oltre 560 milioni di ettari di terra siano passati sotto il controllo di multinazionali e strappati ai paesi africani più poveri. C’è poi chi fugge per disastri ambientali causati da cambiamenti climatici. Nel 2014 gli sfollati per motivi legati a questo tipo di calamità sono stati ufficialmente 22,4 milioni. Si tratta delle vittime di alluvioni, tempeste, terremoti, eruzioni vulcaniche, incendi. Il continente più interessato da tale flusso migratorio è l’Asia (19 milioni), seguita dagli Stati Uniti.
Ma ritorniamo ai 19 milioni e mezzo di rifugiati. Dove sono diretti? L’86%, si diceva, è ospitato nelle regioni in via di sviluppo: Asia e Pacifico, Africa Sub-sahariana. Seguono Europa, Medio Oriente e Nord Africa, Americhe.
Nel 2014 si sono registrate due novità. Una riguarda il principale paese di origine dei rifugiati. Per più di trent’anni l’Afghanistan ha detenuto questo primato, salvo poi perderlo a causa del sorpasso della Siria e dei suoi quasi 3,9 milioni di rifugiati presenti in 107 paesi. L’altra novità interessa il principale paese di asilo. Il Pakistan, in vetta alla classifica per oltre dieci anni, è stato soppiantato dalla Turchia, che nel 2014 ha ospitato quasi 1,6 milioni di persone. Da soli Turchia, Pakistan, Libano e Iran hanno accolto il 36% di tutti i rifugiati a livello mondiale.
E l’Europa? Il Rapporto sostiene che qui giunga meno del 10% di chi fugge. Nel 2014 la principale rotta per quanti provenivano soprattutto da Africa e Medio Oriente alla volta del Vecchio Continente è stata la cosiddetta via del Mediterraneo Centrale, che va dalle coste della Libia a quelle italiane. Nel 2015, invece, il fenomeno ha interessato l’intera area del Mediterraneo (centrale, orientale e occidentale) e al 14 settembre 2015 gli arrivi sono stati 411.567. Hanno coinvolto non solo l’Italia (121.500), ma in particolare la Grecia (288.020). Tra le principali nazionalità approdate in Europa: siriani (51%), afgani (14%), eritrei (8%).
La cronaca delle ultime settimane ci ha mostrato che il viaggio dei migranti prosegue anche via terra, lungo la rotta dei Balcani occidentali. Stando all’Agenzia Frontex nei primi sette mesi del 2015 oltre 102.000 persone hanno percorso questo itinerario.
Quali sono i paesi con il maggior numero di domande di protezione internazionale in Europa? In testa c’è la Germania, seguita a notevole distanza dalla Svezia, che detiene il primato per numero di richieste da parte di minori stranieri non accompagnati, Italia, Francia e Ungheria. I primi tre paesi, cioè Germania, Svezia e Italia coprono più della metà di tutte le domande ricevute nel corso del 2014 dall’Unione Europea. In Italia solo nei primi cinque mesi di quest’anno sono state presentate circa 25 mila domande di protezione internazionale da parte per lo più di uomini (90%). Il 64% dei richiedenti asilo è originario dell’Africa; seguono asiatici (24%) ed europei (11%). Va segnalata, poi, l’entrata dell’Ucraina tra le prime dieci nazionalità per richiesta d’asilo.
Sin qui abbiamo parlato di chi è riuscito, in un modo o nell’altro, a calcare l’agognato suolo straniero. Molti, però, sono quelli che non ce l’hanno fatta e che ancora continueranno a morire nelle stive dei barconi o tra gli ingranaggi di un motore. Il Rapporto parla di circa 2.900 persone che hanno perso la vita tentando di attraversare il Mediterraneo, a cui vanno sommate le vittime dei viaggi terrestri: più di 200 deceduti per asfissia, stipati nei camion, o travolti lungo le strade o le ferrovie. Sono numeri di corpi esanimi sovente condannati a restare anonimi. Sono i pesci piccoli di un mare in tempesta, in balìa delle correnti migratorie che sono come una metafora della vita, come una medaglia sulla sua precarietà. Medaglia che su un lato ha incisa la speranza di poter migliorare la propria esistenza e sull’altro lato, stampato come un codice a barre, riporta il conto da pagare per quella speranza. Per alcuni quel prezzo può essere molto salato, può esigere la morte, tanto spesso intrisa del sapore del mare. Eppure lungo il bordo che separa le due facce, tra il miraggio del premio e il suo costo, la disperazione ha già anestetizzato la paura. Così la vita diventa un “gioco” al si vince o si perde affidato a una monetina lanciata per aria.
(di Laura Guadalupi)