I Tornado italiani pronti a bombardare l’Isis?
«I Tornado italiani che partecipano alla coalizione occidentale contro l’Isis avranno nelle prossime ore l’incarico di svolgere missioni di bombardamento nelle zone dell’Iraq selezionate di comune accordo con il comando americano». È quanto riporta Franco Venturini in un articolo del 6 ottobre apparso sul Corriere della Sera.
La coalizione contro lo Stato islamico ha preso forma a partire dall’agosto del 2014 coinvolgendo ventidue paesi e affidando loro responsabilità e ruoli diversi: Australia, Bahrain, Belgio, Regno Unito, Canada,Danimarca, Egitto, Francia, Germania, Iraq, Italia, Giordania, Kuwait, Libano, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Qatar, Arabia Saudita, Spagna, Turchia, Emirati Arabi Uniti e Stati Uniti.
La funzione che alleanza italiana ha fino a questo momento ricoperto all’interno di quest’intesa, ha coinciso essenzialmente con la fornitura di armi e con l’addestramento delle forze locali.
Ora dopo i raid francesi, russi e statunitensi di questi giorni, i Tornado italiani potrebbero caricare bombe da sganciare in Iraq. Venturini infatti riporta che gli eventuali attacchi aerei italiani riguarderanno lo stato guidato da Ḥaydar Jawwād al-ʿAbādī, poiché proprio il suo governo avrebbe richiesto l’intervento italiano, fatto che secondo Venturini, fornirebbe una cornice legale ai bombardamenti, una sorta di licenza di uccidere, con buona pace dei civili.
Spetterà in ogni caso al Parlamento decidere se i Tornado italiani attaccheranno gli avamposti dell’Isis in Iraq. Dovranno sospendersi i commenti sulle dimissioni di Marino, la ricerca dei suoi scontrini, dovranno essere evitati siparietti come quello dei Senatori Barani e D’Anna, le invettive di Salvini, le strumentalizzazioni di tutti.
Il confronto con l’impellenza di un’azione e di una decisione nella politica estera, getta una luce sul Parlamento italiano e sulla sua inadeguatezza e scompostezza, su una politica piccola piccola, attenta alle strategie del singolo, alla pochezza della dialettica, alla povertà di obiettivi.
Marco Follini dalle colonne dell’Huffington Post auspica un ritorno alla “profondità”:
«Ora, non sarà il pericolo dell’Isis a convertirci d’incanto alla profondità. Ma il fatto che nei prossimi giorni si debbano prendere decisioni di una certa portata è pur sempre una mano d’aiuto per chi vuole uscire dallo scantinato in cui leader e partiti si sono trovati a disputare negli ultimi tempi. La politica estera, per la sua natura e per la sua ampiezza, non si lascia tanto facilmente rinchiudere nelle mura del “teatrino” di questi ultimi anni. Richiama uno scenario assai più largo e proietta nel tempo conseguenze più impegnative di quelle a cui siamo abituati. Può avere un risvolto tragico che mal si concilia con il battutismo a cui gli ultimi virgulti di Palazzo ci hanno abituato».
Di diverso avviso Francesca Borri, che in un articolo dell’Internazionale dichiara come l’intervento italiano nei bombardamenti contro l’Isis sia solo un modo con cui il Paese tenta di dar lustro alla sua immagine, in soldoni l’unica cosa che conta è “esserci”, nonostante la poca efficacia dimostrata dall’impiego di strategie militari aeree:
«Kobane ha dimostrato che solo un attacco coordinato dal cielo e da terra può sconfiggere i jihadisti. Ma soprattutto i bombardamenti sono inutili perché, nonostante la retorica del califfato universale, in realtà il gruppo Stato islamico è molto condizionato dai contesti nazionali, e in Siria è molto diverso che in Iraq».