L’emergenza immigrazione al centro del prossimo vertice di Malta
L’attuale emergenza immigrazione rappresenta un problema sotto un duplice aspetto, in quanto implica la necessità di coniugare una doppia esigenza: quella della sicurezza di chi accoglie e di chi viene accolto e quella umanitaria.
Spesso si fa confusione tra migranti, regolari e irregolari (clandestini), profughi, rifugiati. Fare chiarezza permette di analizzare con obiettività il fenomeno migratorio e di scegliere l’attività di contrasto ottimale. In particolare, il rifugiato è colui – come ci ricorda la Convenzione di Ginevra sullo stato dei rifugiati del 1951 – che “temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese, di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese: oppure che, non avendo la cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di tali avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra.”
Pertanto, il rifugiato ha ricevuto questo status dallo Stato che lo ospita e la relativa protezione fornita dall’asilo politico. Inoltre, il principio di non refoulement prevede che nessun rifugiato possa essere respinto verso uno Stato ove la sua libertà e la sua stessa vita possano essere in pericolo.
Al centro della discussione degli ultimi mesi in materia di migrazione, il sistema di Dublino sul diritto d’asilo. Da sempre contestato, oggi più che mai è sotto l’occhio del ciclone per via delle critiche rivoltegli circa l’incapacità di gestire l’emergenza migrazione. Il “sistema di Dublino” è stato istituito dalla Convenzione di Dublino del 1990, ed è entrato in vigore nel 1997 (l’Italia è firmataria). Essa è stata sostituita dal regolamento di Dublino II del 2003 e poi dal regolamento di Dublino III del 2013 che si applica a tutti gli Stati membri a eccezione della Danimarca. Quest’ultimo regolamento, come i precedenti, si fonda su un principio importante: il primo Stato membro in cui vengono registrate le impronte digitali o viene accolta la domanda di asilo è responsabile della richiesta d’asilo di un rifugiato.
Uno degli obiettivi del sistema di Dublino è stato impedire l’asylum shopping da parte di chi presenta domanda di asilo in più Stati membri. Ma il problema del sistema è riconducibile a diverse criticità: i frequenti tentativi di eludere la procedura d’identificazione al momento dell’arrivo in alcuni Paesi membri e conseguentemente, la sorte dei richiedenti asilo, che il più delle volte restano fermi nel paese dove arrivano.
Agenda per l’immigrazione. Lo scorso maggio, la Commissione europea ha pubblicato un’Agenda europea sulla migrazione in cui vengono delineate le misure da adottare a breve termine per rispondere alla crisi migratoria nel Mediterraneo e le politiche a lungo termine da definire per gestire efficacemente la migrazione. Quattro i pilastri dell’Agenda: riduzione degli incentivi alla migrazione irregolare; gestione delle frontiere; salvare vite umane e rendere sicure le frontiere esterne; varare una politica comune europea di asilo forte e una nuova politica di migrazione legale.
Le misure da attuare nell’immediato sono le seguenti: triplicare le capacità e i mezzi delle operazioni di Frontex, Triton e Poseidon fornendo in primo luogo i fondi necessari a tale scopo (in totale 89 milioni di euro, tra cui 57 milioni per il Fondo Asilo, migrazione e integrazione e 5 milioni per il Fondo Sicurezza interna in finanziamenti di emergenza destinati agli Stati membri che operano in prima linea); attivare il sistema di emergenza previsto all’articolo 78 del Trattato sul Funzionamento dell’UE (TFUE) per aiutare gli Stati membri maggiormente colpiti dall’afflusso improvviso di migranti (è il discusso “sistema delle quote”: distribuire, in situazioni di emergenza, i rifugiati fra gli Stati membri secondo una ripartizione che tenga conto del numero degli abitanti dello Stato, del PIL, del tasso di disoccupazione e del numero di rifugiati già accolti sul territorio nazionale); prevedere un’operazione di politica di sicurezza e di difesa comune nel Mediterraneo che mini la struttura decisionale e operativa dei trafficanti di migranti e le rotte di smuggling.
Come si è detto, il Piano prevede la redistribuzione di migranti tra gli Stati membri in base a quote prestabilite. L’Italia dovrà accogliere (reinsediamenti) il 9,94% di 20 mila profughi che attualmente sono fermi in campi profughi all’estero e che hanno i requisiti per ottenere lo status di rifugiati e l’11,84% dei richiedenti asilo già in Europa o che entreranno direttamente in territorio europeo attraverso i ricollocamenti (l’Italia è al terzo posto per la quota di ricollocamenti, dopo la Germania e la Francia).
È invece al quarto posto (dopo Germania, Francia e Gran Bretagna) per quanto riguarda i reinsediamenti dei profughi presenti nei campi di Paesi terzi.
Questo significa una deroga al criterio della competenza dello Stato di primo arrivo: ci sarà invece, una distribuzione tra gli Stati membri dei richiedenti protezione internazionale, equa e proporzionata.
Tuttavia la questione delle quote rimane ancora un problema per alcuni Paesi dell’UE e occorre ricordare che il Regno Unito, Danimarca e Irlanda hanno la possibilità di applicare la clausola “opt out” e quindi di non partecipare a tale redistribuzione. Per la Gran Bretagna, i migranti dovrebbero essere respinti: “L’Ue dovrebbe lavorare per stabilire dei siti di accoglienza sicuri in Africa del Nord, con un programma attivo di ritorno” (Theresa May, ministro britannico dell’interno). Contrari alle quote anche Repubblica ceca e Slovacchia.
Consiglio “Giustizia e affari interni” dell’8 ottobre. In occasione della riunione dei ministri degli interni dell’UE lo scorso 8 ottobre, si è discusso di lotta al terrorismo, sostegno alla Grecia, Procura europea, protezione dei dati e migrazione. In particolare, si è discusso della gestione delle frontiere esterne dell’UE (sviluppo della responsabilità collettiva degli Stati membri e di Frontex) e sul futuro della politica di rimpatrio cioè la ricollocazione di 160 mila persone che necessitano di protezione internazionale (le prime ricollocazioni sono già cominciate). In tema di rimpatrio, il Consiglio ha ribadito che è indispensabile per la politica migratoria dell’UE, un atteggiamento “credibile ed efficace relativo al rimpatrio di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente, che rispetti pienamente i diritti umani e la dignità delle persone interessate, nonché il principio di non respingimento (non-refoulement)”. È emersa la necessità e la consapevolezza che l’UE e i suoi Stati membri debbano fare di più in materia di rimpatrio: “Tassi di rimpatrio più elevati dovrebbero fungere da deterrente per l’immigrazione irregolare. La direttiva sul rimpatrio, in vigore dal gennaio 2009, dovrebbe essere applicata in modo coerente ed efficiente per garantire standard di esecuzione elevati e uniformi e mantenere un alto livello di fiducia reciproca tra gli Stati membri”. A tal fine, sono state stanziate risorse finanziarie adeguate per aumentare l’efficacia del sistema di rimpatrio dell’UE e rafforzare il sostegno agli Stati membri maggiormente esposti a forti pressioni migratorie (Italia, in primis) e a Frontex per consentirle di operare efficacemente in materia di rimpatrio.
Prossimi passi: il vertice de La Valletta. Con l’aggravarsi delle crisi internazionali in Nord Africa e Medio Oriente, l’UE ha dovuto fronteggiare l’arrivo in Europa di un numero esponenziale di migranti e rifugiati che fuggono dai loro Paesi d’origine per motivi diversi: conflitti, instabilità politica ed economica, povertà, violazione massiccia dei diritti umani e delle libertà fondamentali. La migrazione non è però solo un problema europeo. Lo è anche dei paesi di origine e di transito dei flussi migratori e per questo devono essere coinvolti attivamente nelle attività di gestione dell’emergenza. Dopo la richiesta del Consiglio europeo, è stato organizzato un vertice internazionale per discutere di migrazione con i paesi africani e altri paesi interessati al problema. Il vertice si svolgerà a La Valletta (Malta) i prossimi 11 e 12 novembre 2015. La conferenza verterà sull’analisi della cooperazione tra Bruxelles e l’Africa (si legge sul sito del Consiglio dell’UE “i processi di Rabat e Khartoum sulla migrazione e il dialogo UE-Africa in materia di migrazione e mobilità”). I punti in agenda: affrontare le cause di fondo della questione e attivarsi per contribuire alla pace, stabilità e sviluppo economico; migliorare la promozione e l’organizzazione della migrazione legale; rafforzare la protezione dei migranti e dei richiedenti asilo; contrastare lo sfruttamento e il traffico di migranti; collaborare per rafforzare la cooperazione in materia di rimpatrio e riammissione.
(di Alessandra Esposito)