Aventino, silenzioso microcosmo romantico

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Vista dell’Aventino da lato destro del Tevere, Pinelli 1825
Vista dell’Aventino da lato destro del Tevere, Pinelli 1825

Quante volte passando nei pressi del colle Aventino, a Roma,  abbiamo pensato che, a causa della popolare natura residenziale del quartiere, questo  non rappresentasse una ragione di eccezionale interesse in confronto a tutto ciò che la città eterna può offrire ?

Ebbene, oltre ad incarnare un’oasi di silenziosa e rilassante pace a dispetto del morboso e caotico contesto urbano nel quale è immerso, il colle trasmette un’incredibile atmosfera un tempo appartenuta ad una Roma che non esiste più. Il silenzio, l’odore di pane caldo  nell’aria, le urla dei ragazzi che giocano a pallone negli oratori e la minima presenza di turisti, si manifestano in una romantica quanto piacevole sensazione di estraniamento per la dimensione quasi paesana che può emergere ad un passo dal centro dell’Urbe che noi tutti conosciamo. Ovviamente l’interesse per l’area si nutre anche di un grandissimo profilo storico, artistico ed archeologico, il quale non è ravvisabile solo nelle numerose ed importanti chiese del colle ma persino nelle sue dimensioni più comuni, che nella loro normalità racchiudono ricchissime testimonianze dei molti passaggi dell’uomo.

Veduta Aventino da lato destro del Tevere, oggi
Veduta Aventino da lato destro del Tevere, oggi

La denominazione di “Aventino“ potrebbe derivare dalle locuzioni : ab adventu hominum che era la denominazione di un tempio dedicato a Diana, il quale si trovava sul colle, o ab advectu per le paludi che lo circondavano, o  secondo Plu

tarco, da ab avibus per gli uccelli che vi si dirigevano dal Tevere per fornire gli auguri a Remo, oppure per l’avena che vi si coltivava.

Per quanto riguarda la formazione dell’area, questa è divisa in un “Aventino maggiore” vero e proprio, tra il fiume Tevere e la valle in cui sorse il Circo Massimo e un “Aventino minore” (attualmente “collina di San Saba” o “ Piccolo Aventino”), più verso la zona dove sorgeranno le celeberrime terme di Caracalla. I due rilievi erano e sono collegati da una sella che è oggi percorsa trasversalmente da Viale Aventino, l’arteria che collega la Piramide Cestia al Circo Massimo.

( “Aventino Maggiore” indicato dalla freccia blu; “ Aventino Minore” indicato dalla freccia rossa; La sella che li unisce oggi corrispondente a Viale Aventino è in verde.
( “Aventino Maggiore” indicato dalla freccia blu; “ Aventino Minore” indicato dalla freccia rossa; La sella che li unisce oggi corrispondente a Viale Aventino è in verde.

Questo colle durante l’età repubblicana era tradizionalmente abitato dai plebei, la fascia più povera della popolazione, ai quali nel 454 a.c. vennero distribuite le sue terre per costruirvi abitazioni. L’Aventino ebbe quindi il carattere di un quartiere popolare e mercantile, carattere favorito dalla presenza della Marmorata al di sotto di esso,  in contrapposizione con il Palatino, sede del patriziato. In età  imperiale l’area iniziò ad essere presa di mira dall’aristocrazia, spodestata dal continuo ampliamento della Domus imperiale sul Palatino,  e vi sorsero numerose residenze tra cui quelle degli imperatori Traiano e Adriano prima che divenissero imperatori. In questo periodo l’area fu inoltre soggetta alle costruzioni di diversi complessi termali imperiali tra i quali le terme deciane, commissionate dalll’Imperatore Decio nel 249 d.c. , che erano riservate ad una ristretta clientela. Proprio a seguito di questo significativo cambiamento, il colle fu messo a ferro e fuoco durante il sacco di Roma dei Goti di Alarico nel 410 d.c. e fu quasi completamente abbandonato dopo che il generale bizantino Belisario ebbe murato gli acquedotti, che vi portavano l’acqua, per difendere la città dall’attacco di Vitige re dei Goti nel 537-8 d.c. . La ripresa del colle avvenne a partire dagli ultimi anni del XVI sec. , quando il papa Sisto V iniziò la costruzione del nuovo acquedotto Felice, (dal suo nome di battesimo) che ne rese di nuovo possibile l’abitazione.

Con la fine dell’Impero Romano e l’ormai solido consolidamento del cristianesimo, iniziano le prime costruzioni di chiese sull’Aventino (Santa Sabina, Sant’Alessio e Santa Prisca ) e sul “Piccolo Aventino (San Saba e Santa Balbina).

Portone  ligneo del V sec. , Santa Sabina
Portone ligneo del V sec. , Santa Sabina

Santa Sabina, una delle più antiche, fu costruita tra il 422-432 d.c. da Pietro d’Illiria sulla casa della matrona romana Sabina, la quale convertitasi al cristianesimo, fu decapitata sotto l’’imperatore Adriano e santificata da martire. La basilica paleocristiana, che a prima vista può sembrare una delle meglio conservate, fu oggetto di pesantissimi restauri di scuola purista ( privilegiavano il risalto delle parti antiche

delle costruzioni) ad opera di Antonio Munoz tra il 1914-37, i quali eliminarono quasi tutte le passate sovrapposizioni avvenute nel 1587 ad opera di Domenico Fontana prima e di nel 1643 ad opera di Francesco Borromini  poi, per integrare ex novo o rimettere forzatamente in luce elementi tipici dell’architettura e dell’arte paleocristiana. E’ tuttavia conservato uno splendido portone ligneo del V secolo d.c. di cui rimangono diciotto riquadri commisti di scene dell’antico e nuovo testamento. Esso costituisce il più antico esempio di scultura lignea paleocristiana.

Navata centrale di Santa Sabina, stile paleocristiano frutto in parte dei restauri di Munoz
Navata centrale di Santa Sabina, stile paleocristiano frutto in parte dei restauri di Munoz

Nel 1219 la chiesa fu affidata da papa Onorio III a Domenico de Guzman, fondatore dell’ordine dei frati domenicani, che ne fecero la loro base. Una leggenda vuole che Domenico avesse portato con se dalla Spagna, sua terra natia, un pollone ( pianta sotto forma di ramo che si sviluppa direttamente da un tronco) d’arancio e che questo sia stato il primo ad essere piantato in Italia, proprio nel giardino di Santa Sabina. L’albero d’arancio che si vede da un buco nel muro dell’atrio della chiesa è considerato miracoloso, in quanto a distanza di secoli ha continuato a dare frutti attraverso altri alberi rinati sull’originali.

Clivo di Rocca Savelli
Clivo di Rocca Savelli

Da questa leggenda deriva sicuramente in buona parte il nome del Giardino degli Aranci, che si trova accanto alla chiesa. Esso si estende nell’area dove si trovava l’antica fortezza dei Savelli, eretta tra il 1285-87 su un preesistente castello fatto costruire dai Crescenzi nel X sec. d.c. . l’aspetto odierno si deve al progetto eseguito dall’architetto Raffaele de Vico nel 1932, di rendere pubblica quella parte della chiesa di Santa Sabina che i frati domenicani riservavano all’orto, creando un nuovo Belvedere pubblico, da annoverare insieme a quelli del Pincio e del Gianicolo. Poco dopo il Giardino si può ammirare il Clivo di Rocca Savelli, una discesa a tratti immersa nella natura che conduce dal colle giù fino al lungo Tevere, concedendo una vista non poco invidiabile.

Un’altra curiosità interessante infine riguarda il famoso episodio della cosiddetta “Secessione dell’Aventino”, avvenuto tra il 1924-25.  Il 13 giugno 1924 Mussolini tenne un discorso in cui si dichiarava non coinvolto e addolorato per l’omicidio Matteotti. Dopo l’annullamento della possibilità di risposta da parte delle opposizioni, queste si riunirono in una sala di Montecitorio, oggi nota col nome di Sala dell’Aventino, e decisero di abbandonare i lavori parlamentari finchè il governo si fosse deciso ad affrontare l’argomento. Il 16 Agosto dello stesso anno il corpo fu ritrovato e il 3 Gennaio 1925 Mussolini pronunciò un discorso in cui si assunse tutte le responsabilità della faccenda chiedendo egli stesso un atto d’accusa nei suoi confronti, che non arrivò mai. Due giorni dopo le attività parlamentari furono definitivamente soppresse. Il regime era iniziato.

Alcuni parlamentari discuto della proposta di secessione
Alcuni parlamentari discuto della proposta di secessione

Questo fatto che prende il nome dalle storiche secessioni della plebe sull’omonimo colle nei momenti di più arduo conflitto con il patriziato, richiamando la loro importanza, ci fa comprendere quanto l’Aventino, a distanza di quasi duemila anni, sia un pilastro nella storia e un punto di riferimento nella memoria sociale, un luogo magico che non ha mai perso la sua naturale dimensione quasi paesana e conserva odori, colori, suoni e meraviglie di un tempo quasi perduto e che si può riassumere nel estraniante e romantico silenzio che accompagna durante la visita sullo splendido colle.

(di Andrea Checchi)

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