Amarcord: Ricardo Paciocco e quel rigore calciato con la rabona
Esistono giocate e gesti che rimangono indelebili nella memoria di uno sport, compiuti da atleti affermati ma spesso da perfetti sconosciuti o simili tali che salgono agli onori della cronaca proprio dopo una prodezza fuori dal comune e che, a margine di una carriera non esaltante, li lascia per sempre nell’Olimpo di quella disciplina.
Ricardo Paciocco è italiano, ma nasce in Venezuela, a Caracas, il 25 marzo del 1961 e di professione fa il calciatore, ruolo attaccante. L’Italia di provincia lo scopre nelle giovanili del Torino e la gavetta di Paciocco inizia in Abruzzo fra Roseto degli Abruzzi e Teramo, poi nelle Marche a Jesi dove in due anni realizza 26 reti in 60 partite che gli valgono la chiamata di una vita, quella del Milan. I rossoneri, appena risaliti dalla serie B alla A, hanno bisogno di una punta di scorta e tesserano il centravanti di origini venezuelane; un’occasione inaspettata ma da cogliere al volo per chi fino al giorno prima si sbatteva sui campetti della serie C. L’esperienza a Milano per Paciocco è breve ma vale tutta una carriera, almeno così pensa lui, nonostante due sole apparizioni e nessun gol all’attivo, tanto che il club che diventerà di Berlusconi cede l’attaccante al Lecce dove Paciocco costruirà gran parte della carriera: fra serie A e serie B, infatti, il centravanti passa quattro anni in Puglia mettendo a segno anche 15 gol. Nella stagione 1987-88 va in prestito al Pisa in serie A realizzando una rete, prima di tornare al Lecce per un altro anno; quindi, ecco la cessione che trasforma la carriera di Ricardo Paciocco da anonima o giù di lì a famosa, almeno per un po’: il Lecce lo cede alla Reggina in serie B, è il campionato 1989-90 e i calabresi, partiti per evitare la retrocessione, si ritroveranno a lottare per la serie A perdendola solamente nello spareggio contro la Cremonese ai calci di rigore. Ed è proprio un tiro dal dischetto a stravolgere la carriera di Paciocco: è il 13 maggio del 1990, allo stadio Granillo di Reggio Calabria si gioca Reggina-Triestina, una gara che per gli amaranto vale l’aggancio alle prime quattro posizioni che portano in serie A, mentre per i giuliani non vale nulla dal momento che sono già salvi. La partita è condizionata dal caldo e dalla paura di vincere di una Reggina che sembra soffrire di vertigini; il risultato è inchiodato sull’1-1 quando nei minuti finali l’arbitro concede un rigore ai padroni di casa. Il piccolo impianto calabrese ammutolisce negli attimi che precedono la battuta della massima punizione, perchè sanno che dal risultato di quella partita può proseguire o meno il sogno della prima promozione in serie A della squadra reggina. Dagli undici metri si presenta Paciocco che di gol non ne fa moltissimi ma è solito deliziare il pubblico con giocate tecniche spettacolari, spesso non del tutto funzionali al gioco ma comunque applaudite dai tifosi; l’allenatore della Reggina è Bruno Bolchi, uno di poche parole che ama poco i fronzoli e molto di più la sostanza e che rimprovera spesso allo stesso Paciocco il suo essere tanto bello e poco pratico. Nella settimana che precede Reggina-Triestina, durante un allenamento, all’ennesimo rimbrotto di Bolchi, Paciocco dice: “Mister, se domenica ci danno un rigore lo tiro io e lo calcio con la rabona”. Bolchi si stizzisce: “Non è il momento di scherzare”. Ma Paciocco insiste: “Mister, scommettiamo?”. Bolchi capisce che l’unico modo per mettere a tacere la discussione è accettare: “Sta bene – dice il tecnico – basta che adesso lavoriamo”. Chissà se l’allenatore reggino avrà ripensato a quel dialogo vedendo Paciocco sul dischetto, fatto sta che il centravanti nato in Venezuela prende la rincorsa per calciare di sinistro, arriva al contatto con il pallone, fa scivolare dietro la gamba sinistra e calcia davvero con la rabona spiazzando il portiere e riesce a far gol permettendo alla Reggina di vincere una partita importantissima per la sua classifica. Allo stadio non tutti si sono accorti della follia di Paciocco, non esistono telefonini, non esiste internet, non esistono tv che mandino in onda le partite in diretta; alla sera, durante la trasmissione Rai Domenica Sprint, vengono mandati in rapida sequenza i gol della serie B, ma la prodezza di Paciocco non viene notata dal cronista che sciorina semplicemente la raffica di reti del campionato cadetto senza soffermarsi. Lentamente, però, anche con le interviste del dopo gara, la notizia inizia a circolare, Bolchi parla della partita ma non dell’episodio, qualcuno afferma di averlo sentito brontolare “quel pazzo di Paciocco”, ma la Reggina ha vinto e allora ci si può anche scherzare su. Il giorno seguente, la rabona di Paciocco fa il giro d’Italia, su giornali e tv tutti mostrano l’incredibile rigore calciato dall’attaccante che risponde semplicemente:” E’ stato solamene un modo per spiazzare il portiere e fare gol”. Un gesto coraggioso e un po’ folle, specialmente perchè effettuato in una gara fondamentale per il campionato della squadra amaranto che grazie al 2-1 sulla Triestina è rimasta agganciata al treno promozione.
Ricardo Paciocco è rimasto a Reggio Calabria fino al 1991, anno in cui la Reggina è precipitata in serie C, chiudendo poi la carriera tornando a Teramo ed infine in squadre dilettantistiche dove ha appeso gli scarpini al chiodo nella primavera del 2000 a 36 anni suonati. Oggi Paciocco ha il patentino di allenatore, sfruttato soprattutto in Abruzzo dove ha guidato diverse squadre divenendo poi tecnico della Berretti del Chieti; nei suoi ricordi di calciatore, tanta gavetta, tanta fatica, un pizzico di serie A e una buona serie B, ma soprattutto un gesto unico, forse inimitabile, che ancora oggi fa dire: Ricardo Paciocco, l’uomo che segnò su rigore con la rabona.
di Marco Milan