Il nuovo Sollecito: Radicale e app finanziata dalla Regione

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sollecitoC’è la vita e c’è la morte. C’è la verità e c’è il dubbio. C’è la luce e ci sono le tenebre. Tutto è fondato su un dualismo invisibile che sottende e regola il gioco dell’esistenza. Raffaele Sollecito, assolto in via definitiva per l’omicidio di Meredith Kercher avvenuto nel 2007, si racconta in un’intervista al Corriere della Sera. L’impegno politico, lo sport, i sogni per il futuro e la riscoperta della “normalità”. Tornare a casa, passeggiare con gli amici di sempre sul lungomare di Bisceglie (provincia di Bari) dove oggi vive con il padre e la compagna. Qui Sollecito prova a rimettersi in gioco.

La pubblicazione del suo libro “Un passo fuori dalla notte” –edito da Longanesi- l’adesione al Partito Radicale, la laurea conseguita in carcere e, per concludere, la fondazione di una start up per commemorare i defunti. Questi i tasselli della lenta ripresa di un giovane originario della provincia di Bari. Diverse le sentenze in questi otto lunghi anni: nel 2008, insieme ad Amanda Knox, è stato condannato, viene assolto nel 2011 in appello, ricondannato nel 2014 nell’appello bis e poi assolto di nuovo in via definitiva dalla Cassazione nel marzo del 2015. Un alternarsi di tensioni, ansie, paure, miste alla negligenza del sistema giudiziario italiano e alla tortura della gogna mediatica alla quale la tragica vicenda è stata sottoposta. Un tunnel che, però, alla fine ha mostrato la luce. Quella luce che riscalda le spiagge del litorale barese, dove Sollecito è tornato a vivere e a progettare il suo futuro. E il nuovo obiettivo si chiama “Memories”, la start un per cui Raffaele Sollecito ha vinto un bando da 66mila euro, la metà a fondo perduto, della Regione Puglia. Si tratta di un social network che ha come scopo quello di commemorare i defunti quando non si ha la possibilità di rendergli visita di persona. L’idea, come racconta il pugliese al Corriere della Sera, è arrivata mentre era detenuto in carcere a Terni e non poteva andare a pregare sulla tomba della madre. “Essere così lontano da lei mi faceva stare male”, ha detto.

Le polemiche imperversano, ma sui soldi pubblici ricevuti dalla regione, Sollecito afferma: “Era un bando riservato agli under 35 disoccupati e io avevo i requisiti”. La start up ha già una sede nel paese in cui Sollecito è nato, a Giovinazzo (Bari), due stagisti del Politecnico di Bari per sviluppare il software e si prevede di diventare operativi a inizio 2016. Dunque, “memories”, è un modo per guardare avanti avendo, appunto, “memoria”. Sì perché Sollecito sembra non voler dimenticare l’incubo che in questi ultimi anni lo ha travolto, anzi vuole farne denuncia come ha dimostrato sabato nell’intervento al XIV Congresso dei Radicali Italiani che si è svolto a Chianciano dal 29 ottobre all’1 novembre. All’appuntamento annuale del Movimento Sollecito ha raccontato l’esperienza che più di ogni altra ha segnato la sua vita: il carcere, la disumanizzazione e il percorso di risalita verso un futuro migliore. Sguardo fermo, capelli raccolti, linguaggio chiaro e lineare, quello di un ragazzo che ha studiato. Con la stessa voce ferma racconta: “Due metri per tre”. Questo lo spazio in cui per diversi anni è vissuto, o forse sopravvissuto. Quella stessa cella in cui un ventenne è entrato andando in incontro alla sua assurda realtà, in cui Sollecito ha osservato, riflettuto e si è persino laureato. Quel ragazzo oggi è un giovane trentunenne, dottore in ingegneria informatica. Dal palco del congresso vibrano le sue parole di testimonianza affinché spera che non ci siano “altre vittime come lui” e pone l’attenzione su una questione cruciale in Italia: il carcere come scuola di reclutamento per la mafia. E dalle immagini quasi surreali scaturite dal racconto del carcere, Sollecito prova a immaginare la sua vita lontano dai riflettori.

(Anna Piscopo)

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