Conferenza di Parigi. Accordo globale sul clima
E alla fine l’accordo c’è stato. Atteso per l’11 dicembre, il testo definitivo è slittato di ora in ora fino al giorno seguente. D’altronde la posta in gioco era troppo alta per bruciarla con l’impazienza.
Dal 30 novembre all’11 dicembre 2015 si è svolta a Parigi la COP21, ovvero la Conferenza dell’Onu sul Clima che ha visto la partecipazione di 195 paesi del mondo riuniti per discutere le sorti del pianeta e delle generazioni future su una questione letteralmente scottante: il riscaldamento globale e l’ambizioso obiettivo di limitarlo al di sotto di 2°C. È un terreno scivoloso, questo, su cui Terra e uomini sono ai ferri corti già da un po’. Benché alcuni danni siano ormai in corso, si può ancora agire per cercare di ridurre i rischi e gli effetti derivanti dai cambiamenti climatici come il crescente numero di alluvioni, siccità, inaridimento di zone fertili e innalzamento del livello del mare con la conseguente cancellazione di isole e città costiere. A patto di fare presto e, si spera, all’unanimità.
All’aria quindi le tabelle di marcia di una conferenza che avrebbe dovuto concludersi venerdì 11 e ben vengano i ritardi se causati da lunghe trattative. Almeno sono il segnale che, quell’accordo unanime, lo si è cercato.
Una data storica. Con un colpo di martelletto verde, quasi con la solennità di una sentenza in tribunale, il presidente della conferenza, Laurent Fabius, ha sancito il primo accordo sul clima su scala planetaria in cui tutti i paesi si sono impegnati attivamente per ridurre le emissioni serra. Il 12 dicembre 2015 è stato salutato dal Presidente francese François Hollande come una data storica, “un grande giorno per l’umanità”.
Sono trascorsi 23 anni dall’Earth Summit di Rio de Janeiro e 21 conferenze mondiali, ma adesso l’intesa sottoscritta dalle 195 delegazioni c’è e per entrare in vigore deve solo essere firmata o ratificata da almeno 55 paesi responsabili di almeno il 55% delle emissioni. I negoziatori hanno affrontato argomenti complessi quali l’obiettivo a lungo termine di azzerare le emissioni e la “finanza verde”. Verso le battute finali è nata all’interno della COP21 una maggioranza green, la High Ambitious Coalition, cioè una coalizione di paesi che hanno spinto per un accordo forte sul clima: Europa, Stati Uniti e 80 Stati africani, caraibici e del Pacifico.
I punti fondamentali. Questi i cardini della bozza finale: contenimento della temperatura “ben al di sotto dei 2 gradi” rispetto all’era preindustriale, sforzandosi di non superare 1,5°C; fondo annuo di 100 miliardi di dollari che a partire dal 2021 i paesi industrializzati si impegnano a versare ai paesi in via di sviluppo per il passaggio alle tecnologie verdi; revisione ogni 5 anni dei tagli alle emissioni nocive.
Scenari. L’intesa comporta ovviamente anche delle ripercussioni in campo economico, come ad esempio la crisi del carbone a cui fa da contraltare la campagna per il disinvestimento. È evidente che l’economia del futuro graviterà sempre più attorno al settore a basse emissioni e che l’orizzonte ha il volto della cosiddetta carbon neutrality, ovvero quel sistema produttivo che riduce al minimo i combustibili fossili a vantaggio delle fonti rinnovabili.
In un’intervista a Il Sole 24 Ore il Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti ha affermato che “l’accordo sul clima ci porta verso l’economia circolare”, pertanto è necessario “immaginarci come facilitare un uso più efficiente delle risorse. Questo sviluppo deve essere accompagnato da leggi che aiutino il percorso”. Ha anche sostenuto che “a Parigi il mondo ha imboccato una strada condivisa verso un’economia di qualità”.
In definitiva sembra essere andato tutto secondo i migliori auspici. Già alla vigilia della conferenza il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon aveva manifestato il proprio ottimismo, dichiarando che “il cambiamento climatico non conosce confini”, mentre si diceva “convinto che i leader del mondo” avrebbero adottato “un patto ambizioso e universale” a difesa del pianeta.
Quali le reazioni delle organizzazioni non governative sul vertice di Parigi? Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia ha detto: “Abbiamo fatto progressi, ma il lavoro non è ancora ultimato. […] Abbiamo bisogno di garantire che nuove iniziative vengano messe in atto dai governi, dalle città, dalle aziende e dai cittadini in collaborazione tra loro, perché il taglio delle emissioni sia ancora più radicale, per sostenere la transizione energetica nelle economie in via di sviluppo e per proteggere i più poveri e vulnerabili”.
Sul sito di Greenpeace si legge che “l’accordo sul clima raggiunto durante la #COP21 è un punto di svolta, ma non basta e contiene una grande ingiustizia: trascura i popoli più vulnerabili agli impatti dei cambiamenti climatici, mentre le nazioni che più hanno contribuito al riscaldamento globale promettono miseri aiuti a chi già oggi rischia di perdere la vita e i mezzi di sostentamento a causa dei mutamenti del clima”.
Il clima prima della Conferenza sul clima. Va ricordato che c’è un altro clima con cui la capitale francese ha dovuto fare i conti e non si tratta chiaramente dello stesso dibattuto all’incontro mondiale. È l’aria che si respirava nei giorni dopo gli attentati del 13 novembre, definiti “carnage” dai media d’Oltralpe. In seguito a questi fatti le autorità francesi hanno vietato manifestazioni e riunioni pubbliche nella capitale, suscitando pareri discordanti sull’opportunità di tale decisione. “Gli eventi paralleli della “società civile” non sono meri appendici all’evento principale o distrazioni da esso. Sono parte integrante del processo”, aveva scritto Naomi Klein sul Guardian.
Tutti d’accordo? Alla vigilia del meeting Place de la République è stata comunque invasa da centinaia di scarpe e dallo striscione “Parigi in marcia”, messaggio simbolico della ONG Avaaz. Nonostante i divieti non sono mancate altre forme di manifestazione da parte degli ambientalisti, come una lunga striscia di stoffa rossa srotolata lungo l’Avenue de la Grande Armée o il gruppo di militanti di Greenpeace che ha scalato l’Arco di Trionfo con striscioni per chiedere al governo francese e al Presidente Hollande di fare di più per la transizione energetica. Altri attivisti si trovavano intanto nella rotonda sottostante e nelle strade vicine per dipingere con “eco-pittura” gialla la forma di un grande sole a favore di un “futuro di energie rinnovabili”.
Basteranno i propositi a farlo splendere senza bruciare?
(di Laura Guadalupi)