Il ritorno del centravanti: una tendenza nuovamente di moda
L’ultima giornata del campionato italiano prima della sosta natalizia ha visto la definitiva rinascita di un mestiere che nel nostro calcio sembrava destinato all’estinzione: il centravanti vero, quello in grado di far reparto da solo. Quel giocatore che sa tramutare in gol qualsiasi pallone gli passi nel raggio di 50 centimetri e che consente ai suoi compagni di avere la consapevolezza che, con uno come lui in squadra, difficilmente il portiere avversario completerà i novanta minuti con la porta inviolata. Higuain, Kalinic, Bacca, Icardi e Mandzukic sono andati a segno nel corso del finesettimana, tutte reti decisive per le loro squadre, ad eccezione di quella di quella di Icardi, resa inutile dal gesto di follia di Felipe Melo che ha regalato il rigore della vittoria alla Lazio a soli cinque minuti dalla termine dell’incontro del Meazza.
Un ruolo, quello del centravanti classico, che è cambiato molto nel corso degli anni e che ha rischiato di sparire dai moduli tattici dei nostri allenatori. Con il passare delle stagioni il concetto di “falso nueve” è diventato l’icona del calcio moderno, come se i giocatori di statura superiore al metro e ottanta e con una stazza fisica tipica della prima punta non fossero più in grado di garantire ai tecnici la fluidità di gioco da loro desiderata. Una tendenza nata in Italia con la Roma di Luciano Spalletti, che dieci anni fa a Genova si trovò costretto a schierare Francesco Totti come vertice alto del suo 4-2-3-1 e cominciò ad ottenere risultati strabilianti. La sua squadra giocava meglio, divertiva, non dava punti di riferimento agli avversari e segnava di più, grazie soprattutto all’abilità di Totti di servire i compagni che si inserivano alle sue spalle. Ma la teoria del finto nove è diventata universale con Pep Guardiola che, dopo una sola stagione con Zlatan Ibrahimovic al centro del reparto offensivo, decise di affidare il ruolo di attaccante centrale al fenomeno Messi, svendendo il campione svedese al Milan.
Ma come nella moda anche nel calcio le tendenze sono destinate a lasciare il passo a nuove intuizioni, che spesso coincidono proprio con le vecchie abitudini. Ecco allora che il Barcellona ha acquistato uno dei centravanti più forti in circolazione (Luis Suarez), il Bayern Monaco di Guardiola può affidarsi alla vena realizzativa di uno degli attaccanti più potenti del panorama calcistico internazionale (Robert Lewandowski) e anche in Italia il ruolo di bomber è tornato prepotentemente di moda. Le prime punte di oggi sono sicuramente più mobili e dinamiche rispetto a quelle che eravamo abituati ad ammirare qualche anno fa, ma mantengono comunque lo stesso opportunismo e la stessa voglia di far gol dei loro colleghi degli anni passati, riuscendo, proprio come loro, a decidere le partite da soli e a caricarsi la squadra sulle spalle quando ce n’è bisogno.
L’unica eccezione è forse rappresentata proprio dalla squadra che in Italia lanciò il concetto di prima punta atipica. In estate la Roma ha acquistato Edin Dzeko sperando di risolvere i suoi problemi offensivi e trovare un degno sostituto di Francesco Totti. Per il momento però il bosniaco continua a fare fatica e i tifosi giallorossi sono gli unici a rimpiangere i tempi del “falso nueve”, d’altronde è difficile trovare un calciatore che sappia far convivere meglio del capitano giallorosso l’altruismo per i compagni e le capacità realizzative. Per tutti gli altri la figura del bomber è tornata ad essere insostituibile come 10/15 anni fa.
Di Giovanni Fabbri