Amarcord, Pietro Maiellaro: il Maradona del Tavoliere delle Puglie
Talenti non del tutto espressi, idoli locali la cui fama non sempre si è allargata oltre i confini paesani. Il talento però, si sa, non basta per affermarsi a certi livelli, serve anche carattere, determinazione ed un po’ di fortuna, capitare nel posto giusto al momento giusto; a Pietro Maiellaro, centrocampista tecnico e fantasioso degli anni ottanta e novanta, non sono toccate nè fortuna e nè gloria massima, ma una carriera semplice con qualche picco e la sensazione di non aver raccolto quanto seminato.
Pietro Maiellaro nasce in Puglia, a Candela (FG) il 29 settembre del 1963 ed inizia a giocare a calcio nelle giovanili del Lucera, formazione pugliese dei campionati dilettantistici e si afferma come centrocampista offensivo dotato di ottima tecnica, esordisce in prima squadra nel 1980 realizzando anche 9 reti nel primo campionato di serie D, prestazioni che garantiscono alla formazione biancoazzurra la salvezza. Maiellaro si afferma come uno dei migliori numeri 10 del campionato, non ha nemmeno vent’anni e su di lui si posano gli occhi di diversi osservatori di squadre di categoria superiore, in particolar modo l’Avellino che milita in serie A, lo acquista e lo presta al Varese in serie B dove Maiellaro non gioca titolare ma riesce a farsi notare nelle presenze accumulate nel campionato cadetto, tanto che a fine stagione l’Avellino decide di non mandarlo a giocare altrove e lo tiene nell’organico che affronterà la serie A, ma Maiellaro è troppo giovane per strappare consensi anche in serie A, così torna in B e gioca un anno col Palermo prima del passaggio a Taranto, città nella quale il talentuoso centrocampista pugliese lascerà il cuore. Taranto accoglie Maiellaro con entusiasmo, il ragazzo ha fame e talento, la tifoseria tarantina è appassionata, lo stadio Iacovone sempre pieno e da sempre ansioso di conoscere i fasti della serie A; ma sono anni difficili, il Taranto fa la spola fra serie B e serie C e nell’estate del 1985, quando Maiellaro sbarca in Puglia dopo aver vinto la serie C1 a Palermo, i rossoblu sono appena retrocessi in terza serie, il pubblico è in subbuglio ma sempre caldo. Il ragazzo di Candela si prende il posto da titolare, sforna assist a ripetizione, il Taranto viaggia a ritmi altissimi e vince il campionato di serie C1; Maiellaro è uno dei grandi protagonisti ed anche in serie B riesce ad imporsi con costanza e personalità, Taranto è innamoratissima del suo numero 10 e la squadra riesce a rimanere in B. Fra il 1985 e il 1987, Maiellaro realizza 10 reti in 57 partite con la maglia tarantina, poi la società lo convoca in sede e gli propone il passaggio al Bari; il ragazzo è confuso, non vorrebbe lasciare Taranto perchè ama la città, la squadra e i tifosi, ma non ha capito che quella della dirigenza rossoblu non è una proposta, bensì un’imposizione: dopo giorni di contrattazioni e liti, Maiellaro accetta il trasferimento e a Taranto accade il finimondo, un subbuglio simile a quello che nell’estate del 1990 Firenze scatenerà dopo la cessione di Roberto Baggio alla Juventus. Il Bari è da sempre visto come il fumo negli occhi dai tarantini, il pubblico contesta la società per la cessione ed accusa Maiellaro di alto tradimento, seppur il calciatore spergiuri di essere stato costretto al trasferimento. Eppure, dopo un primo periodo di abbattimento, Pietro Maiellaro fa il professionista e conquista anche il pubblico barese grazie alle sue giocate sopraffine; il Bari al secondo tentativo, stagione 1988-89, conquista la promozione in serie A giocando un gran calcio ed approffittando del talento di un Maiellaro ispiratissimo, nuovo idolo del pubblico barese. Finalmente il centrocampista può dire la sua anche in massima serie, ormai maturo e con varie stagioni in C e in B sul groppone; Maiellaro è elegante, gioca a testa alta, è un centrocampista molto più vicino al ruolo di fantasista che di regista, la Serie A inizia ad apprezzarlo, eppure nessuna grande società si avvicina al Bari per formulare una proposta concreta, forse per il carattere un po’ schivo e per nulla mondano del ragazzo, forse per mancanza di fiducia, forse per la solita corsa al nome straniero, esotico che solletica maggiormente la fantasia dei tifosi. La miglior stagione di Maiellaro a Bari è quella 1990-91: i biancorossi sono guidati in panchina da Gaetano Salvemini e in campo da Pietro che segna e fa segnare, mandando in rete il rumeno Raducioiu e il brasiliano Joao Paulo, ma anche il centravanti di riserva Antonio Soda che si ritaglia la sua giornata di gloria firmando la doppietta che stende la Juventus al San Nicola. Maiellaro gioca con stile ed eleganza, è sciolto e disinvolto, il Bari acciuffa la salvezza per il secondo anno consecutivo e stavolta nessuno può ignorare quel talento che intanto è stato soprannominato il Maradona del Tavoliere delle Puglie; l’occasione arriva con la chiamata della Fiorentina che dopo un anno di transizione vuole tornare a competere per l’Europa: i viola acquistano Stefano Borgonovo dal Milan, il centrocampista Mazinho dal Lecce, Marco Branca dalla Sampdoria campione d’Italia, il promettente centravanti argentino Gabriel Omar Batistuta ed appunto Pietro Maiellaro dal Bari. La stagione della Fiorentina non sarà un granchè e l’obiettivo europeo verrà mancato ancora, ma Maiellaro sa imporsi anche in una piazza esigente, blasonata e selettiva come quella toscana: segna 4 reti in 25 partite, memorabile quella ad inizio campionato a San Siro contro il primo favoloso Milan di Fabio Capello: a metà ripresa il puntegio fra Milan e Fiorentina è sullo 0-0, i rossoneri attaccano, il portiere viola Alessandro Mannini vola a destra e a sinistra, una volta su tiro di Donadoni, un’altra su colpo di testa di Van Basten, i toscani sono assediati, i milanisti spingono, il gol della formazione lombarda sembra nell’aria ed invece all’improvviso il talento di Maiellaro sconvolge l’incontro: l’ex regista del Bari prende palla nella sua metà campo, salta un paio di avversari, arriva ai quaranta metri, alza per un attimo lo sguardo e nota Sebastiano Rossi, portiere milanista di quasi due metri di altezza, leggermente fuori dai pali della porta e decide di azzardare lasciando partire un pallonetto preciso, lento ma beffardo, alto al punto giusto da beffare Rossi senza finire oltre la traversa; la palla scende in picchiata e si insacca sotto l’incrocio dei pali, un gol favoloso che porta la Fiorentina in vantaggio a San Siro. Poco importa che Van Basten pareggi al 90′ su calcio di rigore, perché negli occhi dei tifosi italiani resta la gemma di Maiellaro che si prendei titoloni sui giornali e l’epiteto di fenomeno a Firenze, proprio con quella maglia viola numero 10 che era stata di Giancarlo Antognoni prima e di Roberto Baggio poi. Troppe aspettative forse, troppi paragoni illustri, fatto sta che la stagione di Maiellaro alla Fiorentina è buona ma non abbastanza per essere riconfermato e così alla prima occasione vantaggiosa Cecchi Gori lo cede; l’occasione sarà la svolta negativa della carriera di Maiellaro che passa alla Ternana, neopromossa in serie B e con intenzioni concrete di salire in A.
Il presidente umbro spende tanti soldi, oltre a Maiellaro acquista Taglialatela, portiere ex di Napoli e Palermo, e l’attaccante Sandro Tovalieri, una garanzia in serie B. Ma l’avventura a Terni finisce ancor prima di cominciare: già a luglio in ritiro, infatti, la dirigenza rossoverde inizia a scricchiolare, i conti non tornaro, le casse diventano misteriosamente vuote, il presidente deve fare marcia indietro: altro che promozione, la Ternana non può permettersi nessuno degli acquisti effettuati, così Tovalieri e Taglialatela vanno al Bari, Maiellaro al Venezia, altra formazione di Serie B con buone ambizioni. La parabola di Maiellaro inizia a calare, il centrocampista è meno motivato, capisce che il treno buono è passato, probabilmente una Serie B discreta (com’è il Venezia) non lo alletta più, anche se il suo dovere il ragazzo pugliese lo fa; in Veneto l’avventura dura solo un anno, la squadra non è competitiva per la promozione, tutt’altro, Maiellaro segna un solo gol e a giugno firma per il Cosenza (anch’essa in serie B) e disputa un buon campionato con 7 gol messi a segno, fra cui uno eccezionale alla Fiorentina, sua ex squadra, con dribbling a mezza formazione viola e pallone depositato in rete fra il tripudio dei sostenitori calabresi, sostenitori saluti poi in estate per accordarsi col Palermo, sempre in Serie B.
Sarà l’ultima stagione a buoni livelli, chiusa con 9 reti e ottime giocate che esaltano il pubblico siciliano, caldo ed appassionato come quello di Taranto, la città e la tifoseria ancora nel cuore di Maiellaro. Nell’estate del 1994, l’ex centrocampista di Bari e Fiorentina, ormai trentunenne, sceglie di varcare i confini italiani ed accettare l’economicamente vantaggiosa offerta dei messicani del Tigres; in Messico, Maiellaro trascorrerà una sola pessima stagione con sole 8 presenze e nessun gol, in un campionato condizionato dai ritmi soporiferi, dalla scarsa competitività, dall’altura e dal caldo torrido. Il centrocampista pugliese torna di corsa in Italia, ma ormai anche la Serie B gli chiude le porte, la sua carriera è agli sgoccioli e le sue ultime carte se le gioca in Serie C a Benevento e in Serie D a Campobasso, piazze ambiziose, calde e speranzose, ma perennemente deluse.
Pietro Maiellaro appende gli scarpini al chiodo a giugno del 1999, poi decide di prendere il patentino di allenatore che lo porta a guidare il Campobasso (nell’ultimo anno da calciatore dove ricopre un doppio ruolo) prima di affermarsi come tecnico in Puglia fra giovanili di Bari e Foggia, e prima squadra di Barletta, Lucera e Noicattaro. Una carriera piena di talento quella di Maiellaro, a cui forse è mancato l’ultimo sforzo per salire il gradino della gloria massima, per una convocazione in nazionale, per un’avventura più continua in piazze di storia e blasone; eppure l’ex Maradona del Tavoliere delle Puglie non può dirsi infelice o scontento dei suoi anni da calciatore, talento puro apprezzato dalle tifoserie, giocate sopraffine, farcite da oltre 70 reti per un giocatore di fantasia che ha reso probabilmente meno di quanto avrebbe potuto. Eppure ancora oggi Pietro Maiellaro è ricordato come uno dei talenti migliori di un’intera generazione, a Taranto come a Bari passando per Firenze e Palermo, il ricordo delle sue prodezze è indelebile.
di Marco Milan