Francesco Longo cura Bernard Malamud. Per me non esiste altro: lezioni di scrittura
Ode alla letteratura e suggerimenti per la scrittura nel libro Bernard Malamud. Per me non esiste altro. La letteratura come dono, lezioni di scrittura.
È difficile passare oltre quando si legge una frase tanto onesta quanto ironica del tipo: “C’è quindi un dono: il dono della narrativa. Coloro che hanno il dono passano metà della vita a capire se ce l’hanno, un’altra metà della vita a decidere come lo useranno, e la restante metà della vita a usarlo (lo so, sono tre metà)”.
L’affermazione è di Bernard Malamud, scrittore statunitense e premio Pulitzer nel 1966. È stampata sulla quarta di copertina di “Bernard Malamud. Per me non esiste altro. La letteratura come dono, lezioni di scrittura” a cura di Francesco Longo, Edizioni Minimum Fax.
Sono diversi i meccanismi che spingono a scegliere un libro piuttosto che un altro ed è affascinante scoprire le leve di attrazione che si instaurano tra soggetto-lettore e oggetto-libro. Come in questo caso, può bastare una frase sulla quarta di copertina di un volume preso in mano per caso, ed ecco che inizia l’avventura alla conquista di nuova conoscenza.
Successo delle strategie di marketing editoriale? Merito del “paratesto”? Il termine, coniato da Gerard Genette, indica tutto ciò che rende un testo un oggetto materiale, quindi include sia gli elementi che si trovano entro i confini fisici del libro (il peritesto: formato, copertina, nome dell’autore, titolo dell’opera, collana, prefazione…) sia quelli estranei ad essi (l’epitesto: recensioni, interviste all’autore, conversazioni…).
Al di là della forma, un libro ben confezionato resta un involucro vuoto se al suo interno non c’è un contenuto degno di valore e in grado di veicolare senso. Non è il caso dell’opera in questione. Il volume curato da Longo è una raccolta delle riflessioni e suggerimenti di Bernard Malamud per la scrittura di un buon testo, sia esso un romanzo o racconto.
Tanto l’esordiente quanto il professionista possono trarne giovamento poiché si confronteranno con le opinioni di un uomo che ha dedicato l’intera vita all’arte letteraria e, d’accordo o meno con i suoi consigli, di certo coglieranno parecchi spunti per analizzare lo stato del loro lavoro. Una delle questioni sollevate è ad esempio la ricerca della propria voce. Se infatti trovare un buon tema da sviluppare è indispensabile al pari delle proprietà linguistiche di saperlo raccontare, è altrettanto essenziale la capacità di scrivere secondo uno stile personale, riconoscibile. Trovare la propria voce, appunto.
“Per me non esiste altro” è anche la storia dell’amore di Bernard Malamud per la letteratura. Fra le righe della raccolta si può leggere lo svelare a volte involontario di aneddoti e scelte letterarie che implicitamente invitano a leggere le sue opere. Ironico, ancora una volta, affermava che: “Non ci sono sempre finali tristi. Nella mia narrativa c’è parecchio amore per la vita. Se non l’avete trovato, non mi avete letto per bene”.
Malamud sosteneva che il proprio talento letterario, da lui definito “dono”, fosse “una benedizione capace di sanguinare come una ferita”. Al pari dell’innamoramento, la scrittura per lui alternava stati di grazia e tormento, sebbene rifiutasse l’idea che un genio dissoluto fosse capace di creare una grande opera d’arte e credeva invece che quest’ultima scaturisse dal talento unito alla concentrazione.
Come scrivere un romanzo o un racconto? Per Malamud era importante riuscire ad architettare la struttura della storia, quindi elogiava l’utilità della scaletta e avanzava l’ipotesi che avere in mente il finale sin dal principio fosse di grande aiuto. Nel costruire un personaggio ammoniva dall’accontentarsi della sua bidimensionalità per dotarlo invece di spessore, di un inconscio. L’ideale era che fosse in conflitto con se stesso: “Fategli trovare dentro di sé cose che non si aspettava di trovare. Non dite tutto quello che sapete su di lui. Conservatene una parte per sorprendere il lettore”. Mai prescindere, poi, dalla revisione. La fase di riscrittura è parte fondamentale del processo creativo.
Di cosa scrivere? Un’idea forte non è facile da scovare e Malamud suggeriva di andare oltre il primo pensiero che passa per la mente. La storia può nascere da un’intuizione, ma pensava che di solito ciò accade dopo aver accumulato una certa consapevolezza di sé e del mondo.
Nella prefazione Longo lo definisce uno “scrittore morale”, in quanto per lui la letteratura non è solamente ricerca della bellezza, ma “il territorio dove sperimentare la morale, dove l’umanità può trovare il senso dell’esistenza e delle sofferenze”. Tuttavia per Malamud la morale doveva essere “invisibile”, cioè intessuta nella trama narrativa, e infatti avvertiva: se lo scrittore inizia a predicare rettitudine e a fare sermoni, “smette di essere un artista”.
Bernard Malamud era convinto che ci fosse integrazione tra arte e vita, eppure dichiarava al tempo stesso che l’elemento biografico, l’esperienza individuale, che rappresentano i maggiori serbatoi di idee per la narrativa, devono essere solo dei punti di partenza da rielaborare con il supporto dell’immaginazione. Da strenuo sostenitore dell’uso della fantasia e dell’invenzione letteraria, a quanti gli chiedevano se il protagonista del romanzo Le vite di Dubin fosse lui, rispondeva: “Io sono un inventore, uno scrittore che sfrutta l’immaginazione”.
(di Laura Guadalupi)