UE – Crisi dei migranti: anche l’Austria corre ai ripari
La crisi dei migranti investe l’Europa e sempre più Paesi dell’Unione decidono di mettere in atto misure unilaterali per far fronte all’emergenza
Mentre il bacino del Mediterraneo brucia per l’offensiva dell’Isis, la crisi irrisolta dell’ex Jamāhīriyya libica e il riaccendersi di vecchi focolai di guerra, l’Unione Europea si scopre fragile e indifesa di fronte al dramma dei migranti. Il gigante economico che vale, da solo, poco meno di un terzo del Prodotto Interno Lordo mondiale sembra sciogliersi come neve al sole a causa della sua pressoché totale mancanza di coordinamento politico in materia di politica estera.
E la questione non è di poco conto. I numeri sul tavolo sono di quelli che farebbero tremare i polsi ai più ferventi sostenitori del diritto d’asilo e delle politiche per l’integrazione. Dall’inizio del conflitto siriano, sono stimati in oltre dodici milioni i profughi in fuga dalla martoriata repubblica mediorientale, senza contare quelli che potenzialmente potrebbero essere spinti ad abbandonare il Paese nel caso in cui la situazione precipitasse ulteriormente. Nel frattempo la Libia, dove la guerra civile di fatto non è mai finita dai tempi della caduta di Gheddafi, continua a svolgere il ruolo di hub internazionale per quei clandestini, siano essi profughi o semplici migranti, che dall’Africa o dal Medio Oriente vogliano raggiungere l’Eldorado europeo.
Tuttavia le cifre di questa immane tragedia vanno interpretate alla luce della realtà dei fatti, che ci dice, ad esempio, che solo una piccola parte dei profughi siriani mira a raggiungere l’Europa attraverso la Turchia o raggiungendo le coste delle isole greche o del sud Italia. Di fatto, la maggior parte dei siriani in fuga è rimasta in Medio Oriente o si è ammassata ai confini del Paese nella speranza di poter far ritorno alle proprie case alla fine del conflitto. Dunque il dramma europeo non è dato tanto dalla massa totale dei profughi che raggiungono il territorio dell’Unione, quanto piuttosto dalla concentrazione geografica degli arrivi. Grecia, Italia, Spagna e i Paesi dell’area balcanica sono i punti di approdo per coloro che vogliono raggiungere i Paesi del nord Europa, Germania in testa.
Per far fronte al problema, nel 2013, l’UE ha adottato il Regolamento di Dublino, con il quale ha cercato di armonizzare la spinosa tematica del diritto d’asilo. Tuttavia a distanza di quasi tre anni, molti Paesi dell’Unione hanno cercato di correre a ripari limitando il numero di ingressi, costruendo muri alle frontiere, rafforzando i controlli e attuando misure di respingimento sempre più massicce. In ordine di tempo, l’ultimo Paese a essersi mosso in tal senso è stata l’Austria del cancelliere Werner Faymann, che ha fissato in ottanta il numero giornaliero di richieste d’asilo che potranno essere presentate presso gli Uffici per l’immigrazione e in tremiladuecento il numero dei migranti che potranno attraversare giornalmente il territorio austriaco. Altresì Vienna rafforzerà i controlli alle frontiere meridionali, sospendendo, di fatto, la libera circolazione delle persone istituita con l’Accordo di Schengen.
E l’Europa? Nell’ultimo vertice di Bruxelles, il tema dei migranti è stato relegato in secondo piano per lasciare spazio alla ricerca di una soluzione per evitare la “Brexit”, ovvero l’uscita di Londra dall’Unione. Tuttavia, alcuni leader europei, fra cui il premier italiano Matteo Renzi e la cancelliera tedesca Angela Merkel, forti dell’appoggio del Presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, hanno richiamato l’attenzione sul problema dei migranti che sarà probabilmente al centro del prossimo incontro di inizio Marzo. Da parte sua, la Grecia ha minacciato di bloccare l’accordo di Bruxelles, se altri Paesi europei dovessero sospendere Schengen. Il monito di Atene, arriva dopo l’inasprimento delle tensioni fra Turchia e Russia sulla sempre più drammatica questione siriana, ed è volto a evitare che il Paese si ritrovi completamente isolato nel fronteggiare l’emergenza migranti.
Dunque ancora una volta l’Unione Europea ha deciso di rimandare il delicato tema dell’afflusso dei migranti, preferendo affrontare una tematica squisitamente interna quale quella della “Brexit”. E mentre la comunità internazionale indice una petizione per conferire il Premio Nobel per la pace all’isola greca di Lesbo, primo approdo dei migranti in Europa, i Paesi dell’Unione si interrogano sulle misure da prendere rimanendo sostanzialmente divisi in due grandi blocchi. Da un lato gli europeisti chiedono che la questione migranti diventi tema europeo, soprattutto attraverso la ripartizione dei profughi fra i vari Paesi dell’Unione, dall’altro gli stati più euroscettici pronti a chiudersi ancora di più all’interno delle loro frontiere, sia nei confronti dei migranti sia nei confronti dei partner europei. Dovremo dunque aspettare i prossimi mesi, per capire quali saranno le scelte dell’Unione in materia di migranti e diritto d’asilo e per comprendere quale sarà il destino dei profughi in fuga attraverso il Mediterraneo verso l’Europa.
(di Christopher Rovetti)