Sport russo nella bufera: doping anche nel tennis e nel pattinaggio

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Prosegue l’annus horribilis dello sport russo: Maria Sharapova ed Ekaterina Bobrova positive ai test antidoping. Dopo l’atletica, anche il tennis e il pattinaggio finiscono nel mirino dei tribunali sportivi internazionali.

Maria Sharapova durante la conferenza stampa del 7 marzo scorso
Maria Sharapova durante la conferenza stampa del 7 marzo scorso

In un’anonima sala di un tristissimo albergo di Los Angeles, il 7 marzo scorso, la tennista russa Maria Sharapova ha scritto una delle pagine più sofferte della sua carriera e della sua vita. Di fronte a una schiera di cronisti attoniti, la zarina dei campi da tennis ha dichiarato di essere risultata positiva a un test antidoping durante gli Open di Australia. Negli stessi giorni, anche la pattinatrice Ekaterina Bobrova, oro olimpico a Soči nel 2014, è stata sospesa dall’ISU (International Skating Union) in quanto positiva al Meldonium, un farmaco anti-ischemico vietato dalla giustizia sportiva internazionale, in quanto considerato sostanza dopante.

I fatti contestati alla Sharapova risalgono al 26 gennaio scorso, giorno in cui la sportiva si è sottoposta a un test antidoping post-gara, nel corso della sua partecipazione alla tappa australiana del Grande Slam. Pochi giorni dopo, la doccia fredda: la tennista russa ha ricevuto comunicazione dall’ITF (International Tennis Federation) di essere risultata positiva proprio al Meldonium. Stessa sorte è toccata a Ekaterina Bobrova la quale, proprio come Maria Sharapova, si è difesa sostenendo di aver sempre utilizzato il farmaco incriminato, che è stato messo all’indice da parte del WADA (World Anti-Doping Agency) dal primo gennaio del 2016. Nonostante il mea culpa recitato dalle due atlete, che si sono dichiarate entrambe colpevoli di negligenza, ma in assoluta buonafede, ciò non è bastato a evitare loro la sospensione cautelare dalle competizioni in attesa della pronuncia del giudice sportivo. In caso di condanna e se i giudici non dovessero ravvisare volontarietà nel comportamento delle due sportive, Maria Sharapova ed Ekaterina Bobrova rischierebbero comunque una squalifica di due anni, che potrebbe essere ridotta a seguito di un ricorso di fronte al tribunale sportivo di Losanna.

Tuttavia, Maria Sharapova e Ekaterina Bobrova sono solo le ultime atlete russe, in ordine di tempo, a finire nel mirino della giustizia sportiva per questioni legate all’uso di sostanze proibite. Alcuni mesi fa, lo scandalo doping ha investito in pieno la federazione russa di atletica leggera, accusata di aver nascosto molti casi di positività fra i suoi atleti e di essere addirittura la diretta responsabile di alcuni di essi. A causa di un durissimo report presentato a Ginevra dal WADA, la Federazione di atletica russa è adesso sotto inchiesta e rischia fino a due anni di squalifica. Nonostante Mosca abbia respinto tutte le accuse, lo scandalo potrebbe impedire a molti atleti russi di partecipare alle prossime olimpiadi di Rio de Janeiro e a ad altre competizioni internazionali. Fra gli atleti di spicco, emerge il nome di Maria Savinova, oro olimpico negli 800 a Londra 2012. Ed è in questo clima da caccia alle streghe che il mondo dello sport, quello russo in particolare, ha accolto la notizia della sospensione di Maria Sharapova ed Ekaterina Bobrova. Il danno d’immagine patito dalle federazioni sportive facenti capo a Mosca sembra essere incalcolabile. Anche nel caso in cui i tribunali competenti rigettino le richieste di squalifica, il mondo rimarrà col sospetto che, nonostante il passare degli anni, i Paesi dell’ex blocco sovietico non abbiano rinnegato il loro antico amore per l’uso di sostanze proibite al fine di favorire le prestazioni sportive dei propri atleti.

Per l’ennesima volta lo sport mondiale torna sotto i riflettori per questioni che poco hanno a che fare con il reale spirito sportivo, tanto caro al barone De Coubertin. Ancora più che in passato, il motto sull’importanza della partecipazione, cede il passo a dinamiche legate al dio denaro e al prestigio nazionale. E a farne le spese sono in prima battuta gli atleti che, volontariamente o involontariamente, si ritrovano a dover fare i conti con tutte le implicazioni legate all’uso delle sostanze proibite: dalla totale perdita di credibilità a livello internazionale, a squalifiche più meno lunghe. Senza considerare tutte le conseguenze mediche, mai realmente dimostrate, ma che continuano a rappresentare un’ipotesi alquanto realistica per numerosi casi di atleti vittime di differenti patologie.

Tuttavia, nonostante le polemiche, le accuse e le minacce incrociate, il mondo dello sport ha iniziato il conto alla rovescia per quello che sarà l’evento più importante di questo 2016: le Olimpiadi di Rio. Ancora non sappiamo come si concluderà la vicenda degli atleti russi, ma certo è che il rischio di un boicottaggio totale dell’appuntamento olimpico da parte della federazione sportiva russa diventa ogni giorno più concreto. Chissà dunque che il 2016 non sia l’anno dei corsi e ricorsi storici, e che Rio non diventi la nuova Los Angeles, passata alla storia come l’edizione dei giochi boicottata dal blocco comunista in risposta all’atteggiamento occidentale di quattro anni prima a Mosca. In ogni modo, qualunque siano le decisioni finali relative ai vari casi di doping scoperti in seno alle federazioni sportive russe, il vero sconfitto di tutta questa vicenda sarà di nuovo lo sport, che dovrà fare i conti con se stesso e con quello scheletro chiamato doping che, per l’ennesima volta, sembra essere uscito dall’armadio in cui era stato faticosamente riposto

(di Christopher Rovetti)

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