Roma, relazione Anac: appalti illegali e corruzione
Nulla si salva nell’ultimo rapporto dell’Autorità Nazionale Anticorruzione. A Roma regna l’illegalità e l’ordinaria violazione delle norme
«Una fotografia da cui ripartire», così Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac), ha commentato i risultati emersi durante l’attività di ispezione sul Comune di Roma, condotta dal 2012 al 2014. L’ultimo rapporto consegnato il 10 marzo scorso dipinge una situazione borderline: «una sistematica e diffusa violazione delle norme e il ricorso generalizzato e indiscriminato a procedure prive di evidenza pubblica, con il conseguente incremento di possibili fenomeni distorsivi che agevolano il radicarsi di prassi corruttive», questa è la Roma che emerge dall’analisi dell’Anac.
Malaffare e illegalità come prassi comune. Dagli affitti delle case, alla manutenzione delle strade; dalla gestione dei canili alla tutela del verde pubblico: nessun ambito operativo è estraneo alla mala condotta capitolina. L’ispezione ha individuato diciotto tipi di violazioni differenti da parte dei Dipartimenti del Comune di Roma: in testa a tutti, c’è il Dipartimento delle Politiche Sociali risultato quello con maggiori irregolarità e con la percentuale più alta di appalti affidati senza gara. Secondo Cantone, il percorso prediletto per l’assegnazione degli appalti è quello della procedura negoziata in cui ruotano sempre gli stessi soggetti: si invitano un numero limitato di imprese con le quali si negozia, appunto, l’appalto. Tutto il contrario della gara pubblica, che rappresenta l’unico “terreno di gioco” in cui tutti possono partecipare, permettendo la rotazione obbligatoria e le pratiche della sana concorrenza. Sotto il mirino, in particolare, le cooperative che operano nel sociale: si legge nell’ analisi che, nel triennio 2012-2014, c’è stato «un esorbitante numero di affidamenti di cospicuo valore economico avvenuti in gran parte in forma diretta, a conferma del mancato rispetto dei principi basilari di concorrenza, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità». Le conseguenze di tale condotta sono allarmanti: dalle ricadute negative sulla qualità delle prestazioni e sull’incremento dei costi fino alla lesione della concorrenza, «come effetto della sottrazione alle regole di competitività del mercato di una cospicua quota di appalti, affidati per la maggior parte senza gara».
Accanto agli appalti affidati per negoziazione esistono molte altre criticità insite nella gestione del Comune di Roma. Tra queste, la presenza di sistemi informativi diversi per ciascun Dipartimento del Comune: una differenziazione che causa inevitabilmente problemi di comunicazione tra un ambito operativo e un altro. E poi ancora, anomalie nell’assegnazione di strutture abitative ad anziani e rom, proroghe per gli affidatari della manutenzione stradale e contestazioni sulla gestione dei canili di Roma: questioni su cui l’occhio di Cantone tornerà a soffermarsi, come afferma un contributo de La Repubblica. Inutili sono stati i dossier di difesa che Roma Capitale ha inviato a Cantone dopo il primo rapporto del settembre 2015: i documenti non hanno intaccato minimamente l’ispezione dell’Anac che conferma, di fatto, le indagini della procura di Roma su Mafia Capitale. L’ultimo capitolo dell’operazione anticorruzione è stato inviato sia alla procura che alla Corte dei Conti e rappresenta un sigillo sulla stato malato in cui versa la gestione capitolina.
Una domanda, a questo punto, sorge spontanea: chi sono i responsabili? Secondo l’authority, i dirigenti di alcuni dipartimenti e di alcuni funzionari sono senza dubbio i soggetti direttamente implicati nel disastro emerso. Tuttavia, una parte considerevole di responsabilità è da imputare anche allo scarso controllo da parte della politica e alla complessità di una macchina burocratica difficile da gestire e controllare, per la quale è necessario un immediato intervento di semplificazione.
Sul rapporto Anac è intervenuto anche l’ex sindaco Ignazio Marino, rivendicando con orgoglio la firma del primo Protocollo di Vigilanza Collaborativa tra Comune di Roma e Autorità Anticorruzione e cogliendo l’occasione per attaccare nuovamente il Pd, colpevole di aver interrotto il cammino di cambiamento da lui intrapreso.
A Roma, nel frattempo, le amministrative sono ormai prossime e il clima pre – elezioni non potrebbe essere più incerto e confuso. Ad oggi, camminando per le vie della Capitale, la sensazione è quella di un cantiere a cielo aperto, sopraffatto da problemi di ogni tipo, lasciato a se stesso, senza alcun controllo. Il documento dell’autorità rappresenta un timbro autorevole su una situazione che, probabilmente, è sotto gli occhi di tutti ma che nessuno, finora, ha voluto realmente vedere e contrastare.
(di Giulia Cara)
In considerazione dei rilievi emersi e dell’imponente “buco di bilancio” del Comune di Roma si potrebbe “sospendere” per un tempo x, diciamo 5 anni, l’assegnazione degli appalti a procedura negoziata. Per poter fare questo è necessaria un’ulteriore integrazione del Codice degli appalti. Per dirla chiara: non vedo altra strada al momento. Paola Giannone