Il blocco di Whatsapp in Brasile
Un giudice blocca la popolare app e Zuckerberg invita a scendere in piazza
Lunedì 2 maggio si è scritto un altro capitolo del dibattito tra privacy online e lotta al crimine. Il tutto è successo in Brasile a Lagarto, nel nord est, dove il giudice Marcel Montalvao, ha bloccato l’app di messaggistica istantanea Whatsapp con un’ordinanza. La ragione del blocco è stata la mancata fornitura di dati che il tribunale aveva richiesto al proprietario dell’applicazione, Facebook. Secondo i media brasiliani, i narcotrafficanti indagati avrebbero usato Whatsapp per comunicare. Il blocco è stato rimosso dopo dieci ore da un altro giudice, che ha decretato: “è inutile ce milioni di utenti soffrano per gli errori di una compagnia”.
Non si tratta della prima volta che in Brasile si verificano attriti di questo genere tra il governo e l’app acquistata da Zuckenberg. Già a dicembre l’app era stata bloccata, ma il caso più eclatante è avvenuto a marzo, quando il presidente di Facebook – latin America, Diego Dzodan, è stato arrestato per 24 ore, sempre per il mancato rilascio di dati richiesti dal tribunale.
Jan Koum, cofondatore di Whatsapp e CEO ha dichiarato tramite Facebook: “Ancora una volta milioni di utenti brasiliani vengono puniti perché noi non forniamo informazioni che non abbiamo […]. Quando mandi un messaggio criptato in ogni fase del suo percorso, nessuno lo può leggere – neanche noi”.
Pronta anche la risposta di Mark Zuckerberg, che ha commentato la vicenda a blocco ultimato. In un post su Facebook ha dichiarato:”L’idea che a chiunque in Brasile possa essere negata la libertà di comunicare come vuole è spaventosa in una democrazia. Voi e tutti i vostri amici potete assicurarvi che questo non accada più, e spero vi impegnerete in questa causa”. Ha poi invitato la gente in Brasile a protestare di fronte al congresso brasiliano il giorno dopo e a supportare l’introduzione di leggi che impediscano ai tribunali di bloccare servizi come Whatsapp. Di seguito ha poi aggiunto il link a una petizione su Change.org contro il blocco, che chiede al governo brasiliano di supportare un Internet libero. Al momento la petizione supera le 100,000 firme.
Al momento, la strada più facilmnete percorribile, sembra quella proposta dal deputato Esperidiao Amin, che propone un blocco solo di IP sospetti o di account collegati a utenti sospettati di attività illecite.
La situazione legale rimane comunque poco chiara. Secondo Adriano Mendes, avvocato specializzato in materia digitale, l’impossibilità di Whats di fornire informazioni sarebbe stata anche provocata dalla mancata firma del Brasile sulla Convenzione di Budapest, che regola informazioni e privacy. Se, per assurdo, Whatsapp avesse rilasciato i dati richiesti, sarebbe stato perseguibile negli Stati Uniti per violazioni di legge sulla privacy e sul trattamento di dati. “In altri Paesi, Whatsapp avrebbe cooperato con il giudice senza problemi, ha dichiarato, ma è importante dire che questa è stata una misura estrema che non doveva essere usata. È come se si fosse deciso di togliere l’acqua ad un’intera cittadina, perché in una casa c’è una perdita”.
(di Francesca Parlati)