2 giugno 2016: la Repubblica Italiana compie settant’anni
Il 2 giugno 1946, con il referendum istituzionale, nasceva la Repubblica Italiana che quest’anno ha spento le sue prime settanta candeline
Settant’anni. Tanti ne sono passati da quel 2 giugno 1946, quando il popolo italiano scelse la repubblica, chiudendo definitivamente la sua esperienza monarchica durata nemmeno un secolo. Il Regno d’Italia, sconfitto e salvato dagli alleati, chiudeva i battenti, lasciando il posto alla neonata Repubblica Italiana il cui cammino si presentava tutt’altro che privo di difficoltà. Come ricordò anche il Presidente della Repubblica, Giovanni Leone, i padri costituenti, cui venne affidato il compito di redigere la Costituzione della giovane Italia repubblicana, a lavori ultimati erano consci degli enormi ostacoli che si sarebbero dovuti superare per garantire e perseguire quei principi fondamentali che avevano ispirato il documento costituzionale.
Tuttavia, con grandi difficoltà, e con spaccature interne assai marcate, l’Italia iniziò il suo cammino repubblicano, la cui prima tappa fondamentale fu rappresentata dall’entrata in vigore della Costituzione, la più bella del mondo come amano definirla giuristi e romantici, avvenuta il 1° gennaio 1948. Da quel momento, saltarono gli accordi, venne meno il quieto vivere e il clima quasi ovattato del periodo costituente si sciolse come neve al sole, lasciando il posto alle polemiche, alle lotte intestine, ai sospetti e alle accuse reciproche. L’Italia si ritrovò spaccata fra repubblicani e monarchici nostalgici, fra democristiani e comunisti, fra est e ovest, e ben presto a tutti fu chiaro che per essere una repubblica non sarebbe bastato esiliare il re e scrivere una bella costituzione.
Impossibile ripercorrere nel dettaglio i settant’anni di storia repubblicana vissuti dal nostro Paese. Le abbiamo viste tutte. Siamo stati in balia degli eventi, spesso sull’orlo del baratro, del precipizio, dell’abisso. Dietro di noi c’è sempre stato qualcuno pronto a darci una spinta o in attesa di vederci rovinare giù, talvolta godendo delle nostre disgrazie, ma noi niente, non siamo mai caduti. Ci siamo aggrappati a qualunque scoglio con tenacia, con la forza della disperazione, con quella che è la nostra più grande qualità, ovvero la capacità di restare sempre a galla senza mai affondare. Che poi a guardar bene è quello che più fa innervosire i nostri principali detrattori.
Abbiamo attraversato periodi bui, durante i quali i principi e le istituzioni democratiche hanno rischiato di capitolare. Siamo stati bersaglio del terrorismo di destra e di quello di sinistra, delle stragi di mafia, abbiamo superato tangentopoli e gli innumerevoli scandali che hanno colpito molti esponenti delle élite politico-economica del nostro Paese. Ci siamo ritrovati al centro della lotta fra il blocco occidentale e quello sovietico, e siamo riusciti a barcamenarci raggiungendo un equilibrio tutto nostro fra il capitalismo e comunismo. Abbiamo conseguito grandi successi in ambito internazionale, riuscendo a recuperare Trieste, diventando uno dei Paesi fondatori della CEE prima e della UE poi, e riconquistando una posizione di primo piano a livello politico ed economico.
Per contro siamo riusciti anche a inanellare una serie infinita di gaffe, errori e disastri che hanno fatto ridere l’intera Comunità Internazionale. Come dimenticare l’affaire Battisti, la questione dei due marò incarcerati in India o il sorriso beffardo di Angela Merkel e Nicolas Sarkozy durante la famosa conferenza stampa di Bruxelles nel 2011. E anche nelle relazioni con Washington, la nostra Repubblica ha sempre sofferto di un eccesso di riverenza, mista a quella tracotanza tipica dei Paesi mediterranei, che il più delle volte ci ha fatto rimanere con un pugno di mosche in mano, anche su questioni importanti, che andavano ben oltre il mero orgoglio nazionale.
Ciononostante, dopo settant’anni di carriera, tra alterne vicende, la cara Repubblica Italiana continua a essere una, democratica e indivisibile. In pochi ci avrebbero scommesso nel 1946 o nel 1948, e sono ancora molti quelli che ne temono l’imminente tracollo. Eppure lei, la Repubblica, continua imperterrita il suo cammino. Nel suo messaggio per le celebrazioni del 2 giugno, il Capo dello Stato ha sottolineato come, nonostante i continui segni di stanchezza e scollamento, l’Italia sia un Paese migliore di come noi stessi, spesso, lo dipingiamo, un Paese fatto di uno straordinario capitale umano che rappresenta la nostra vera ricchezza o quanto meno una risorsa che, nel bene e nel male, ha permesso alla nostra Repubblica di spegnere le sue prime settanta candeline.
(di Christopher Rovetti)