Amarcord: Renato l’emblema di Bologna, la storia del Mitico Villa
Ancora oggi a Bologna non tutti sanno che si chiama Renato, per tutti è semplicemente “Il Mitico”, lo è da sempre, da trent’anni più o meno. Bologna non è la sua città d’origine, lo è diventata, perchè nel capoluogo emiliano si è fatto amare ed apprezzare, per doti calcistiche e soprattutto umane; a Bologna negli anni sono passati Signori e Baggio, Andersson e Gilardino, eppure il suo ricordo è più vivo che mai: la storia del Mitico Villa, l’anima di una squadra povera ma bella.
Renato Villa nasce a Castelleone (CR) il 26 ottobre 1958, non è molto alto (1 metro e 70 circa) ed ha anche la tendenza ad ingrassare un po’, il suo peso forma non scenderà mai oltre i 74-75 kg, seppur in carriera metterà su muscoli, specialmente nelle gambe, permettendogli di avere un notevole stacco di testa. Il giovane Villa ama il calcio e a sedici anni viene accettato per un provino all’Empoli: la selezione non va male, anzi, la società toscana vorrebbe trattenerlo, ma Renato, tenendo forse anche troppo i piedi per terra, rinuncia al trasferimento. Nella sua città ha già un lavoro, fa il magazziniere, ed è un lavoro sicuro che gli garantisce uno stipendio certo a fine mese, mentre il calcio al momento non gli garantisce nulla se non i sogni di gloria che ogni adolescente ha; a pallone ci gioca la sera, va ad allenarsi con varie squadre lombarde, in particolare col Pizzighettone che lo forma come calciatore, terzino sinistro per l’esattezza. Renato Villa gioca e gioca pure bene, corre, lotta, ha uno spiccato senso della posizone e non rinuncia a sgroppate nella metà campo avversaria nonostante una tecnica non sopraffina. La svolta giunge nel 1982, quando Villa ha 24 anni e lavora come camiciaio continuando a giocare a pallone per divertimento: l’Orceana, formazione del paese bresciano di Orzinuovi e che milita in Serie C2, lo chiama per un provino e gli fa poi sottoscrivere un contratto. Il difensore, inizialmente perplesso per questioni legate all’età, agli allenamenti e al fisico, accetta e si mette sotto: dieta ferrea, raddoppio delle sedute e qualche ora di palestra in più; Villa non ha paura nè del lavoro e nè degli avversari, ha senso della posizione ed intelligenza tattica. Con l’Orceana gioca per quattro anni e mette a segno anche 16 reti, quindi, nell’autunno del 1986, la chiamata che nessuno, lui per primo, si aspetta: dalla serie B ecco infatti il Bologna che ha seguito con attenzione questo terzino sinistro così combattivo e tenta l’azzardo, il salto di due categorie e l’approdo nel torneo cadetto.
Villa arriva a Bologna e per prima cosa deve affrontare un provino sotto gli occhi dell’allenatore Vincenzo Guerini; giunto al campo di allenamento intorno alle ore 15, il difensore lombardo viene accolto dal tecnico che gli chiede se abbia pranzato; Villa risponde: “Si, ho mangiato due panini all’autogrill”. Guerini lo guarda sbigottito, non è esattamente la risposta che si aspettava da un professionista, da un ragazzo che deve affrontare la serie B. Si ricrederà, Guerini: la prova va più che bene, Villa marca agevolmente gli attaccanti del Bologna, l’allenatore è soddisfatto, quel ragazzo gli piace per grinta e qualità calcistiche, così il Bologna lo tessera nel mercato di riparazione del campionato 1986-87. Guerini si fida del nuovo acquisto e lo manda in campo già alla prima giornata utile, a Lecce, dicendogli che dovrà marcare Pablo Pasculli, attaccante argentino dei pugliesi e fresco campione del mondo con la nazionale sudamericana ai mondiali messicani. In molti pensano che Villa abbia timore, sia imbarazzato nel ritrovarsi in pochissimi mesi dai campacci della C2 agli stadi della serie B; lui, invece, non è imbarazzato per niente, tutt’altro: per il ragazzo cremonese marcare in serie C o in serie B non fa molta differenza, lui si muove allo stesso modo. Lecce-Bologna 2-2 del 26 ottobre 1986 è l’esordio di Renato Villa in serie B, nonchè esordio con quella che diventerà la sua seconda pelle, la maglia rossoblu. Diventa immediatamente titolare, anche se il Bologna, partito per tornare in serie A, chiude il torneo con un anonimo decimo posto; è però la stagione successiva, quella 1987-88, che per Villa e per la formazione felsinea sarà straordinaria: la squadra, affidata al mago della zona Luigi Maifredi, domina il campionato con un gioco spettacolare e Villa è il pilastro della difesa, corre, lotta, suda, incita i compagni, nessuno direbbe che fino a quattro anni prima vendeva camicie e giocava a calcio solo nel tempo libero. Il 15 maggio del 1988, Maifredi deve fare i conti con un’emergenza rilevante in attacco, non ha punte da schierare contro la Triestina, così manda in campo Villa come centravanti, maglia numero 9 sulle spalle; neanche stavolta Renato si scompone più di tanto, già nelle gare contro Sambenedettese e Modena è andato vicino al gol, magari giocando da attaccante è la volta buona per riuscirci. E il gol arriva, in tuffo di testa, lo stadio Dall’Ara applaude per oltre due minuti consecutivi quella rete, rendendo omaggio a quello che ormai è un idolo assoluto del pubblico bolognese. A fine stagione arriva la promozione in serie A e quell’appellativo che Villa non si toglierà mai più di dosso: Il Mitico. La leggenda narra che ad affibbiarglielo sia stato Lucio Dalla, appassionato tifoso rossoblu e rapito dalla tenacia del gioco di Villa, ma in generale tutta Bologna conia il soprannome per il suo beniamino che alla soglia dei trent’anni fa il suo debutto in serie A il 9 ottobre 1988 nella gara che il Bologna vince 2-0 a Pisa. Per Villa un altro debutto coi fiocchi e nessun timore nell’affrontare la massima categoria, semplicemente l’ennesimo frutto del suo lavoro, della sua costanza e dei suoi sacrifici. Villa non ha paura neanche degli avversari più forti, marca Careca, Van Basten e Vialli nello stesso modo in cui si destreggiava in serie B coi vari Frutti e De Falco. I primi due anni di serie A sono eccellenti, Villa si è adeguato alla perfezione al gioco a zona di Maifredi e il Bologna al termine del campionato 1989-90 conquista pure la qualificazione alla Coppa Uefa, aggrappato anche a quello che nel frattempo è diventato il capitano rossoblu ed ha iniziato a giocare sempre più spesso da difensore centrale. A giugno del 1990 Maifredi saluta Bologna e passa alla Juventus, mentre in Emilia arriva Franco Scoglio. La stagione 1990-91 è la peggiore in serie A della storia del Bologna: i rossoblu perdono terreno all’inizio, complice l’apporto a fasi alterne dell’ungherese Lajos Detari, il talento della squadra, Scoglio viene rimpiazzato da Radice ma le cose non cambiano e i felsinei precipitano in classifica. In quel campionato, il Bologna batte ogni record negativo possibile, perde il sentito derby col Cesena sia all’andata che al ritorno, prende 4 gol dall’Atalanta, 4 dal Bari, 4 dal Torino, 6 dal Milan, contro la Roma al Dall’Ara va in vantaggio per 2-0 e finisce col perdere 3-2. Le prestazioni di Villa iniziano a scendere, il Mitico è travolto dall’andamento scadente di una formazione che retrocede in serie B senza praticamente aver mai partecipato concretamente alla lotta per la salvezza. Le prospettive per il Bologna sono quelle di un immediato ritorno in serie A, Villa, ormai vicino al ritiro, stanco e con qualche problema di tenuta fisica, vuole aiutare la sua squadra a risalire, ma non farà in tempo.
La società richiama in panchina Maifredi, scottato dalla deludente avventura juventina ed in cerca di rilancio come i rossoblu. Entrambi falliranno nell’impresa ed il tecnico verrà esonerato in autunno dopo un inizio di stagione deludente nonostante il 7-1 all’esordio contro il Cosenza, la squadra affidata a Nedo Sonetti che non riesce però nell’impresa di scalare la classifica e riportare il Bologna in serie A chiudendo il campionato nelle retrovie della classifica, al 13.mo posto. Renato Villa decide di chiudere la carriera da calciatore il 14 giugno del 1992 al termine di Casertana-Bologna 1-0, sente di non farcela più fisicamente, ha forse anche esaurito le energie mentali. Avrebbe preferito lasciare col Bologna di nuovo in serie A, ma la città e la tifoseria gli tributano comunque il saluto che merita, per loro è il Mitico Villa e basta, sempre e dovunque, qualsiasi sia la categoria della formazione rossoblu.
A Villa arrivano richieste dal Palermo e dalla Salernitana, ma lui declina ogni proposta, ha chiuso col calcio e non si vede in alcun altro posto se non Bologna dove ha giocato per quattro anni collezionando 194 presenze e 6 gol. Prova ad intraprendere la carriera di allenatore, prima nel calcio e poi nel Calcio a 5, ma dopo una serie di vicende negative, compresa un’accusa di combine, Villa chiude l’avventura in panchina ed apre una scuola calcio a Casalecchio di Reno vicno Bologna: un’oasi di verde e pallone con quasi 400 bambini iscritti, la gestione di Renato Villa e la collaborazione di tanti ex calciatori rossoblu, dal portiere Cusin ai centrocampisti Poli ed Anaclerio. Per tutti il Mitico Villa rappresenta l’icona del calciatore del Bologna, leale ma cattivo, corretto ma determinato: ha amato e ama Bologna così come Bologna ha amato ed ama quel ragazzo venuto dalla Lombardia e capace di caricarsi sulle spalle una città così grande.
di Marco Milan