Elezioni Spagna, trionfa Rajoy
Tornare alle urne dopo appena sei mesi dalle ultime elezioni. Arrivarci dopo mesi di frammentazione e ingovernabilità, incertezza e speranza, alleanze impossibili e infinite campagne elettorali.
Il popolo iberico è tornato a votare e lo ha fatto appena dopo l’epocale rottura del Regno Unito con l’Unione Europea, appena dopo aver osservato gli effetti del populismo inglese guidato da Farage, appena dopo il crollo delle borse dell’area Ue, della sterlina, appena dopo il serpeggiante sbigottimento generale.
Sarà questo ad aver fatto cambiare idea a milioni di spagnoli analizzati dagli exit poll nei giorni precedenti alle elezioni. Sembrava che Pablo Iglesias, una volta conquistata la faticata alleanza con Izquierda Unida, si dovesse affermare come leader definitivo del nuovo primo partito della sinistra spagnola, superando in percentuale di voti e numero di seggi il Psoe. Complice forse il vicino referendum inglese, Unidos Podemos perde quasi il 3% di voti rispetto a sei mesi fa.
È Mariano Rajoy a trionfare: 137 seggi su 350, 13 in più rispetto a dicembre, il 33% dell’elettorato ha preferito il vecchio Pp. Il Psoe di Pedro Sanchez in barba a Iglesias e i suoi accordi, si conferma la seconda forza politica di Spagna, con il 22,7% delle preferenze. La neo formazione di centrodestra anti-casta, Ciudadanos crolla e conquista solo 32 seggi e il 13%, il calo è notevole se si pensa che al suo esordio ne aveva ottenuti 40.
Appare in ogni caso probabile la formazione di un governo di centrodestra proprio attraverso un’alleanza con i liberali di Ciudadanos, il leader Albert Rivera fa sapere di essere pronto ad aprire un dialogo con il Partito Popolare. Poche altre le opzioni per il Pp: una coalizione con i socialisti, oppure un governo di minoranza dei popolari.
Dato inequivocabile di queste ultime elezioni in Spagna è il netto calo dell’affluenza alle urne, si parla di una delle affluenze più basse nella storia della Spagna post franchista. Alle 18 i punti in meno rispetto all’ultima consultazione invernale erano ben sette. Per misurare la questione in numeri l’affluenza è stata del 51,2%, contro il 58,2% di dicembre.
Il post-elezioni sogna l’indubbio naufragio del sogno politico di Iglesias, la mancata realizzazione della sua volontà di sovvertire con il nuovo il mondo politico spagnolo. Almeno per ora. I suoi 37 anni e il giovane movimento del quale è a capo conta migliaia di giovani sostenitori; vedremo se il futuro iberico e quello europeo, faranno girare la fortuna di Podemos.
Mariano Rajoy, il galiziano inaffondabile, resta in pista, sorpreso lui stesso di tale risultato. Non ha la maggioranza a coprirgli le spalle è vero, vittima della morte del bipartitismo spagnolo, diventato un gioco di forza quadrangolare dopo l’irruzione di Podemos e Ciudadanos. Per il politico spagnolo, 61 anni, presidente del Pp dal 2004, premier dal 2011 dopo essere stato sconfitto due volte da Zapatero, ora inizia un periodo impegnativo e complicato: quello della Gran Coalicion, dovrà negoziare con due partner, il Psoe e Ciudadanos, intenzionati in verità a mandarlo in pensione.
I prossimi mesi saranno durissimi non solo per Rajoy, ma per tutto il popolo spagnolo, le trattative si annunciano difficili, nonostante le prime timide dichiarazioni di volontà. Vedremo se i buoni propositi basteranno ad evitare alla Spagna il ritorno alle urne per un terzo scrutinio.
(di Azzurra Petrungaro)