Elezioni USA 2016, Trump: “Make America safe Again”
La dog whistle politic della Convention Repubblicana a Cleveland: siete in pericolo e solo un uomo può salvarvi. Ecco come Trump colpisce con le parole
Lunedì 18 luglio, a Cleveland, in Ohio, si è aperta la convention del partito repubblicano, durante la quale è stata ufficializzata la nomina di Donald Trump a candidato per la presidenza degli Stati Uniti. Capitolo finale di queste primarie alle quali il mondo intero aveva guardato con enorme interesse, l’ufficializzazione della candidatura del tycoon statunitense è stato un show perfettamente in linea con il resto della sua campagna.
Ogni giornata è stata dedicata a un tema: “Make America safe agan” “Make America work again” (per gli appassionati di serie tv, chiaro il rimando a America Works, di House of Cards), “Make America First again”, “Make America one again”.
Il grande inizio è stato “Make America safe again”, cavallo di battaglia di Trump durante tutta la sua campagna delle primarie. Con un’oculata scelta dei relatori e degli argomenti, le nevrosi e la paure degli statunitensi sono state eviscerate e messe in pubblico, sfruttate per rassicurare il pubblico di una cosa: Donald J. Trump è l’uomo che vi farà sentire al sicuro. Specialmente i parenti di vittime uccise da “illegal aliens”, hanno raccontato vere e proprie storie dell’orrore dissezionate senza risparmiare i dettagli cruenti, per mostrare che il nemico viene da fuori, che bisogna impedirgli di entrare per essere al sicuro. Non sono mancate le stilettate a Hillary Clinton, dato che c’erano anche molti parenti delle vittime di Benghazi. Punto centrale della giornata, però, è stato il discorso di Melania Trump. Per la prima volta effettivamente sotto i riflettori, il discorso della terza moglie del candidato è finito nell’occhio del ciclone per accuse di plagio. Nel discorso Melania ha raccontato della sua infanzia in Slovenia, dei valori che le hanno trasmetto i genitori e poi è passata a tracciare un ritratto di Trump come l’unico in grado di salvare gli Stati Uniti dall’orlo del baratro. È stato subito notato, però che delle frasi che risultano molto simili a un discorso di Michelle Obama del 2008. La famiglia Trump ha prima negato ogni accusa di plagio, per poi rilasciare un comunicato in cui spiegava che si era trattato di un errore della scrittrice del discorso, Meredith McIver. In un comunicato stampa, la scrittrice, che aveva già collaborato con Trump per la scrittura dei suoi libri, ha dichiarato di aver lasciato per errore nel draft finale delle frasi a cui Melania voleva ispirarsi.
I riferimenti alla violenza e il dipingere un’immagine apocalittica è continuato anche nelle giornate successive, nonostante i temi fossero diversi. Eppure nelle parole, nelle citazioni dei relatori, le minacce che gravano non solo sugli stati Uniti, ma sul mondo intero, tornavo, più o meno velatamente. Anche Trump ne ha fatto cenno nel suo discorso di accettazione, una nota cupa, seguita dai palloncini e coriandoli di rito.
Laddove nelle convention dei partiti di solito si cerca di umanizzare, far empatizzare il pubblico con il candidato, in questa si ha avuto la netta impressione di una discesa verso toni più dark, uno sfondo cupo dal quale Trump doveva emergere come l’unica via di salvezza, un eroe salvatore. È stato chiaro nel discorso di Melania (“He will never ever give up, and most importantly, he will never ever let you down.” Un altro simpatico Easter Egg, per chi fosse appassionato di scherzi internettiani, volendo) e ancora di più in quello di Ivanka, prima figlia del magnate, che ha dipinto alla convention l’immagine del padre come il Lancillotto per una nazione Ginevra.
La folla lo ha adorato, il mago di Oz che promette non un cuore, o coraggio o un cervello, ma che promette tasse inesistenti, rifacimento dei lavori pubblici, lavoro per tutti e la sicurezza dagli “altri”. Altri su cui la storia degli Stati Uniti è stata fondata.
(di Francesca Parlati)