Premi Nobel 2016: non solo Bob Dylan

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Anche per quest’anno l’Accademia di Svezia e quella di Norvegia hanno assegnato i premi nati dall’eredità culturale e dal lascito economico di Alfred Nobel. Scemate le polemiche per l’assegnazione del Premio Nobel per la Letteratura a Bob Dylan è giunto il momento di dare il giusto spazio agli altri vincitori

I primi premi Nobel furono assegnati dall’Accademia di Svezia e da da Comitato per il Nobel norvegese nel 1901 grazie a una volontà testamentaria del chimico e industriale svedese Alfred Nobel. Divenuto famoso e ricco per aver inventato la dinamite, il signor Nobel decise “egoisticamente” di creare il premio per evitare di essere ricordato solo ed esclusivamente per l’invenzione che lo aveva reso celebre, ma anche terribilmente inviso a molte persone. Così nacquero i premi Nobel, che da oltre un secolo rappresentano la più alta onorificenza mondiale nei campi della fisica, della chimica, della medicina, della letteratura, del mantenimento della pace e dell’economia. In realtà il premio Nobel per l’economia è stato istituito solo più tardi, nel 1969, dalla Banca Centrale di Svezia, la quale però lo assegna in memoria del fu signor Nobel.

Anche per questo 2016, le due istituzioni scandinave hanno fatto le loro scelte assegnando i premi a esimi studiosi, a fini letterati e grandi personalità politiche. Solitamente il premio che più degli altri suscita polemiche e accese reazioni è quello per la Pace in quanto più legato a scelte di tipo politico e ideologico. Al contrario, quest’anno, i commentatori si sono concentrati sull’assegnazione del Premio Nobel per la Letteratura al cantautore statunitense Bob Dylan, scelta da più parti criticata e che, in generale, ha spinto molti a dire la propria. Ora, con tutto il rispetto per mister Dylan, gli accademici svedesi e norvegesi non hanno conferito solo il Premio Nobel per la Letteratura, ma hanno spremuto le loro meningi assegnando anche tutti gli altri premi a uomini e studiosi di spessore altrettanto elevato.

Basti pensare al Premio Nobel per la Pace, andato quest’anno al presidente colombiano Juan Manuel Santos, per il suo straordinario impegno nella risoluzione del conflitto civile che da anni affligge il suo Paese. Alcune settimane fa, l’enorme sforzo compiuto da Santos e dal suo Governo ha portato alla firma di un accordo di pace con i guerriglieri delle FARC, un risultato assolutamente impensabile prima dell’inizio della sua presidenza. Certo questo non significa che da domani la Colombia diventerà un Paese senza problemi, ma ciò non toglie che i risultati raggiunti da Santos siano assolutamente eccelsi e degni di essere premiati con quello che per molti è il Nobel con più ricadute a livello politico e mediatico. Peraltro, come si legga nella motivazione, il premio è simbolicamente dedicato a tutto il popolo colombiano per la sua straordinaria forza di volontà, che non è mai venuta meno anche negli anni più bui della guerra civile.

Non meno merito è stato il Nobel per la Chimica, assegnato a Jean-Pierre Sauvage, Sir James Fraser Stoddart e Bernard Feringa. I tre studiosi, provenienti da tre università diverse, sono stati insigniti del premio per il loro lavoro nell’ambito delle nanomacchine, che li ha portati a progettare e realizzare le cosiddette macchine molecolari, delle molecole in grado di compiere delle azioni attraverso stimoli specifici. Il premio arriva molti anni dopo i primi risultati raggiunti dai tre studiosi, tutti risalenti agli anni novanta e ben più tardi rispetto al 1984, anno in cui il premio Nobel per la fFsica, Richard Feynman, predisse che sarebbero state create delle macchine in scala nanometrica.

E pensate ai materiali di nuova generazione, il cui impiego è ormai di uso comune in rami quali l’elettronica e la scienza dei materiali. Se oggi abbiamo a disposizione tutte queste cose lo dobbiamo anche al lavoro di tre fisici quantistici sudditi di sua Maestà britannica, che rispondono ai nomi di David Thouless, Dancan Haldane e Michael Kosterlitz. Il lavoro dei tre studiosi nel campo delle fasi topologiche della materia condensata, roba incomprensibile per il 99% del genere umano, ha sbaragliato la concorrenza delle favoritissime onde gravitazionali, la cui esistenza è stata dimostrata proprio nel febbraio del 2016. La “materia esotica”, così è stato definito l’oggetto degli studi dei tre scienziati britannici, ha dunque strappato il Nobel a quella che da molti è stata definita come la scoperta del secolo, ma che forse è arrivata troppo tardi rispetto ai tempi tecnici di valutazione previsti dall’Accademia di Stoccolma.

Grande deve essere stata anche la gioia di Oliver Hart e Bengt Holmström, i due economisti che quest’anno hanno conquistato il Premio Nobel più “giovane” fra quelli assegnati in memoria o per volontà di Alfred Nobel. I due studiosi sono stati premiati per il loro incomparabile contributo alla teoria dei contratti e in particolare per gli strumenti tecnici da loro creati a supporto di questa teoria. Secondo gli accademici svedesi, l’importanza del lavoro di Hart e Holmström è data dall’enorme quantità di contratti che tengono insieme le economie moderne.

È invece finito in Giappone il Premio Nobel per la Medicina, assegnato quest’anno a Yoshinori Ohsumi, per le sue scoperte sui meccanismi dell’autofagia. Attraverso questi particolari processi, le cellule riciclano le sostanze di scarto e riescono a eliminare virus e batteri. Non solo, sempre attraverso l’autofagia avviene anche la divisione cellulare, che sta alla base dello sviluppo degli embrioni, viene rallentato l’invecchiamento e vengono evitate pericolose mutazioni.

Dunque non solo Bob Dylan, ma una lunga serie di menti che definire geniali sembra essere riduttivo. Certo il cantautore di “Mister Tambourine Man” è forse il più famoso dei premiati, quello più “commerciale” per il grande pubblico, ma non per questo gli altri vincitori non devono ricevere quel plauso universale che dovrebbe spettare a tutti quegli uomini e a quelle donne che hanno fatto grande il genere umano con il loro cuore, la loro mente o le loro azioni straordinarie.

(di Christopher Rovetti)

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