Assisi, “Vedere, narrare, comprendere”: quale direzione del giornalismo di oggi?
Convegni, incontri, dibattiti dal 7 al 9 ottobre alla Cittadella dell’ospitalità di Assisi
Giornalisti, operatori dell’informazione e aspiranti provenienti da ogni angolo d’Italia, si sono dati appuntamento ad Assisi dal 7 al 9 ottobre per la scuola di formazione Ucsi (Unione Cattolica Stampa Italiana) intitolata a Giancarlo Zizola, giornalista Rai scomparso cinque anni fa.
Una tre giorni di dibattiti, incontri, laboratori tra professionisti, e non solo, che hanno scelto di riflettere sulla direzione intrapresa oggi dal giornalismo partendo dall’analisi di tre verbi: “vedere”, “narrare” e “comprendere” in un’era in cui inforteinment (insieme di informazione e intrattenimento) e disintermediazione sono le nuove parole chiave.
Si è passati da un linguaggio razionale (tipico degli anni ‘80), a quello emozionale (che ha caratterizzato gli anni ‘90) per finire oggi al linguaggio narrativo.
Ad accompagnare gli incontri delle tre giornate di formazione e confronto, padre Francesco Occhetta, giornalista de “La Civiltà cattolica” e Vania De Luca, vaticanista Rai.
Etica e deontologia al centro dell’attenzione, con lo sguardo sempre puntato ai processi di trasformazione in corso: nel weekend nella Cittadella dell’ospitalità, si è parlato di multimedialità e crossmedialità con Andrea Melodia, giornalista Rai ed ex presidente Ucsi, dell’importanza delle immagini nei prodotti multimediali insieme al fotogiornalista Francesco Zizola, per finire con una tavola rotonda sul tema “Media e minori” e i rischi che le nuove generazioni possono incontrare in rete.
Brillante l’intervento di Francesco Badaloni, responsabile editoriale del gruppo l’Espresso e “architetto” della rete. Badaloni ha tenuto i giornalisti con il fiato sospeso descrivendo, con un linguaggio e un approccio tipici di un umanista, i cambiamenti in atto nel giornalismo, paragonato a un ecosistema aperto. Usando la metafora del grafo, Badaloni ha definito “l’architettura” della nostra realtà come un insieme di interazioni; allo stesso modo il giornalismo non è fatto di linee ma di reti.
“Noi percepiamo i nodi attraverso i sensi e l’esistenza delle relazioni attraverso le emozioni (…) in quanto comunicare è produrre delle relazioni in funzione”. In fondo cos’è l’uomo se non un ecosistema che scambia continue relazioni nel tempo e nello spazio?
E ancora Badaloni: “Comunicare è fare in modo di disegnare la memoria che le persone avranno delle relazioni”, ne deriva che “siamo ciò che connettiamo”. I giornalisti, quindi, non sono chiamati tanto a produrre un contenuto, quanto a “metterlo in relazione”.
Da qui la nuova definizione di contenuto: “un supporto digitale con il quale le persone possono in qualche modo interagire”. In quest’ottica un contenuto è anche un link, un commento, una correzione apportata a un testo, un software, i dati, le citazioni, i video, i tweet. E ancora, compito del giornalista non è più o, non soltanto, quello di creare informazioni, ma luoghi. Cioè il giornalista deve essere in grado di creare “un contesto in cui le persone possono pensare e agire”.
Il contenuto acquista valore quando passa da una persona a un’altra, quando crea cioè relazione: “è per questo tipo di esperienza che siamo disposti a pagare, mai per l’informazione in sé”.
fonte immagine: www.ucsi.it
(di Anna Piscopo)