Legge di bilancio 2017: il testo passa alle Camere
La legge di bilancio passa all’esame delle Camere dopo la bollinatura del Quirinale. Per il Governo si preannuncia un passaggio tortuoso fra riduzione delle tasse, recupero degli investimenti e gli immancabili spot pre-elettorali
Il testo della legge di bilancio per l’anno 2017 ha finalmente ricevuto la bollinatura del Quirinale, che ne ha autorizzato la trasmissione alle Camere per l’esame e, a meno di sorprese, per l’approvazione. Già perché, come sempre accade quando il Parlamento si trova a dover discutere il bilancio dello stato, i colpi di scena dell’ultima ora, o per dirla calcisticamente i goal in zona Cesarini, non sono mai da escludere completamente. Più che mai quest’anno visto che per la prima volta verranno applicate le regole sulla struttura del bilancio dello stato introdotte dalla legge 234 dicembre 2012.
Come è cambiata la legge di bilancio dopo la riforma
In linea di massima, con l’introduzione del pareggio di bilancio nella nostra Costituzione, si è reso necessario incorporare la legge di stabilità e la legge di bilancio in un unico testo. Per questo motivo il disegno di legge presentato alle Camere si compone di due parti distinte: una prima sezione normativa, contenente le misure funzionali a realizzare gli obiettivi triennali di finanza pubblica, e una seconda parte contabile, che comprende la previsione delle entrate e delle spese di bilancio dello stato sulla base della normativa vigente. Anche l’iter legislativo per l’approvazione è cambiato in modo sostanziale. In primo luogo le tempistiche sono slittate in avanti, ma ciò che più conta è che il Parlamento è ora tenuto a esaminare una legge con una struttura completamente nuova cosa che potrebbe trasformare l’iter legislativo in un percorso pieno di insidie se non addirittura in un vero e proprio pantano.
Un esame complesso già a partire da quello compiuto dalla Presidenza della Repubblica, la cui rapidità di analisi ha permesso di inviare il testo alle Camere prima dell’inizio di novembre affinché il Parlamento potesse calendarizzare la discussione a partire dal rientro dal ponte di Ognissanti. Perché come ogni legge di bilancio che si rispetti, anche quella per il 2017 presenta un articolato abbastanza corposo, sebbene l’ultima stesura del MEF risulti più asciutta rispetto a quelle precedenti. 104 articoli che, nei piani del Governo Renzi, dovrebbero permettere al nostro Paese di mettere al sicuro i conti, ottimizzare la spesa pubblica, ripartire le risorse in modo più efficiente, dare nuovo impulso alla ripresa economica ed evitare qualsiasi tipo di sanzione da parte di Bruxelles. Un progetto ambizioso quello di palazzo Chigi che tuttavia potrebbe non essere gradito completamente dalle istituzioni dell’Unione.
Le spese previste
Tante, forse troppe misure insieme, che apporteranno benefici solo per il prossimo anno e poi tante misure dal lato della spesa pubblica, che rischiano di infastidire non poco la Commissione Europea. Fra le spese previste, la parte del leone la faranno le misure sulle pensioni, che costeranno al bilancio statale oltre 2 miliardi di euro, e quelle relative al rilancio degli investimenti pubblici che in tre anni passeranno da 1,5 a 5,2 miliardi. E poi ulteriori investimenti per il pubblico impiego, la “Buona scuola”, l’università, l’infanzia e le agevolazioni fiscali per le ristrutturazioni edilizie. Nel testo, sono presenti anche fortissimi richiami al rafforzamento dell’impegno del Governo per la lotta all’evasione fiscale. Spariscono invece, dal disegno di legge, gli stanziamenti per il dopo EXPO, decisione che ha già mandato su tutte le furie il Governatore della Lombardia, Roberto Maroni. È polemica anche sulle risorse per la lotta alla povertà, che dovrebbero aiutare i 4,6 milioni di italiani che non riescono ad arrivare alla fine del mese, ma che da più parti sono ritenute assolutamente insufficienti allo scopo. Per contro le fondazioni bancarie dovrebbero usufruire di ulteriori sgravi fiscali.
Da ultimo c’è l’Europa, che da prima sostenitrice del premier Renzi rischia di trasformarsi nel peggiori degli incubi del Governo italiano. Già perché, dopo le continue richieste di flessibilità sui conti per far fronte al problema migranti, Matteo Renzi ha chiesto che anche gli stanziamenti per la ricostruzione delle zone terremotate di Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo rimangano fuori dal conteggio di bilancio. Sebbene Bruxelles abbia già dato l’ok in merito, la Commissione ha fatto sapere, nemmeno troppo velatamente, che terrà sotto stretto controllo i conti pubblici italiani, per evitare che le deroghe alla flessibilità sfocino in qualcosa di più simile alla finanza creativa. Pacata, ma netta la replica del Premier, che oltre ad aver rispedito al mittente le accuse, ha ricordato all’Unione che la questione migranti è un tema europeo e che sarebbe impensabile far mancare le risorse per la ricostruzione delle zone terremotate, per motivi legati ai vincoli di bilancio. Zone, peraltro che, come ha sottolineato il Presidente del Consiglio rappresentano la culla stessa degli ideali e dei simboli europei, se consideriamo che proprio nella disastratissima cittadina di Norcia visse quasi mille anni fa, San Benedetto, oggi patrono d’Europa.
(di Christopher Rovetti)