Mourinho si rialza in Galles; la prima rondine, farà primavera?

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Nel finesettimana forse più complicato da quando siede sulla panchina che fù di Alex Ferguson, e forse anche tra i più complicati della sua carriera, Josè Mourinho ritrova il sorriso, con suo Manchester che sbanca il Liberty Stadium di Swansea, e torna al successo in Premier dopo tre pareggi e una sconfitta (il pesantissimo 0-4 patito dal Chelsea di Antonio Conte) negli ultimi 40 giorni.

Il successo ottenuto in Galles è sicuramente fondamentale nelle economie di classifica e spogliatoio dei Red Devils in quanto riporta la compagine più blasonata di Manchester a contatto con zone di classifica più consone (nonostante la distanza ancora notevole dalle prime piazze) e trova nel tabellino dei marcatori due dei calciatori più discussi dello United di Mourinho, Ibrahimovic e Pogba, ma va preso con le pinze per almeno due validi motivi.

Il primo, suffragato dai numeri di una classifica impietosa, è la stagione fin qui disastrosa dello Swansea:  a secco di vittorie dal 13 di Agosto (quasi tre mesi),  i gallesi contano in questo primo scorcio di Premier della miseria di 5 punti in classifica. Alla fortunosa vittoria in casa del Burnley di Ferragosto sono seguiti due pareggi e otto sconfitte, con l’esonero di Guidolin che evidentemente non è bastato a curare i maledegli Swans. Le sette sconfitte nelle ultime otto gare costringono quindi a esaltare con giudizio la netta vittoria dei ragazzi di Mou, che comunque può rallegrarsi per i tre punti.

Il secondo, relativo invece ai Mourinho Boys, è la poca serenità e la mancanza di amalgama che sembra ancora aleggiare attorno al Manchester. Partendo dalla strettissima attualità, non possono stridere con la vittoria di ieri le parole dell’(ex?) Special One al termine della vittoriosa trasferta del Liberty Stadium: “Questa mattina Smalling e Shaw mi hanno detto che non erano al 100% e che non se la sentivano di scendere in campo. Ho dovuto ricostruire la linea difensiva a poche ore dall’inizio della partita. Non è stato semplice. Per fortuna abbiamo uomini come Ashley Young e Phil Jones che si sono messi a disposizione nonostante avessero pochi allenamenti nelle gambe. È anche grazie a questi giocatori che si costruiscono vittorie come quelle di oggi”.Veri e propri macigni, che si accompagnano alle parole pronunciate dallo stesso tecnico portoghese lo scorso giovedì, dopo la sconfitta maturata per 2-1 sul campo del Fenerbahce, quando José ebbe a dire che mentre il Fenerbahce aveva preparato la partita “come fosse una Finale di Champions”, i suoi giocatori l’avevano affrontata con il piglio di un amichevole.

A parere di chi scrive non sono le difficoltà di gioco dello United a colpire, nè alcuni equivoci tattici generati dalla gestione di Mou (Pogba schierato in mediana, per fare un esempio) che ne evidenziano ancora una volta la maggior caratura sotto il profilo psicologico e motivazionale rispetto alla mera preparazione tecnica e tattica. A colpire è proprio l’atteggiamento dello “Special One”, famoso nelle sue stagioni più fortunate per la riconosciuta abilità nel creare dei gruppi solidi come il cemento in campo e nello spogliatoio, rivelandosi insormontabili anche contro avversari sulla carta più quotati: se non si vuol correre troppo all’indietro con la mente all’Inter o al Porto, portate dal portoghese sul trono d’Europa nel 2010 e nel 2004, basti pensare al Chelsea riportato sul trono d’Inghilterra due stagioni fa dopo alcune annate di transizione. Solito schermare il proprio sacro spogliatoio esponendosi alle critiche in prima persona a mò di parafulmine, Mourinho pare non aver trovato la stessa simbiosi, al momento, nella sua esperienza nella Manchester rossa, e il mancato innestarsi di quel sacro legame con la squadra potrebbe invece condurre al risultato diametralmente agli antipodi: una squadra divisa proprio a causa del proprio allenatore, che nella Premier League più spettacolare di sempre rischia di ritagliarsi un modesto ruolo da comprimario tale quasi da far rimpiangere van Gaal.

Già silurato nella seconda stagione del Mourinho-bis a Stamford Bridge per ragioni che vagamente richiamano l’attuale condizione dello United, mancanza di risultati e spogliatoio diviso, lo Special One ha ancora tutto il tempo per rimettere in piedi una stagione ancora lunghissima, ma i risultati in Premier non necessitano di commenti particolari: 18 punti conquistati in 11 uscite, con 8 punti di svantaggio già maturati dalla vetta occupata dal Liverpool di Jurgen Kloop, sono un bottino decisamente troppo misero per una club che nella scorsa sessione estiva ha immesso sul calciomercato 185 milioni di euro regalandosi calciatori del calibro di Ibra, Pogba e Mkhitaryan, e per un allenatore che non ha mai mancato di professarsi come il più bravo della classe.

Il successo di Swansea può rappresentare l’inizio della riscossa dei Red Devils, ma in un ambiente di per sè già rovente Mourinho sa di non poter scherzare troppo con il fuoco; evolutosi (purtroppo?) verso una mentalità di stampo più europeista infatti, il calcio inglese non sembra avere più la proverbiale pazienza di cui tanto, spesse volte, si è parlato, e un’assenza di risultati (e gioco) nel breve periodo rischiano di rimettere in discussione il tecnico di Setubal. La (ri)partenza sembra però delle migliori, ma come dice il proverbio, una rondine non fa primavera: per Mou e lo United, che di tempo ne hanno già perso parecchio, è tempo di diventare una Squadra di mettersi a volare.

 

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