Penelope e l’arte della tessitura politica
Riceviamo e volentieri pubblichiamo l’editoriale del Filosofo Carcea
E’ difficile immaginare quanto sia stato importante il ruolo di Penelope nella costruzione della Polis greca fino, addirittura alla politica come oggi la conosciamo. La sua antica arte, la tessitura, il lavoro a cui le donne erano dedite, diventerà la base di una rivoluzione che farà di Penelope la madrina, per lo più disconosciuta di un Occidente che passa dalle conquiste guerriere alla cultura del lavoro, dal volere degli dèi a quello degli uomini e dell’agire impulsivo a quello misurato. Lavoro, razionalità, futuro, ma anche un punto di domanda, e cioè, come è riuscita Penelope a trasformare una antica arte, pedissequamente ritualizzata nel trascorrere monotono del lavoro quotidiano in una opportunità di futuro che ha trascinato con sé Ulisse e la sorte dell’umanità a venire? Compiendo un considerevole balzo in avanti, la risposta, per quanto possa sembrare inattuale, la troviamo all’interno della preoccupazione dei politici del nostro tempo, ossessionati da un dato che ritengono sconfortante, ossia la costante minaccia dell’astensionismo e della mancanza di partecipazione politica, che si riassumono in un solo termine: disillusione. Al centro della cittadinanza, parafrasando Gilles Lipovetsky, campeggia l’era del vuoto invece che del voto, lo squarcio che lo determina è dovuta alla disillusione per una delle parole meno amate nell’immaginario collettivo, ossia la politica. Il fronte dell’assenteismo aumenta e con esso quello dei disillusi i quali battono numericamente i delusi e gli indignati, ossia coloro che in qualche modo hanno creduto a progetti, impegni, programmi e poi ne hanno verificato la mancata realizzazione. I disillusi, invece, non vogliono neanche porre un punto di domanda, un commento, una valutazione, per questi ultimi non c’è nulla da salvare, avvertono la estraniante sensazione del sentirsi impotenti nonostante l’arma del voto, del referendum e dello sciopero. La disillusione allontana i cittadini dalla politica, i quali uscendo fuori dalla “Polis”, dismettono i panni della cittadinanza per regredire alla banale consolazione dell’Oikos, della vita privata, divorziando dal lavoro e dall’idea di futuro. Il contrario della disillusione sembra essere un robusto realismo, che tradotto in azione politica rischia di considerare quest’ultima come una sorta di “cambusa” o un magazzino pieno di scorte che i politici dovrebbero semplicemente distribuire a tutti senza preferenze e magari senza ruberie. Ed è per questo che i nostri giovani, adusi a pensare alla realtà, per lo più in questi termini, non credono nella politica, perché in essa regnano corruzione e avidità, ma anche indifferenza per la sorte degli altri. Abbiamo buone ragioni, che ci accingiamo ad argomentare, per ritenere che il contrario di disillusione non sia realtà, non dobbiamo dimenticare che esiste un termine medio che è quello di illusione, ed è a questo termine che ci induce a formulare un punto di domanda: da quando l’illusione è divenuta una categoria politica, ponendosi tra la disillusione, e la realtà?
Sicuramente da quando la formazione del consenso, delle scelte e delle decisioni, devono tenere conto della sensibilità e dell’implicazione psicologica richiesta da una cultura fondata sulla socializzazione di punti vista individuali, Marcuse docet. Tornando a Il mito di Penelope, dobbiamo dire che, con straordinaria preveggenza ci ha insegnato qualcosa di enorme valore, ancora prima che l’Umanesimo facesse il suo ingresso nella storia. Il mito racconta che la nostra Madrina, nella solitaria roccaforte di Itaca, è presa d’assalto dalla famelica sete di potere dei Proci, questi le chiedono di decidere e in fretta, di scegliere e indicare l’uomo che avrebbe preso il posto di Ulisse. La richiesta si fa pressante e la semplice arte del quotidiano lavoro non sarebbe servita a Penelope a farla uscire dalla difficoltà, neanche distraendola. La furia dell’incalzare degli eventi rischiano di annichilirla, essendo costretta a scegliere un uomo che sarebbe diventato un sovrano senza altri meriti, se non quello di affermare la propria onnipotenza. Ma, è proprio a questo punto che accade qualcosa di straordinario, Penelope deve guadagnare tempo se vuole che ci sia una pur esile speranza che Ulisse ritorni, quindi decide di far finta di compiere il lavoro di tessitura che in realtà non compie. Ed “ecco il miracolo”, la finzione produce un effetto rivoluzionario, quello di “sradicare” il telaio dal suo uso quotidiano e di utilizzarlo per un altro scopo che ha come esito, tra l’altro non intenzionalmente atteso, e cioè di costruire una immagine mentale potentissima che persiste come se fosse di fronte ai suoi occhi: Ulisse è vicino a lei. Possiamo dire che ciò sia il frutto di una illusione, ma si saprà qualche millennio dopo la narrazione omerica quanto la finzione e l’illusione siano importanti in psicologia. Ulisse sarebbe tornato, o forse no, ma ciò che è certo e che la rivoluzione della nostra eroina, avrebbe, comunque raggiunto il suo scopo, visto che da quel momento, la forza evocatrice dell’immaginazione, divenendo eidos, forma, raggiunge la sua autonomia rispetto alla percezione sensibile, e così, la forza delle idee sarebbe, in seguito divenuta la forza del cambiamento. La politica, dopo di ciò, non sarebbe stata più semplice ardimento, frutto di coraggio, di forza fisica e di misteriosa alleanza con gli dèi, bensì forza delle idee. Omero ha scelto una donna per pensare in modo rivoluzionario, gettando le basi del futuro dell’agire politico ancora prima di Platone e Aristotele e molto in anticipo sulla rivoluzione medioevale e moderna. Ed ecco che la regione sconfinata di Urano, del cielo, le impervie altezze dell’Olimpo si riducono all’ordito su cui Penelope tesse. L’ago per imbastire la tessitura si sostituisce alla lancia usata dai guerrieri nella pugna, e infine, lo stesso operoso lavoro al telaio diventa arte dell’attesa paziente, strategia capace di sospendere il presente, e fare spazio al nuovo. Penelope tesse e differendo il tempo raggira i Proci, ossia i burocrati del suo tempo, pensando a Ulisse, finisce per renderlo partecipe di una rivoluzione ancora prima che egli possa compierla di persona. Nessun buon inizio, come direbbe D. Winnicott, può fare a meno dell’attesa dell’Altro, al contempo, nessuna attesa che non voglia essere mero delirio può dimenticare ciò che ci siamo lasciati alle spalle, e di seguito, nessun presente deve distruggere lo spazio di illusione, non nell’accezione di vuota speranza, bensì di progettualità indissolubilmente legata all’idea socializzata di un futuro da costruire insieme.
di Giuseppe Carcea
Non ho mai riflettuto sul fatto che ‘ illusione potesse essere una categoria politica. In ogni caso sono convinta che i disillusi siano fruitori di immagini consolatorie, magari quelle della quotidianità, mentre per il potere contano le idee. Ma, allora l’ elezione di Trump è un mistero, visto che nessuno conosce, se non vagamente le sue.mi chiedo, le illusioni possono sostituire la realtà?
Realismo politico, quale real politik? Siamo in un carrozzone mediatico come nei film di Fellini.
Illlusione o la realtà, siamo in orbita, non si capisce più nulla.Ecco come si conclude la mitologia del imiti del progresso….
Realpolitik?….Penso che l’ illusione sia un passaggio obbligato , ma dove ci conduce? La politica potrebbe essere illusione? O forse la realtà lo è?
Illusione o realtà? Ecco come si conclude la mitologia dell’idea di Progresso. Questa indefinita marcia verso un incremento senza limiti….già senza freni, ed ecco che ognuno è costretto a essere un personaggio in cerca d’AUTORE.
Doppio commento, forse hai sentito la necessità di integrare l’articolo con il “dilemma pirandelliano”. Sono convinto che la questione dell’identità, il famoso chi siamo, sia al centro della questione delle scelte e delle decisioni. Ormai gli orizzonti sociali e politico-istituzionali in cui possiamo attingere certezze di appartenenza sono sempre più volubili.
È molto interessante il nesso tra il realismo umano, quello di Penelope versus quello del potere politico, questo’ ultimo determinato a confondere realtà è finzione.
La classe politica, pur di acquisire consenso, ha fatto e disfatto senza costrutto, quindi l’elettorato ha perso la fiducia poiché vede una mancanza di interesse per il popolo ed una cura solo per gli interessi delle caste , politiche e di parte .
sono d’accordo, ormai la politica non può fare a meno dell’effetto illusionistico della persausione occulta.
Mi piace, l’articolo coglie un nodo spinoso del nostro tempo, cioè il rapporto tra realtà e finzione. Ormai la politica vive nella cabrrna di Platone
Sempre ottimi e acuti spunti.
“Il come se”, l’illusione come progettualità, la finzione che produce un effetto rivoluzionario…mi sembra un buon inizio. Grazie. Ottimi spunti per riflessioni e future azioni.
complimenti all’autore dell’articolo
Grazie.
La finzione è la spina nel fianco della realtà…o no?
Interessante e affascinante l’immagine di Penelope …
Complimenti
È sempre un piacere leggere gli scritti del Dott. Carcea le sue analisi sono sempre lucide e chiare. Complimenti.
l’illusione prodotta da penelope è tutt’altra cosa dall’illusionismo del potere politico
l’illusione prodotta da penelope non ha nulla a che vedere con l’illusionismo politico.
bravo, mi piace
la politica di oggi riabilita un antico mito, quello della Caverna platonica, ossia il luogo delle immagini, perpetuamente fruite dagli spettatoti, ma che non diventeranno mai idee.
Sto cercando di inviare il mio commento, ma non lo vedo pubblicato….volevo che mi rispondesse sulla analogia tra le immagini di Penelope e il mito della caverna di cui parla Platone.
Articolo che pone in risalto l.’ Arte per costruire le idee, nello stesso tempo, questa arte le nasconde
Interessante la figura di Penelope che cerca di prendere tempo nel tessere la sua tela, ingannando e illudendo i Proci, nell’attesa che arrivi il suo amato Ulisse…mi piace il termine illusione associato alla politica, perchè oggi chi la rappresenta è corrotto…inganna e illude, portandoci alla non fiducia e di conseguenza non siamo piu’ incentivati ad andare a votare…quindi di chi ci dobbiamo fidare????penso che a questo punto non ci sia nessuna risposta!!!…Complimenti per l’articolo
Illusione come spazio personale per rimanere vivino alle immagini che ci consolano, e poi, magari diventano idee. Illusionismo come macchina della persuasione occulta. Quest’ ultima ci tiene aggiogati al potere. Grazie per il commento. Alla prossima.
“nessun presente deve distruggere lo spazio di illusione”. Parole affascinanti e di grande ispirazione.
Ho fatto un intervento ma non è stato pubblicato…stavo dicendo che non è un caso che il potere femminile, semore sottovalutato, sia il vero motore del cambiamento, gli uomini gestiscono il potere, verticisticamente inteso, le donne sono preoccupate a distribuire risorse e opportunità, la cultura maschile ad approvvigionarsi ilpotere…è questa è fonte di illusionismo.
Non riesco a intervenire al Forum, problemi di piattaforma?
Rispondendo all’autore, mi chiedo se la questione dell’illusione sia legata alla nostra epoca o è il frutto della natura umana, del lavorio della psiche?
Ho inviato il commento ma non lo vedo.
Volevo dire che L’imitazione e la finzione sono caratteristiche della conoscenza, farsi conoscere vuol dire fingere anche in senso non intenzionale?
articolo con contenuto altamente istruttivo…l’imitazione e la finzione tra realtà e sogno….siamo combinati male, quando le immagini sono liberatrici e quando rappresentano gabbie dorate che imprigionano la consapevolezza?
Sono i cittadini a essere illusi o è la politica a illudere?