Stop di Facebook all’utilizzo dei dati Whatsapp per la pubblicità
Il passo indietro dopo le pressioni dei garanti della privacy in Unione Europea
Nella moderna economia digitale, il vero potere sono i dati. E chi ne raccoglie più di Facebook, ormai onnipresente nelle nostre vite, anche grazie a Whatsapp?
Proprio l’app di messaggistica è il pomo della discordia. L’app è stata acquistata dal colosso di Zuckenberg nel 2014 e in estate era stato annunciato il suo utilizzo per la profilazione a scopi pubblicitari degli utenti. Oggi però il colosso dei Social network fa un passo indietro in Unione Europea e blocca questo nuovo utilizzo dei dati.
La decisione deriva dalle grandi pressioni subite dalle 28 autorità garanti della privacy dei Paesi Europei. Era stata anticipata da un primo stop in Gran Bretagna, ma il fermo adesso è esteso a tutti i paesi dell’Unione. In una lettera firmata da tutte le autorità, era stato chiesto a Whatsapp di fermare questa condivisione fino a quando non fossero state assicurate tutele legali appropriate ai cittadini dell’Unione Europea.
Proprio corretta informazione e consapevolezza degli utenti sono stati i pilastri fondamentali delle argomentazioni dei garanti della privacy. La piattaforma non è stata chiara con gli utenti, dando loro la possibilità di sottrarsi alla condivisione dei loro dati. La finestra di tempo per disabilitare l’opzione era di 30 giorni a partire dall’ultimo aggiornamento di Whatsapp.
Proprio a riguardo, in Italia l’Antitrust si era mobilitato con una doppia istruttoria: verificare se la società americana aveva obbligato i propri utenti ad accettare la condivisione dei suoi dati sfruttando la disinformazione) e la verifica di alcune clausole che potrebbero risultare vessatorie.
La velocità del dietrofront dimostra che Facebook aveva affrontato in maniera non abbastanza approfondita la questione della privacy in Europa. Una leggerezza difficilmente perdonabile in un momento così delicato: proprio in questi giorni si sta avviando il test di Privacy Shield. Le norme più stringenti alle quali dovranno attenersi le compagnie, sono contenute nella Direttiva Data Protection, già approvata e che entrerà in vigore a maggio 2018. La direttiva era stata discussa in seguito alle rivelazioni di Eric Snowden, che aveva messo a nudo la sorveglianza di massa degli Stati Uniti al di fuori della sua giurisdizione e senza riguardo per la privacy.
Non stupisce che questo spauracchio abbia messo uno stop alla profilazione pubblicitaria degli utenti. Facebook ha però dichiarato che continuerà a raccogliere i dati per scopi amministrativi e per implementare i filtri antispam. Può sembrare un segno di buona fede, ma nulla vieta che più in là Facebook torni alla carica, per trovare il modo di utilizzare i dati nel pieno rispetto della legge. Del resto, analizzando il Privacy Shield, si può vedere che anche in questo caso ci sono dei loophole.
Non si tratta di un sistema perfetto, ma in futuro saranno sempre più necessarie norme a tutelare i dati degli utenti; dopotutto siamo cittadini di una società ormai digitale.
(di Francesca Parlati)