USA. Trump ha giurato come presidente: “Il potere tornerà al popolo”
Trump ha giurato. Primo atto da presidente la firma di un decreto esecutivo diretto alle agenzie governative per ridurre il peso dell’Obamacare.
Davanti a 250 mila persone radunate per assistere all’evento (per il giuramento di Obama si presentarono 2 milioni di persone), Donald J. Trump ha giurato davanti la scalinata di Capitol Hill (il Campidoglio, sede ufficiale dei due rami del Congresso Usa) come 45esimo presidente degli Stati Uniti.
“Giuro solennemente che eseguirò con fedeltà l’incarico di presidente degli Stati Uniti. Con le mie migliori capacità difenderò la loro Costituzione. Dio, aiutami a far questo“.
Presenti Obama e Michelle e gli ex presidenti Jimmy Carter, Bill Clinton e George W. Bush, accompagnati dalle rispettive consorti. Unico assente, tra gli ex presidenti ancora in vita, George H. W. Bush, ricoverato in un ospedale texano per una polmonite.
A nulla sono valsi i tentativi dei giornalisti presenti, di ottenere una dichiarazione di Hillary Clinton, presente alla cerimonia, la quale ha preferito esprimersi via Twitter: “Sono qui per onorare la democrazia e i suoi valori duraturi. Non smetterò mai di credere nel nostro paese e nel nostro futuro“.
L’America di Trump sarà America first. “Compra americano, assumi americani” è lo slogan del nuovo presidente contro la globalizzazione e all’insegna del protezionismo economico e del nazionalismo politico. Forse finirà l’era dell’America garante dell’ordine globale e paladina del liberismo economico.
Quello di Trump è stato un discorso intriso di nazionalismo, di isolazionismo e protezionismo dei confini, delle industrie e del commercio, a tratti anche xenofobo. Ma il discorso di Donald Trump non è stato una sorpresa quanto ai temi e ai toni. Trump ha ribadito punto per punto i principi, i cardini e le promesse che fatte in campagna elettorale e che gli hanno garantito la vittoria. “America First”.
Breve e timido il richiamo all’unità, alla necessità che il Paese superi le sue divisioni e vena polemica contro l’establishment, contro la politica “che ha protetto se stessa e non i cittadini di questo Paese” causando la “carneficina americana” l’ha chiamata Trump, la fine della classe media.
Nessun riferimento diretto alla democrazia e al ruolo degli Stati Uniti nel mondo (se non la necessità di “sradicare il terrorismo islamico”).
L’America di Trump è quella che si protegge, che persegue il proprio interesse, che compra e che vende.
Di fatto, la questione economica ha dominato il discorso di insediamento, mentre completamente trascurata è stata la politica estera. “L’America avrà la precedenza su tutto, dopo un periodo in cui gli Stati Uniti hanno difeso i confini delle altre nazioni” ha chiarito Trump.
“Questa cerimonia ha un significato molto importante. Non è solo il trasferimento da un’amministrazione a un’altra. Stiamo ridonando il potere al popolo. Per troppo tempo un gruppo ristretto di persone ha gestito il governo. La prosperità era solo per i politici, non per le imprese. L’establishment ha protetto se stesso, non le imprese. Non sono stati i trionfi della gente, c’era poco da celebrare per le famiglie che lottavano in tutti gli Usa. Da ora tutto cambia. E’ il vostro momento, vi appartiene” dice Trump. Il potere ritorna al popolo.
E prosegue: “Ma troppi dei nostri cittadini vivono intrappolati nella povertà, imprese che chiudono, l’istruzione che viene meno. E anche i crimini, le droghe che mietono vittime e ci tolgono tanto potenziale. Tutto questo finisce adesso, in questo momento“. “La middle class è stata tagliata fuori dalla redistribuzione della ricchezza. Ma questo è il passato. Ora guardiamo al futuro” conclude Trump.
E nel giorno dell’insediamento, proteste e tafferugli contro la nuova presidenza durati anche nei giorni successivi.
Oltre 200 arresti a Washington. Sono varie le manifestazioni dei vari gruppi, dagli anti-razzisti alle femministe, ai pacifisti, agli immigrati e ai fautori della legalizzazione della marijuana.
Manifestazione delle donne antiTrump a Washington e che si è già svolta in molte città del mondo. Si tratta della Marcia delle Donne su Washington di sabato 21 gennaio ( giorno successivo all’insediamento presidenziale di Donald Trump): le donne americane scendono in piazza. Le organizzatrici hanno precisato che non si è trattato di una manifestazione anti-Trump, ma hanno riconosciuto che le dichiarazioni intrise di sessismo, razzismo e xenofobia, che hanno segnato la campagna elettorale e la vittoria del nuovo presidente, hanno giocato un ruolo determinante nella decisione di scendere in piazza.