Palme e polemiche: Starbucks alla conquista dell’Italia
Dopo le palme di Piazza Duomo a Milano, l’arrivo di Starbucks in Italia continua a suscitare aspre polemiche. A gettare benzina sul fuoco ci ha pensato Aldo Cazzullo dalle pagine del Corriere, definendo la questione un’umiliazione per gli italiani
Starbucks non è ancora arrivato in Italia e già il caffè della catena di Seattle ha il sapore delle polemiche. Dopo la questione delle palme e dei banani di Piazza Duomo, che avevano fatto storcere il naso a più di un milanese, ci ha pensato il giornalista Aldo Cazzullo a scaldare ulteriormente gli animi scrivendo un commento al vetriolo sulla rubrica “Lo dico al Corriere”.
Ma andiamo con ordine. Qualche settimana fa la piazza antistante il Duomo di Milano ha cominciato a riempirsi di diversi esemplari di palme ai quali, in seguito, si sono aggiunti anche alcuni banani. Dopo l’iniziale stupore generale, gli abitanti del capoluogo meneghino si sono letteralmente divisi in due differenti fazioni: da un lato i sostenitori della riqualificazione “green” dello spazio, dall’altra coloro che hanno gridato all’imminente arrivo del califfato. In realtà la questione era un po’ meno profonda e decisamente più terra terra. Molto semplicemente Starbucks, la catena di caffetterie più famosa del mondo, aveva vinto un bando per la riprogettazione della piazza grazie a un progetto firmato dall’architetto Marco Bay. Il progetto prevedeva l’abbellimento del salotto buono di Milano con alberi esotici, in modo da ripristinare l’arredo urbano che esisteva all’inizio del 900. L’iniziativa della compagnia americana voleva festeggiare l’apertura del primo store italiano, previsto per il 2018 in Piazza Cordusio.
Nonostante questa semplice e ben argomentata motivazione, ben presto la notizia è apparsa su tutti i giornali italiani e la questione ha iniziato a essere dibattuta su forum, blog e social, nemmeno fosse il referendum per il nucleare. Gli italiani si sono lasciati trascinare dall’euforia e hanno pensato bene di esprimere i loro personalissimi pareri sull’argomento. Tra chi chi si chiedeva se anche gli alberi di Piazza Duomo contenessero olio di palma e chi si preoccupava del punteruolo rosso, in tanti hanno ritenuto imprescindibile commentare quanto stava accadendo all’ombra della Madonnina. A un certo punto, i toni sono diventati talmente aspri, che alcuni vandali hanno provato a incendiare gli alberi per manifestare il loro dissenso verso l’iniziativa.
Quando ormai sembrava che il caso si stesse sgonfiando, è arrivato il commento di Aldo Cazzullo sull’intera questione. Il giornalista, senza mezzi termini, ha definito l’arrivo di Starbucks in Italia una vera umiliazione per un italiano. Questo perché la catena di caffetterie di Seattle avrebbe fatto la sua fortuna attraverso un uso sapiente dell’Italian Sounding, quel fenomeno per cui le aziende straniere usano nomi italiani per i loro prodotti, al fine di associare al “Made in Italy” qualcosa che con l’Italia non ha niente a che fare. Per Cazzullo, questa sorta di peccato originale sembra fare di Starbucks una specie di cancro economico e culturale, un fenomeno possibilmente da estirpare e tenere fuori dai confini nazionali.
A quanto pare però, questo non sarà tanto facile. Nei sogni di Percassi, il gruppo immobiliare proprietario e gestore dei locali, Starbucks sbarcherà in Italia tra poco più di un anno, per poi aprire in breve tempo cinque o sei store fra Roma e Milano e circa trecento punti vendita nell’arco di cinque anni. Questo vorrà dire che la compagnia fondata da Howard Shultz, il quale non ha mai nascosto di essersi liberamente ispirato al nostro Paese per migliorare il suo business, ha intenzione di effettuare un investimento piuttosto considerevole in Italia, che avrà come prima ricaduta la creazione di una certa domanda di lavoro.
Ora, facendo un ragionamento un po’ superficiale, verrebbe da dire che Starbucks non rappresenterà un grande concorrenza per i bar delle nostre città, così come non lo è stato McDonald’s a suo tempo. Potremmo anche dire che in fondo, il “concetto di caffè” che sta alla base degli esercizi commerciali italiani e della catena americana è del tutto differente. In Italia il caffè si prende spesso in piedi o al massimo seduti mentre si legge un giornale o si chiacchiera con un amico. La tradizione italiana legata a questo oro nero è talmente radicata e sofisticata, che non ha eguali in nessun altro angolo del mondo.
Starbucks è qualcosa di differente, è posto dove i ragazzi studiano, dove si legge un libro e si discute di un progetto, sorseggiando la qualunque, perlopiù cose che con l’espresso o il cappuccino non hanno proprio a che fare. Questo però non può farci apprezzare di meno il concetto che sta alla base del successo commerciale di Starbucks. Dunque è abbastanza inutile paragonare due cose tanto diverse. Viviamo piuttosto il tutto come un’opportunità, sia occupazionale, sia per scoprire una filosofia un po’ diversa dalla nostra, che probabilmente non ci farà bere un buon espresso, ma magari ci farà vivere il momento caffè con un altro spirito.
(di Christopher Rovetti)