Editoriale. Il Nichilismo e lo spettro nella macchina

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Riceviamo e volentieri pubblichiamo l’editoriale del filosofo Giuseppe Carcea

nichilismoUn argomento molto dibattuto nel nostro tempo è il Nichilismo, soprattutto quando si vuole trovare la radice profonda del nostro modo di vivere, sperare, credere e progettare, allora tutto sembra sprofondare nella direzione del nulla. Franca D’Agostini ritiene che il Nichilismo sia un modo di definire quest’ultimo tratto della storia che coincide con il Postmoderno, ossia con l’epoca del disincanto dove tutto e il contrario di tutto sono possibili perché non c’è nessuna verità che si imponga sulle altre, anzi è la verità a non avere più una patria. Siamo convinti che il Nichilismo che in genere viene fatto coincidere con il disfattismo, se non addirittura con il pessimismo, abbia un grande valore di denuncia del realismo tecnocratico.

Prima di argomentarne i lati positivi dobbiamo prima perorare un’altra causa persa: il soggettivismo o come lo ha definito Gilbert Ryle, lo spettro nella macchina. Ryle ha fatto riferimento al “Cogito ergo sum”, al famoso “Penso quindi sono” di cartesiana memoria, facendo ben intendere che, in poche parole, tra le “quattro mura” del corpo umano non abita nessuna interiorità, niente anima, spirito, coscienza o altro. Tutto frutto di fantasiose narrazioni metafisiche se non addirittura mitologiche, questioni destinate a lasciare il passo al razionalismo disincantato dell’uomo di oggi che a questi mitologemi oppone un robusto realismo. Già, il realismo che dalla Storia moderna in poi e grazie alla scienza e alla tecnica ha provato a trasformare la Terra in un luogo sicuro, dove per sicurezza si intende ciò che è concreto, tangibile e programmabile. Insomma, è vero che il razionalismo e il realismo inaugurati dalla modernità e ai quali tra l’altro si deve l’avvio del processo di Secolarizzazione, ossia la perdita di credibilità, soprattutto dei valori religiosi, hanno messo in fuga le favole dell’esistenza e della speciale consistenza di una materia invisibile che si chiama Spirito, di una “insostenibile leggerezza dell’essere? Oppure ne hanno determinato la loro insopprimibile importanza?

Siamo fermamente convinti con chi, come Gianni Vattimo afferma che il Nichilismo non è un fenomeno culturale segnato da decadenza e disfattismo, ma è una sorta di svolta epocale al cui centro campeggia la memoria, il non dimenticare gli errori del passato, includendo tra questi la vecchia fucina della Verità intesa come conquista assoluta, incontrovertibile e oggettiva. Accogliendo con grande interesse questa interpretazione di Vattimo, siamo anche convinti – nel nostro piccolo – di riscattare un altro valore del Nichilismo, e cioè quello che si pone con ferma opposizione al realismo scientifico e tecnologico – e come abbiamo accennato, tecnocratico – a tutto vantaggio dell’affermazione della soggettività intesa come il primo laboratorio in cui la realtà esterna, percepibile con i sensi non avrebbe nessuna possibilità di essere né rappresentata mentalmente, né costruita tecnicamente se non raggiungesse una sua autonomia all’interno dei vissuti immaginali. Il primo oggetto è quello che si mostra come immagine nella sua autonomia rispetto alla stessa percezione sensoriale. L’apparente inconsistenza di questa speciale realtà è dovuta al fatto che non siamo ancora attrezzati a pensarla e ad accoglierla con sperimentate categorie, ma ciò non deve scoraggiare dal metterci in cammino sulla strada appena impegnata dal neorealismo.Non vogliamo che i contenuti della vita soggettiva vadano a serrare i ranghi nell’esercito degli esclusi, degli invisibili.

Intanto mentre parliamo la più potente macchina di persuasione ai fini dell’incremento del mercato e dell’industria culturale, sfrutta il modello di funzionamento della vita psichica. La Megamacchina costringe a un servitù volontaria i suoi adepti – dobbiamo registrare una enorme similitudine con il mito della caverna platonica – infatti ai consumatori viene mostrata una sola dimensione dell’esistenza quella del consumo. Percepiti come esigenze profonde della propria vita spirituale, simboli e immagini del consumo si alternano nel teatrino del meraviglioso mondo del desiderio, con la differenza che essi non si integreranno mai con il pensiero critico, nella caverna in questione tutti rimangono eternamente infantili, bambini. Ci chiediamo come la Megamacchina possa funzionare se non riproducesse un sistema di riferimenti che attingono proprio a quella pretesa inconsistenza immaginale che, non certo imbarazzo definiamo spirituale e che il realismo tecnocratico respinge come inesistente.

Cosa accade quando il processo dell’immaginario gestito dalla Megamacchina aggioga ogni essere umano a vivere tra simboli e immagini senza mai procedere verso il ragionamento? Non si rimane forse in una perenne festa come quella celebrata dalle baccanti? Non ci si consuma in un’orgia di banalità, futilità o dovremmo dire, all’opposto di sfrenata appropriazione di ciò che è profondamente vitale? Il caro Nietzsche non sarebbe contento di tutto ciò perché, in fondo si tratta altro di qualcosa di umano, troppo umano, ivi incluso la finzione, la spettacolarizzazione che confluiscono in un fenomeno di massa. Benvenuti nel cyber spazio del mercato 2.0, sempre più infarcito di “stregonerie” virtuali.

Domanda: abbiamo riconosciuto o no l’urgenza di vedere nel Nichilismo il grido di dolore dell’umanità che non sopporta più di vivere dimidiata, dimezzata, alienata da quella parte importante della costruzione della realtà che si svolge in regime di speciale concretezza magari intangibile e invisibile, ma non per questo meno reale?

(di Giuseppe Carcea )

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12 thoughts on “Editoriale. Il Nichilismo e lo spettro nella macchina

  1. Tema arguto, anche se complesso. In ogni caso si sente da più parti che , pare vi sia bisogno di intendere la realtà in modo nuovo o più completo.

  2. la realtà qualcosa che riteniamo sia acquisito e non necessiti di spiegazioni sembra che non sia così. non comprendo, in ogni caso che rapporto ci sia tra Nichilismo e soggettivismo, potrei avere chiarimenti?

    1. La Modernità è il modo in cui l’ uomo comprende se stesso in virtù delle entusiasmanti conquiste della scienza. In realtà il destino del comprendere chi siamo è stato sempre di dominio dei processi storici, nel senso di storia viva. Quindi la modernità celebra una nuova ontologia detrminata dal cambiamento pensato da chi ne ha cos ienza e consapevolezza:Il soggetto. Chi vive nel tempo e ne è detrminato attribuisce valore alle proprie scelte e decisioni , anche se il domio della cultura scientifica va a dimidiare questo percorso, riducendolo a un realismo esclusivo, di ciò che è tangibile. Il Nichilismo, a nostro modo di intendere è la ribellione a tutto ciò.

  3. Il Nichilismo così come è raccontato è un fenomeno positivo. Ci induce a riflettere sull’ esilio della nostra consapevolezza i cui processi sono ridotti a nulla dalla realtà così come è configurata dalla scienza, tecnica e mercato.

  4. il realismo e il neorealismo sono stati discussi soprattutto per quanto riguarda il cinema. Sono d’accordo con il fatto che abbiamo abusato del concetto di realtà, si pensi al socialismo reale rispetto a quello ideologico. Per alcuni è esistito solo quello reale, un po’ come accade alla scienza che celebra solo quella parte di realtà che si rende evidente dall’esperimento in poi. Cosa ne è di quel mondo delle idee che anche Platone custodiva come vero, anche se il suo realismo non è stato mai piegato all’evidenza concreto-sensibile.

    1. L’ esempio di Platone è molto importante, a tutta evidenza che il mondo delle idee, comunque posto in una dimensione invisibile non è per questo meno reale nella sua aitonomia.

    1. la fantasia ha a che fare con i Phantasmata con ciò che noi moderni concepiamo come elementi della vita psichica e che ci anticipano il modo in cui la realtà inizia a rendersi manifesta….quindi concretezza, anche se speciale….

  5. Ma, insomma in cosa bisogna sperare, credere e perché no, combattere..i popoli che ci stanno invadendo hanno campo libero….e noi cosa facciamo? Li fermiamo con i nostri simboli?

    1. Il valore di una rappresentazione oggettiva non è la somma di percezioni individuali. Quindi prima ci sono le mie rappresentazioni e successivamente le accordo con le altre. Affinché un oggetto venga visto da più persone che ne accordano il significato, esso, oggetto deve in qualche modo essere parte di un mondo comune. Tra la percezione individuale e collettiva si colloca l’ autonomia dell’ immagine, e ciò si rende comprensibile perché un pggetto ha sempre un dato valore…e non puo essere semplice percezione della forma. Ogni pggetto è sempte il mio il tuo, vello, brutto, indifferente ecc…

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