Eurovision Song Contest: vince il Portogallo, ma l’Italia spacca
Eurovision Song Contest incorona il Portogallo, ma l’Italia, rappresentata da Francesco Gabbani con Occidentali’s Karma, porta a casa il premio della sala stampa e fa ballare tutto il pubblico dell’International Exhibition Center di Kiev
Non ce l’ha fatta il nostro Francesco Gabbani a trascinare l’Italia alla vittoria all’Eurovision Song Contest 2017, dedicato alla celebrazione della diversità in ogni sua sfaccettatura. Il vincitore del 67° Festival di Sanremo non è andato oltre il sesto posto, ma ha portato a casa il premio speciale della sala stampa e ha riscosso il plauso del pubblico e della critica. A vincere è stato il Portogallo, rappresentato da Salvador Sobral con “Amar Pelos Dois”, una canzone vagamente ispirata al fado lusitano. Seconda classificata la Bulgaria con il giovanissimo Kristian Kostov, mentre l’ultimo gradino del podio è occupato dal trio moldavo dei SunStroke Project. Seguono Belgio, Svezia e il nostro Gabbani.
Un Gabbani che è arrivato a Kiev come favoritissimo. Bookmaker impazziti, pubblico europeo in visibilio, e un Paese intero, il nostro, che ha improvvisamente riscoperto l’esistenza dell’Eurofestival, di cui peraltro siamo stati per anni fra i principali sostenitori, nonché fra i fondatori. Eppure non abbiamo vinto moltissimo. Gli annali ricordano solo due successi per la musica italiana: quello di Gigliola Cinquetti, nel 1964, e quello di Toto Cutugno nel 1990. Poi tanti piazzamenti, come il secondo posto di Rafael Gualazzi nel 2011 e il nono di Nina Zilli nel 2012, ma niente di paragonabile a una vittoria. E forse è proprio questo che ha fatto disaffezionare gli italiani all’Eurofestival, la mancanza di un successo vero, uno di quei trionfi che fanno bene al cuore, ma soprattutto all’autostima.
In ogni modo, Gabbani è riuscito laddove né Gualazzi, né Francesca Michielin, rappresentante italiana lo scorso, erano riusciti. Questo toscanaccio dall’aria sorniona e dal sorriso contagioso ha riportato l’attenzione su un evento importantissimo, che ha fatto la storia della musica europea e per certi versi concetto stesso di cultura europea. E ammettiamolo, l’ha fatto nel migliore dei modi. Basti pensare che è merito suo, della sua canzone e della scimmia con il papillon che gli balla accanto durante le esibizioni, se la finale dell’Eurovision ha conquistato la prima serata di Rai 1, di sabato sera, sbaragliando tutta la concorrenza e facendo registrare ascolti prima d’ora impensabili. Certo non è arrivato il risultato sperato, ma Gabbani può dirsi soddisfatto, un po’ per lo straordinario affetto che gli ha dimostrato il pubblico, un po’ per le 115 milioni di visualizzazioni YouTube che ha fatto registrare la sua canzone, record assoluto nella storia dell’Eurovision Song Contest.
Gli elementi che hanno non permesso all’Italia di portare a casa la tanto sperata vittoria sono stati diversi. Da un lato l’enorme pressione mediatica che ruotava intorno a Gabbani, considerato vincitore ancor prima di partire per Kiev. Dall’altro il sistema di voto, che pur evitando vantaggi numerici per gli stati più popolosi, sembra caratterizzato da ripicche, macchinazioni e campanilismi vari. A soffrirne è stato in primis proprio il nostro cantante, che ha dovuto fare i conti con la totale mancanza di realismo di uno stato come San Marino, che lo ha beatamente ignorato dimostrandosi una specie di serpe in seno. Altro problema sono stati i voti incrociati di alcune aree regionali, che tradizionalmente vedono i Paesi votarsi a vicenda penalizzando la gara stessa.
Ovviamente, il mancato trionfo del nostro cantante ha generato una serie infinita di sfottò e piccole ripicche tra amici, che talvolta sono sfociati in azioni di vera e propria guerriglia comunicativa. C’è stato chi su Twitter ha proposto di invadere San Marino, mentre altri inveivano a suon di hashtag contro la vera o presunta mancanza di gusto musicale dei giurati. Una ragazza italiana ha addirittura modificato la pagina di Wikipedia dedicata all’Eurovision, inserendo fra le traduzioni del titolo dell’evento la dicitura “in Italia anche noto come vittoria mutilata”.
Comunque, nonostante le polemiche, quel che più conta è che questa 62° edizione dell’Eurovision Song Contest abbia permesso agli italiani di riscoprire qualcosa che è parte integrante della cultura europea. Forse ha ragione chi dice che ci vorrebbero più momenti come questi per avvicinare i cittadini europei a quel concetto d’Europa, che troppo spesso è visto come qualcosa di asettico, inconsistente e anche un po’ pesante. Per evitare questo ben vengano l’Eurovision, il ritorno di Giochi senza frontiere, i campionati europei di qualsiasi sport conosciuto e magari un vero giorno di festa, che veda tutti i cittadini del vecchio continente celebrare insieme l’Europa, che prima di essere economia, politica e leggi sulle quote latte è fatta di cultura, storia e persone.
(di Christopher Rovetti)