Trump rischia l’impeachment. Ipotesi realista?
Dopo il licenziamento del Capo dell’FBI, colpevole di per aver voluto indagare sul Russiagate, per Donald Trump alcuni pensano all’impeachment
Le principali testate americane titolano “Trump è vicino all’impeachment”, “Trump rischia l’impeachment?”, “Se continua così, rischia l’impeachment”.
Ma come scrive Giampiero Gramaglia sul Fatto Quotidiano, “l’impeachment è cosa lunga (e pure estremamente improbabile)”.
Come si è arrivati a ipotizzare la messa in stato di accusa del Presidente Trump? Le ultime settimane sono state tumultuose per The Donald soprattutto dopo il licenziamento del direttore dell’FBI, James Comey, colpevole di aver voluto approfondire le indagini sul Russiagate, cioè sulle presunte collusioni durante l’ultima campagna elettorale tra i consiglieri di Trump e il Cremlino.
Quindi i media, l’intelligence, il Congresso, consultati alcuni giuristi, hanno iniziato a interrogarsi sulla possibilità di sottoporre a impeachment il Presidente Usa per aver ostacolato la giustizia e aver messo a rischio la sicurezza nazionale del Paese.
L’impeachment, istituto del diritto anglosassone che comporta il rinvio a giudizio di titolari di cariche pubbliche qualora si ritenga che abbiano commesso determinati illeciti nell’esercizio delle loro funzioni, non è mai stato messo in pratica: lo evitò nel 1868 il repubblicano Andrew Johnson (vice di Abramo Lincoln e poi suo successore dopo l’assassinio, nel 1865, del presidente che liberò gli schiavi afroamericani con il Proclama di Emancipazione) finito sotto accusa perché in rotta con il Congresso sull’atteggiamento da adottare verso gli Stati del Sud, vinti durante la Guerra Civile; Richard Nixon, il presidente del Watergate, non vi fu mai sottoposto perché si dimise nel 1974 prima che la procedura fosse attivata; e infine, rischiò l’impeachment nel 1999 il democratico Bill Clinton per aver mentito sotto giuramento sulla relazione sessuale con Monica Lewinsky.
Per quanto riguarda Trump, si è ancora nella fase “ipotetica”. Si discute della possibilità o meno di imputargli l’accusa di ostruzione alla giustizia (avrebbe indotto Comey, poi licenziato, a insabbiare le indagini sul Russiagate) pur non essendoci prove che abbia commesso reati.
Queste le parole di Gramaglia: “Gli si contano a iosa gaffe, errori, contraddizioni, decisioni impulsive, atteggiamenti provocatori, ma non è questo il punto. Contro di lui, c’è una sorta di mozione di sfiducia preventiva della stampa, dell’intelligence e di parte della politica: lo si cerca di fermare prima che compia errori irreparabili, per la sicurezza dell’America e del Mondo – con l’attacco a sorpresa alla Siria, c’è già andato vicino”
Nel frattempo, il Dipartimento di Giustizia americano è corso ai ripari, affidando all’ex Fbi Robert Mueller le indagini del Russiagate: dalle interferenze di Mosca sulle elezioni presidenziali Usa del 2016 ai possibili legami tra la campagna di Donald Trump e agenti russi.
“Le indagini dimostreranno che non c’è stata nessuna collusione tra la mia campagna ed alcuna entità straniera. Spero che questa questione si chiuda rapidamente.” Così Trump in una nota diffusa dalla Casa bianca. E su Twitter affonda: “Con tutti gli atti illegali avvenuti nella campagna elettorale della Clinton e nell’amministrazione Obama non è mai stato nominato un commissario speciale. È la più grande caccia alle streghe di un politico nella storia americana”.
(di Alessandra Esposito)