Editoriale. Nordisti e Sudisti, risposta a Diego Fusaro

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Riflessione sull’intervento di Diego Fusaro sulla Legenda del male del nostro tempo, il mercato unico

Nell’intervento alla trasmissione televisiva Nemo, Diego Fusaro ha indicato la Legenda del male del nostro tempo, ossia la prevaricazione del modello di Mercato Unico, ossia il capitalismo neoliberista nell’era della Globalizzazione. Questione economica par excellence, per cui il tardo capitalismo si impone all’intero Globo terrestre finendo per accentuare le discriminazioni che hanno da sempre contrapposto il mondo dei potenti rispetto a chi il potere non l’ha mai avuto, il mondo ricco a quello povero.

Nel corso del tempo la lotta per il potere – che ormai in questo scorcio di secolo indossa la maschera del libero Mercato – nasconde un colonialismo che in altri periodi della storia si è affermato con le guerre. Si pensi a ciò che è accaduto durante e dopo l’unificazione dell’Italia nel 1861. Secondo Fusaro, l’Unità d’Italia è stato un evento paradigmatico, sotto la sua egida si è svolta – questione argomentata da Gramsci nei Quaderni del carcere – la sopraffazione del Nord Italia sul Sud, che si è perpetrata in maniera violenta, con un lungo stuolo di ingiustizie, soprusi e sopraffazioni, indirizzati all’appropriazione delle risorse, ivi inclusi i popoli che ne hanno fatto parte. Cosa è cambiato da allora? Nulla, afferma Fusaro, la storia, come egli ama dire, si ripete e con essa rimangono invariati le leggi dell’asservimento dei popoli. La sola differenza, rispetto a quell’evento, consiste nel fatto che l’Italia è, per così dire, in buona compagnia, insieme alla Spagna e alla Grecia indossa i panni del Sud sopraffatto dall’Europa dell’Euro e del modello del Mercato Unico.

I nuovi schiavi vengono dal Sud, il Sud del Mondo, costretti all’immigrazione e resi deboli dalla precarizzazione lavorativa cronica, dalla cancellazione dei diritti e dal conseguente furto di identità. Per combattere tutto ciò, sempre secondo Fusaro, non rimane che l’uscita dalla UE per riaffermare la sovranità nazionale, e ritornare a essere liberi. Questa soluzione ci consentirebbe di diventare di nuovo autonomi, scegliendo le leggi e le regole del nostro modo di fare Mercato, Società civile e Welfare.

Dobbiamo dire che, nonostante un certo apprezzamento per l’argomento trattato da Fusaro – d’altronde chi potrebbe negare di essere contro la sopraffazione dei popoli – ci troviamo nel solito singolare imbarazzo che si genera di fronte a risposte che avvincono ma non convincono, almeno fino in fondo, qualcosa rimane, qualche perplessità, una certa riserva di dubbio che cerchiamo di argomentare.

Non ci sentiamo di demonizzare del tutto la retorica, siamo convinti che al di là dell’etichetta con cui la si definisce e cioè di dare risposte semplici a problemi complessi, essa abbia, almeno – così vogliamo pensare – una certa forza di denuncia delle storture del tempo, quanto ad avere risposte, beh, di questo non siamo sicuri.

Non siamo d’accordo con Fusaro circa l’analisi, in stile “scuola del sospetto”, di una visione Sovranista dello Stato e della Politica, che attribuisce loro un primato che in realtà hanno perduto da molto tempo. Fusaro non sembra tenere conto del fatto che il capitalismo è fondato sul principio fortemente divisivo del: Divide et impera, che consente – Marx docet – al capitalista di avere il possesso dei mezzi di produzione e delle forze produttive, ivi incluso il destino lavorativo di milioni di salariati.

Domanda: basta tornare alla comunità organica, al sogno di una collettività coesa e pacificata che vive all’interno del contenitore della sovranità nazionale, affinché si possa considerare neutralizzata la potenza divisiva del capitale? E’ veramente possibile invertire le lancette del tempo e correggere la deriva di una economia che ha sempre più acuito la diseguaglianza sociale, affermando un nuovo primato della sovranità dello Stato?

Non siamo convinti, dicevamo, che “ la tavola rotonda “ della UE possa essere disertata e che gli effetti nefasti dell’anarco-capitalismo che richiedono un ripensamento – qualora fosse possibile – delle regole del Mercato, possano essere risolti con una soluzione vagamente organicistica dello Stato, in stile comunitarismo americano. Sarebbe bello pensare che la sovranità nazionale sia il Pharmacon capace di gestire la distribuzione delle risorse economiche bilanciando la discrasia tra Nord e Sud. E’ più realistico pensare – e qui è il caso di accogliere l’idea che la storia si ripete – che si assisterebbe a una rinascita dell’ingiustizia e della sopraffazione sul suolo della nostra Terra.

Ormai le coordinate degli investimenti economici non hanno più frontiere, riguardano l’intero Globo terracqueo e come ci ricorda Parag Khanna, – eminente studioso asiatico del fenomeno della Globalizzazione – sono tracciate dalla Connectography, cioè dalla rete Web del Mercato 2.0.

La carta dello sviluppo economico e degli investimenti è assoggettata alle Supply chain, ossia alla lunga filiera della distribuzione dei prodotti, questione che pone in secondo piano sia la produzione delle merci che il consumo. Questa concezione dell’economia è subordinata all’ organizzazione tecnica che la riduce a “una macchina ben oliata” e gestita nel viatico degli “imprenditori-carovanieri 2.0 “ mossi alla conquista di nuove terre.

A questa concezione dell’organizzazione tecnica dell’economia, contrapponiamo l’idea di una Globalizzazione che tiene conto dei nostri ordini valoriali: la Storia, il valore della Persona, i diritti, la libertà responsabile.

(di Giuseppe Carcea )

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9 thoughts on “Editoriale. Nordisti e Sudisti, risposta a Diego Fusaro

  1. Ben tornato….Si, ritorniamo alla dimensione Italia, come correttivo ai mali di un intero secolo. Diego Fusaro ha il farmaco, diventiamo una comunità? Sarà difficile, è troppo tardi. Si deve andare avanti.

  2. Forse non c’ è più una Patria. Ormai sembra che le stesse idee siano nomadi, come dice Galimberti….ritornare indietro, sapendo che ciò in cui siamo: la UE, non è il migliore dei mondi posdibili, vabbè, in ogni caso, secondo me si deve continuare a insistere sul progetto Europa. Fusaro èmolto bravo, ma in questo caso ha ragione Lei, come si possono arginare i disastri del capitalismo, anzi dell’ anarco- capitalismo?

  3. Cara Francesca, sono d’ accordo, non si torna indietro, soprattutto, -come ho detto nell ‘ Editoriale – se cerchiamo di azzerare le lancette del tempo e tornare indietro. Impensabile, soprattutto con il capitalismo e la forza divisiva.

  4. Siamo nel bel mezzo di un disastro che, suppongo non sia più recuperabile: crisi del lavoro, dei diritti, del futuro, dell’ identità. Devo continuare? Sono d’ accordo con l’ autore dell’ editoriale, non illudiamoci che ” tornando a casa” la realtà cambi…non siamo su scherzi a parte, non si torna indietro. La sicurezza non è nei luoghi, ma nei processi.

  5. Ho dimenticato di citare M. Heidegger che interpreta Holderlin: ” là dove c’ è il male c’ è anche la cura”.Bisogna rimanere in Europa…

  6. L’ Europa unita, ormai non e certo la politica a unificarla…la moneta? In ogni caso tutto è molto imprevedibile, le nostre stesse esistenze sono allo sbando…eppure l’ istituzione della famiglia contunua ad esiatere. Lo stesso accade in Europa, esiste, noi stessi esistiamo, si, vabbene, ma chi siamo?

  7. Caro Nicola la tua domanda finale è in stile Roberto Speranza, Orlando, ecc., Chi siamo? Che dire…dobbiamo chiederlo a chi fa di tutto per disconfermare ogni proposta che viene avanzata per progettare idee, cercare soluzioni, ecc. Pertanto dobbiamo confermare il proposito di procedere nella direzione dell’ Europa.

  8. Già, il lavoro, mentre si discute del fatto che non sappiamo se è ancora il più importante fattore di riproduzione sociale. Senza lavoro significa, non solo perdere i diritti, quanto la possibilità di essere ancora in una civiltà. Eppure la società continua a funzionare, il ché indica la disarticolazione tra lavoro, produzione, consumo e capitale.

  9. L’Europa è terra di conquista…non può essere abbandonata. Quante volte per motivi di incertezza vorremmo abbandonare ciò che facciamo nella quotidianità, ciò che fa parte della nostra vita in comune. Viva l’ Europa.

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