Indietro nel tempo con I Viaggi di Adriano: il Vittoriano
Storia, emozione e uno sguardo privilegiato su Roma: resoconto di una domenica culturale
Il Vittoriano, l’Altare della Patria, il Monumento al Milite Ignoto. Tanti sono i nomi attribuiti a uno dei più discussi monumenti di Roma. Non a caso, accanto alla varietà di titoli, esistono altrettanti nomignoli, alcuni simpatici, irriverenti, altri invece dispregiativi e sprezzanti. Si va da macchina da scrivere a dentiera fino ad arrivare a torta nuziale: la forma dell’imponente monumento richiama ognuno di questi oggetti e il popolo romano (insieme ai turisti), nel corso del tempo, non si è lasciato sfuggire l’occasione per dimostrare sarcasmo e talvolta dissenso nei confronti di un’opera certamente estranea al contesto circostante per stile, conformazione e storia. Ed è possibile percepire immediatamente questa distonia, a partire dai piccoli dettagli.
Da piazza dell’Ara Coeli al Vittoriano
Attraversando Piazza dell’Ara Coeli e lasciandosi alle spalle il Campidoglio, si possono ammirare i resti di un’insula romana, conosciuta, appunto, come l’Insula dell’Ara Coeli. Risalente al II secolo d.C. l’edificio rappresenta, nonostante le mutazioni subite nel corso del tempo, una testimonianza dell’urbanistica estensiva di Roma in piena età imperiale. Osservandolo è facile essere catapultati in un mondo ormai immaginario, fatto di vicoli colmi di abitazioni a più piani che i proprietari sceglievano spesso di affittare: i resti dell’insula restituiscono tuttora una fotografia della Roma imperiale che si perde progressivamente continuando a camminare lungo il marciapiede che conduce all’entrata principale dell’Altare della Patria. Il bianco accecante inizia infatti ad invadere il nostro campo visivo: si tratta del Marmo Botticino di Brescia, scelto dall’architetto Giuseppe Sacconi come alternativa al classico travertino.
Perché il marmo Botticino e perché Brescia? Esistono due motivazioni. La prima è puramente tecnica. La pietra utilizzata per la costruzione del Vittoriano resiste all’inquinamento atmosferico perché caratterizzata da bassi valori di assorbimento e porosità. Certo nessuno, neanche l’architetto Sacconi, alla fine dell’800 avrebbe potuto immaginare cosa sarebbe diventata Roma da lì ai prossimi 150 anni: la quantità spropositata di agenti inquinanti presenti oggi nell’aria della Capitale ha di fatto neutralizzato questa qualità del marmo bresciano che resta, tuttavia, una pietra di grande pregio. La seconda spiegazione è, invece, di natura geografica – politica: fu il bresciano Giuseppe Zanardelli, Presidente del Consiglio nel 1878, a firmare la legge per la costruzione del monumento dedicato a Vittorio Emanuele II. Un Presidente nativo di Brescia non poteva che appoggiare e sottoscrivere la scelta di un marmo proveniente dalla sua provincia.
Arrivando di fronte all’entrata principale, inizia il viaggio nella storia dell’altalenante realizzazione del monumento. Osservandolo dal basso, si comprende il richiamo ai grandi santuari ellenistici come l’altare di Pergamo e il santuario della Fortuna Primigenia di Palestrina. Il Vittoriano è, di fatto, composto da tre parti principali: la scalinata, l’altare e il sommoportico.
Le diverse fasi realizzative ricalcano, in qualche modo, anche i nomi con i quali è conosciuta questa maestosa opera. Partiamo dal primo: il Vittoriano. Il richiamo a Vittorio Emanuele è chiaro e scontato. Si tratta di Vittorio Emanuele II di Savoia, primo re di Italia. Alla sua morte, avvenuta nel 1878 per cause naturali, si decise di deporre la salma nel Pantheon e di innalzare un monumento che celebrasse il Re di Italia come Padre della Patria e con lui l’intera stagione risorgimentale. Se, infatti, la statua equestre di 12 metri che domina l’altare è il simbolo più evidente della commemorazione a Vittorio Emanuele II, tanti sono i richiami all’amor di Patria, valore dominante del risorgimento.
A partire dalle iscrizioni dei due propilei a tempietto che racchiudono il grande colonnato in stile corinzio e “sorreggono” le due quadrighe bronzee realizzate tra il 1924 e il 1927: sul propileo di sinistra si legge patriae unitati, su quello di destra civium libertati. All’unità della Patria e alla libertà dei cittadini è infatti dedicato l’Altare: a testimoniarlo, tra gli altri simboli presenti, ci sono le statue delle regioni italiane posizionate nel sommoportico, il bassorilievo alla destra dell’Altare che rappresenta il Trionfo dell’Amor Patrio, la statua della Dea Roma posta al di sopra dell’Altare, che indica la volontà risorgimentale di avere la città eterna come capitale di Italia. E, salendo sulla terrazza panoramica, si comprende che non poteva essere diversamente: da lì si può percepire la grandezza di Roma, al fianco delle due quadrighe che sembrano prepararsi a spiccare il volo tra i cieli della città caput mundi.
Le date principali
Giusto un paio di date: in un primo momento, il complesso monumentale venne inaugurato da Vittorio Emanuele III il 4 giugno 1911, in occasione dell’Esposizione internazionale per i cinquant’anni dell’Unità d’Italia. Poi, nel 1921 il monumento fu scelto per accogliere la salma del Milite ignoto, con una cerimonia che si svolse il 4 novembre alla presenza di Vittorio Emanuele III, della regina Margherita e di un’immensa folla di popolazione. Da quel momento, la salma riposa ai piedi della Dea Roma e la qualifica di Altare della Patria è diventata sempre più forte e sentita. Come data di completamento definitivo del Vittoriano si può infine indicare il 1935, quando vennero inaugurate le aree attualmente dedicate alle varie mostre e iniziative.
Qui per gli approfondimenti sull’Altare della Patria
I Viaggi di Adriano
Artefice di questa visita domenicale è stata l’associazione I Viaggi di Adriano che, con entusiasmo e professionalità, restituisce agli appassionati le nozioni ma soprattutto le emozioni dei fatti e dei monumenti storici romani.
(di Giulia Cara)