Amarcord: l’Atalanta di Vavassori che sognò lo scudetto
L’Atalanta è notoriamente riconosciuta e celebrata come la regina delle provinciali italiane, ovvero la migliore fra le piccole, la formazione di una città non capoluogo di regione ad aver ottenuto i risultati più prestigiosi in serie A. Una Coppa Italia vinta, quasi 60 partecipazioni alla massima serie e ben 6 campionati di serie B vinti (record condiviso con il Genoa); traguardi importanti per una provinciale, mai realmente considerata grande ma che grande una volta ha provato ad esserlo veramente, anche se per poche settimane, facendo sognare ad occhi aperti una città intera.
La stagione 2000-2001 in Italia parte tardi perchè la Lega stabilisce che l’inizio del campionato slitti di oltre un mese rispetto al consueto per garantire riposo ai calciatori che sono stati impegnati nelle Olimpiadi di Sidney, terminate a fine estate. E così il settembre calcistico italiano si concentra sulla Coppa Italia, notoriamente poco eccitante per i tifosi che stavolta invece si attaccano alla coppa nazionale per mancanza di alternative; ed ecco subito la prima sorpresa, perchè l’Atalanta, fresca di promozione in serie A, con un organico giovanissimo e formato per lo più da ragazzi provenienti dal settore giovanile bergamasco, guidata dall’esordiente tecnico Giovanni Vavassori (anch’egli ex allenatore della Primavera) dopo aver superato la Reggina nel primo turno, fa fuori la Roma agli ottavi di finale, pareggiando 1-1 all’Olimpico e travolgendo i giallorossi a Bergamo con un perentorio 4-2 che determina anche una feroce contestazione del pubblico romanista alla squadra di Fabio Capello che è tra le favorite per vincere lo scudetto. L’Atalanta è una compagine ben organizzata che sfrutta benissimo le corsie laterali ed ha nel centrocampista Massimo Donati e nel fantasista Cristiano Doni gli elementi più talentuosi della rosa; il tecnico, come detto, è al debutto in serie A dopo aver allenato per 10 anni le formazioni del settore giovanile atalantino, vincendo nel 1998 lo scudetto alla guida della Primavera. All’esordio in serie B ha conquistato la promozione ed ora si appresta a vivere la serie A, conosciuta solamente da calciatore negli anni settanta, giocando peraltro anche con la maglia dell’Atalanta.
I nerazzurri hanno destato un’ottima impressione nelle prime uscite di Coppa Italia, ma il campionato è tutt’altra cosa, la squadra di Vavassori resta una potenziale candidata alla retrocessione, con una salvezza da conquistare ed un organico che qualcuno ritiene troppo giovane per reggere l’urto della serie A, a partire da un allenatore esordiente che ha pochissima esperienza in panchina. Il 1 ottobre 2000 parte (finalmente) il campionato e l’Atalanta ospita i campioni d’Italia in carica della Lazio di Sven Goran Eriksson; insomma, inizio peggiore non potrebbe esserci per la giovane truppa bergamasca: i ragazzotti in maglia nerazzurra sfidano i campioni in biancoceleste con lo scudetto sul petto e la sfida sembra impari; i gemelli Zenoni contro Veron e Simeone, Doni a cercare di impensierire Nesta e Mihajlovic, tutto lascia presagire ad una passeggiata per una Lazio che parte pure alla grande segnando proprio con Mihajlovic dopo 3 minuti. Sembra fatta per la formazione romana che non ha però ancora fatto i conti con i terribili atalantini che, giovani o non giovani, sanno bene il fatto loro: al 20′ Pancaro mette la palla alle spalle del proprio portiere per il pareggio dei nerazzurri. L’Atalanta è una furia in campo, corre, contrasta e imposta l’azione, la Lazio si ritrova a giocare di rimessa, quasi fosse lei la provinciale; al 58′, poi, i nerazzurri ribaltano la partita con il gol di Cristian Zenoni. Poco importa che una decina di minuti più tardi la Lazio pareggi con Simone Inzaghi, perchè l’Atalanta dà dimostrazione di saper reggere la serie A e di essere una squadra solida, capace di giocare a memoria, in grado di affrontare chiunque a viso aperto. A fine gara, dopo aver incassato elogi e complimenti, Vavassori fa il pompiere: “Se pensiamo che questa partita dimostri che possiamo ambire a qualcosa in più della salvezza, finiremo col farci del male – dice il tecnico bergamasco – ed io penso che sarà dura rimanere in serie A, abbiamo le carte in regola per farlo ma dobbiamo restare umili”.
Alla seconda giornata, i nerazzurri sbancano Vicenza in una sfida fra neopromosse; Doni e il centravani Fausto Rossini capovolgono l’illusorio vantaggio vicentino di Luca Toni e l’Atalanta è seconda in classifica, imbattuta e sempre più convincente nel gioco, negli schemi e nella personalità, capace di rimontare lo svantaggio iniziale sia nella prima che nella seconda partita. Ma l’Italia non ha ancora visto tutto, anzi, quello a cui la serie A ha assistito è appena l’antipasto di una pietanza che l’Atalanta sta confezionando con sapiente maestria nonostante l’inesperienza nel grande calcio; terza giornata: i nerazzurri espugnano pure Bari, vincendo 2-0 grazie a due reti in cinque minuti nel secondo tempo, restano imbattuti e volano al secondo posto della classifica con 7 punti, gli stessi della Juventus, due soli in meno della Roma capolista che guida il campionato a punteggio pieno. La freschezza atletica e l’entusiasmo dell’Atalanta sono impressionanti, così come l’umiltà di Vavassori al termine delle partite; il tecnico atalantino si dimostra saggio, tiene i piedi ben saldi a terra e nello spogliatoio affida alle vecchie volpi della squadra (gli attaccanti Ganz e Nappi, il portiere Pinato, il difensore Carrera) la gestione del gruppo. Chi va in campo sa che l’obiettivo resta la salvezza, ma sa anche che l’unico modo per vincere le partite ed arrivare al traguardo finale è giocare sempre alla stessa maniera, a prescindere dall’avversario.
I nerazzurri provano a sfruttare il momento magico: alla quarta giornata stendono in casa il Verona e grazie alla concomitante sconfitta della Roma con l’Inter si issano al comando della serie A assieme all’altra sorpresa Udinese. Il 5 novembre 2000 vanno a San Siro da capolista contro il Milan di Zaccheroni che sta vivendo una fase di stagione complicata, ha perso a Parma e non vince dalla prima giornata. A Milano arrivano oltre 4 mila atalantini e la squadra di Vavassori li premia con la partita più bella forse dell’intera stagione; dopo 20 minuti Doni porta in vantaggio l’Atalanta, Serginho pareggia quasi subito, ma fra il 43′ e il 45′ i nerazzurri annichiliscono i rossoneri: la formazione bergamasca sembra correre con il doppio dei giocatori rispetto agli avversari, il Milan non riesce ad arginare nè le fasce e nè gli inserimenti centrali, il terribile difensore brasiliano Julio Cesar (poi immediatamente rispedito al mittente) commette un doppio fallo di mano in area, cercando di intervenire goffamente sull’ennesimo attacco dell’Atalanta; Doni va sul dischetto e sigla il nuovo vantaggio dei suoi, a cui fa seguito il 3-1 di Rossini che chiude anche il primo tempo. San Siro è annichilito, ma anche affascinato da un’Atalanta splendida, totalmente a proprio agio pure alla Scala del calcio; nella ripresa vien fuori qualche lacuna nella formazione di Vavassori che lascia troppo campo al Milan favorendo prima il gol di Bierhoff e poi il pareggio di Shevchenko, giunto su un dubbio calcio di rigore assegnato dall’arbitro. L’Atalanta se ne torna a casa con un 3-3 che fa rabbia per l’andamento della gara, ma che certifica la solidità di una squadra eccellente che dopo 5 giornate lotta per il vertice con 11 punti e nessuna sconfitta sul groppone.
Alla sesta giornata i bergamaschi vincono il sentitissimo derby contro il Brescia di Mazzone e Baggio, sono secondi ad un sol punto dalla Roma e sui giornali si inizia a parlare di una possibile riedizione di quel Verona che vinse incredibilmente lo scudetto nel 1985. A poco servono le spruzzate d’acqua di Vavassori, Bergamo sogna ad occhi aperti, l’Atalanta entusiasma grazie al suo gioco brillante e ad un organico quasi tutto italiano e quasi tutto fatto in casa, con calciatori cresciuti nel settore giovanile che in estate potrebbero valere una fortuna. Il testa a testa con la Roma di Capello sembra incredibile, eppure prosegue: i nerazzurri pareggiano 0-0 a Napoli e vincono 1-0 contro il Lecce mantenendo imbattibilità e secondo posto dopo 8 giornate; Vavassori prova a tenere un profilo basso, ma ormai Bergamo e l’Italia intera sognano l’impresa impossibile. La prima sconfitta dell’Atalanta in campionato arriva sabato 2 dicembre a Parma, ma i nerazzurri dimostrano di digerirla benissimo, rimanendo secondi in classifica anche dopo il successivo pareggio casalingo col Perugia, preludio al ritorno al successo, ottenuto in casa del Bologna grazie ad una zampata di Maurizio Ganz a dieci minuti dal termine. L’Atalanta è seconda in classifica, ha perso una volta sola ed è in piena corsa scudetto, pur sapendo che quel gioco potrebbe finire presto e che squadroni del calibro di Juventus e Lazio, partiti in sordina, stanno riguadagnando posizioni scalando rapidamente la graduatoria.
E quando a Natale i bambini bergamaschi sperano di trovare la vetta del campionato in regalo, la favola atalantina inizia a scrivere i suoi ultimi capitoli. Gli uomini di Vavassori perdono in casa contro l’Inter il 23 dicembre, quindi il 7 gennaio 2001, prima giornata del nuovo anno, la Roma passa 2-0 a Bergamo in uno dei passaggi chiave del romanzo tricolore dei giallorossi, ponendo fine al sogno nerazzurro e mettendo 10 punti fra le due squadre. Infine, il 14 gennaio, gli orobici perdono pure a Reggio Calabria, finendo addirittura al quinto posto, scavalcati da Juventus, Lazio e Fiorentina. La flessione è evidente ma pure fisiologica e chi si aspetta l’Atalanta ormai ridimensionata e pronta per rientrare nei ranghi del centro classifica si ritrova a fare i conti con una squadra che riprende la corsa come se nulla fosse e chiude il girone d’andata con due vittorie sensazionali: prima stravince 4-2 a Udine, quindi batte in rimonta la Juventus in una gara epica con vantaggio juventino al 73′, pari del difensore Lorenzi due minuti dopo e gol partita di Ventola all’81’ con conseguente esplosione di gioia dello stadio Comunale di Bergamo. L’Atalanta arriva al giro di boa al quarto posto con 29 punti, due in più del Milan, cinque in più dell’Inter, sei in più del Parma, formazioni partite con ambizioni da primato e messe in riga da un manipolo di ragazzotti che vengono dalla serie B.
Nel girone di ritorno, l’obiettivo dell’Atalanta è ormai dichiarato: raggiungere quella qualificazione in Coppa Uefa che a Bergamo manca da dieci anni e che forse stavolta è davvero a portata di mano. Ma non è facile mantenere il livello di prestazioni e di risultati maturati all’andata, perchè la squadra lombarda è pur sempre giovane e il ritmo impresso dal campionato non permette distrazioni; il pareggio di Roma contro la Lazio è prestigioso per un’Atalanta solida che lascia pochi spazi ad un avversario in gran ripresa, mentre lo 0-0 casalingo contro il fanalino di coda Bari o la sconfitta di Verona con gol subìto in pieno recupero lanciano qualche allarme in casa bergamasca, con la spia della benzina che inizia lentamente a lampeggiare. Fra marzo ed aprile, i nerazzurri si confermano letali in trasferta (successi netti a Brescia e a Lecce), ma ingolfati in casa (pareggi contro Milan e Napoli). La sconfitta casalinga contro il Parma del 14 aprile, poi, sancisce il sorpasso degli emiliani in classifica, così come il ko di San Siro contro l’Inter determina quello dei milanesi; l’Atalanta nelle ultime 9 giornare di campionato non vince mai, l’ultimo successo dei bergamaschi nel torneo 2000-2001 è datato 8 aprile, 2-0 a Lecce, quando i nerazzurri si portano a quota 40 punti al quarto posto della classifica. Chiuderanno a 44 assieme al Brescia, in settima posizione e fuori dalle coppe europee, crollando clamorosamente nel momento decisivo della stagione dopo 3/4 di campionato strabilianti.
L’Atalanta 2000-2001 ha fatto sognare per gran parte dell’anno i propri tifosi, ma in fondo anche una gran fetta d’Italia, affascinata da quella squadra giovane e impertinente, guidata da un allenatore debuttante ma così capace e preparato da far passare in secondo piano l’inesperienza a certi livelli. Peccato che quel magnifico ingranaggio si sia inceppato sul più bello, quando i sogni di uno scudetto impossibile si erano già vanificati, ma quando la qualificazione in Coppa Uefa era ampiamente raggiungibile da una squadra scoppiata al momento di raccogliere i frutti di una semina perfetta. Peccato, ma a Bergamo quel gruppo di ragazzi resta ancora oggi nella leggenda, quella di Vavassori rimane una formazione fra le più amate, che ha regalato ad una città un sogno impossibile, vissuto e celebrato dall’Italia dei miliardi che per una volta ha fatto spazio al lavoro casereccio di provincia.
di Marco Milan