Visita di Papa Francesco in Cile e Perù
Ventiduesimo viaggio internazionale per Papa Bergoglio e sesto in Sud America. Nucleare, pedofilia, indios, femminicidio e corruzione i temi della visita, piuttosto contestata, in Cile e Perù
Viaggio non semplice per Papa Francesco. Nonostante Cile e Perù siano paesi a maggioranza cattolica (il 74 per cento in Cile e l’89,6 per cento in Perù), le tensioni politiche e sociali, i casi di pedofilia tra il clero, i costi della visita particolarmente alti a carico del governo (circa 10 milioni di dollari) e la questione degli indios Mapuche hanno reso il soggiorno in Sud America molto delicato, tra bombe incendiarie nelle chiese, proteste nelle piazze e contestazioni.
Sostenere la necessità del dialogo nella penisola coreana ma anche guardare al Nord e Sud del mondo, verso i Paesi poveri che possono favorire la “diplomazia della misericordia”. Da qui la scelta di volare verso Cile e Perù, paesi più ai margini rispetto ad altri.
Nucleare e disarmo
Sul volo verso Santiago, Papa Francesco ha donato ai cronisti un’immagine in bianco e nero scattata a Nagasaki nel 1945: un bambino aspetta di far cremare il fratellino più piccolo morto in seguito allo sgancio della bomba atomica sulla città giapponese. “Il frutto della guerra” ha scritto dietro la foto il Pontefice. Un monito ai governanti e al rischio all’escalation di minacce tra Stati Uniti e Corea del Nord: “Questo pericolo esiste veramente. Io ho pausa di questo, basta un incidente. Di questo passo la situazione rischia di precipitare. Bisogna eliminare le armi nucleari, adoperarci per il disarmo”.
Preti pedofili
Nel suo primo giorno in Sud America, Papa Francesco ha officiato messa a Santiago del Cile. Presente Juan Barros (vescovo accusato, insieme ad altri due prelati, di aver coperto abusi sessuali su minori da parte di un sacerdote). Proteste dei gruppi che chiedono giustizia contro i colpevoli. Tre chiese incediate (salgono a 9 gli attacchi contro chiese cattoliche).
Sul tema il Paese è diviso, turbato da abusi ai quali la Chiesa non riesce a dare una risposta convincente né a prendere i necessari provvedimenti.
Nonostante le due parole di Francesco (“Qui non posso fare a meno di esprimere il dolore e la vergogna che sento davanti al danno irreparabile causato a bambini da parte di ministri della Chiesa […] Lavoriamo perché non si ripeta”), le sue esternazioni sono state ritenute non sufficienti sebbene il prossimo febbraio il pontefice proverà a rinnovare i componenti della Commissione per la tutela dei minori.
Secondo BishopAccountability.org, sono circa 80 i preti cattolici accusati di abusi sui minori nel Paese.
Qualche giorno dopo, incalzato da un gruppo di giornalisti cileni in merito alla vicenda del vescovo Juan Barros, Bergoglio ha reagito duramente: “Il giorno che mi portano prove contro il vescovo Barros, parlerò. Non c’è una sola evidenza contro di lui. Questa è calunnia. Chiaro?“
Pronto l’intervento del cardinale Patrick O’Malley, arcivescovo di Boston, presidente della Pontificia Commissione per la tutela dei minori, che ha ribadito l’impegno del Pontefice nei confronti delle vittime di abusi sessuali da parte di membri del clero. “Non so dire per quale ragione il Santo Padre abbia scelto i termini specifici che ha usato in quell’occasione. Quello che però so è che Papa Francesco riconosce pienamente gli enormi errori della Chiesa e del suo clero che ha abusato di bambini, e il devastante impatto che questi crimini hanno avuto sulle vittime e sui loro familiari“.
Femminicidio
Il Papa dal Perù ha condannato con forza la violenza sulle donne e ha invitato a “lottare contro la piaga del femminicidio“, avvertendo che “sono molte anche le situazioni di violenza che sono tenute sotto silenzio al di là di tante pareti”.
Corruzione
Nell’ultimo giorno del suo viaggio in America Latina, il papa si è espresso contro la decadenza della politica e il male della corruzione, tema molto sentito in Perù (ma che tocca gli uomini politici di tutto il continente sudamericano). Lo stesso presidente del Perù, Pedro Pablo Kuczynski Godard è accusato di aver ricevuto finanziamenti illeciti da una società brasiliana. “Il male della corruzione è un virus sociale, un fenomeno che infetta tutto” ha detto Francesco. “La politica è malata, è molto malata. Ci sono eccezioni, però in generale è più malata che sana”.
Bilancio del viaggio
L’America latina si è trasformata nel tallone d’Achille del pontificato del Papa argentino. Il viaggio è stato un mix tra bagni di folla e forti contestazioni. Il papa ha mostrato la propria propensione al garantismo e non al giustizialismo anche di fronte a temi difficili quali la questione della pedofilia nel clero.Sul volo di ritorno dal Perù, papa Francesco ha risposto alle domande dei giornalisti, esplicitando i momenti che lo hanno maggiorante toccato, in particolare la vicenda degli abusi sessuali in Cile e la corruzione. Una delle cose più belle per Papa Francesco è stato l’incontro con gli aborigeni e la visita al carcere femminile a Santiago del Cile.
Sugli abusi: “Proseguo la linea della tolleranza zero iniziata da Benedetto XVI. In cinque anni non ho firmato nessuna richiesta di grazia. Quando si toglie a un prete che ha abusato lo stato clericale la sentenza è definitiva, questa persona però ha il diritto di fare appello. Se anche l’appello conferma la prima sentenza può appellarsi al Papa e chiedere la grazia. In cinque anni ho ricevuto venticinque richieste di grazia, ma non ne ho firmata nessuna. Il caso del vescovo Juan Barros l’ho fatto investigare. Non risultano evidenze di colpevolezza. Non è venuta nessuna vittima per il vescovo Barros, non si sono presentati, se ci fossero sarei il primo ad ascoltarli. Per cambiare posizione sono necessarie evidenze altrimenti non posso che applicare il motto nemo malo nisi probetur. Cosa provano le vittime? A loro devo chiedere scusa, perché la parola “prova” ha ferito, la mia espressione non è stata felice. Chiedo scusa se ho ferito senza accorgermi, senza volerlo, mi fa tanto dolore. Sentire che il Papa dice loro “portatemi una lettera con la prova” è uno schiaffo. Perciò non voglio più usare il termine prove ma evidenze. Nel caso del vescovo Barros non ci sono evidenze per condannarlo. Se lo giudico colpevole senza evidenza o senza certezza morale, commetterei io un delitto.”
(di Alessandra Esposito)