Amarcord: Marco Nappi, la foca del gol

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Ha giocato quasi ovunque, eppure non è mai stato considerato un mercenario, almeno non nel peggiore dei significati. In campo dava tutto, era a tratti incontrollabile, un attaccante definito “fastidioso” dagli avversari, pur non essendo un goleador vero e proprio. Marco Nappi, nonostante una carriera senza trofei e coppe, ha scritto ugualmente una pagina indelebile della storia calcistica italiana.

Nato a Roma il 13 maggio 1966, Marco Nappi gioca a calcio fin da subito, scartato dal settore giovanile della Roma (squadra per cui fa il tifo), è accolto dalla Lazio prima di esordire con la formazione dilettantistica romana dell’Urbe Tevere. A nemmeno 17 anni lo acquista il Cesena che ne deterrà il cartellino per tre stagioni senza mai farlo giocare in gare ufficiali; due prestiti al Ravenna in serie C, quindi l’acquisto a titolo definitivo da parte della Vis Pesaro con cui nel campionato 1986-87 espolde con 14 reti in 30 partite che gli valgono l’approdo in serie B all’Arezzo. Nappi è un attaccante rapido, non è molto alto, è magro e non segna come un bomber, ma è in grado di abbinare tecnica, velocità, senso tattico, sacrificio ed una grinta fuori dal comune; è inoltre molto intelligente, sa sempre dove posizionarsi e come aggirare i difensori avversari, oltre a possedere doti acrobatiche particolari, rendendosi così imprevedibile e temuto. L’Arezzo 1987-88 è una squadra che lotta per non retrocedere, l’allenatore è l’ex gloria interista Angelillo, Nappi ci mette anima e cuore, segna pure 8 reti al suo debutto fra i cadetti, diventa il beniamino della tifoseria ma non riesce a far molto per salvare i toscani dalla retrocessione; l’attaccante romano, però, si è fatto notare e in estate viene acquistato dal Genoa, pronto a risalire dalla serie B alla serie A dopo 5 anni e che diventerà il grande amore calcistico della carriera di Nappi.

Genova è una piazza calda ed appassionata, i tifosi del Grifone alla fine degli anni ottanta vivono lo sfottò dei dirimpettai della Sampdoria che vincono Coppa delle Coppe, Coppa Italia e si preparano alla festa scudetto del 1991. Il Genoa, viceversa, arranca in serie B e a nulla valgono i 9 scudetti dell’era preistorica, sbattuti in faccia ai sostenitori sampdoriani che stanno vivendo il momento più alto della loro storia. All’inizio del campionato 1988-89 i rossoblu vogliono a tutti i costi riconquistare la massima serie: in panchina c’è Franco Scoglio, conquistato da quell’attaccante romano coi capelli biondi al vento e l’incredibile velocità. Il Genoa è forte, ha una rosa lunga e completa, Nappi si ritaglia il suo spazio e segna pure 7 reti che alla fine risulteranno importantissime nella promozione che i liguri conquisteranno ma che la punta laziale non potrà festeggiare perchè passato in prestito al Brescia, sempre in serie B, dove realizzerà un gol. Parte proprio dalla Lombardia un lungo giro di cessioni a titolo temporaneo che Nappi vivrà fino al 1993, giorvagando un po’ per tutta Italia, portando grinta e diventando nella maggior parte dei casi l’idolo delle tifoserie.

Nell’estate del 1989 passa alla Fiorentina, impegnata anche in Coppa Uefa. I viola sono in una situazione di transito, i Pontello che stanno per vendere la società al gruppo di Cecchi Gori, Roberto Baggio prossimo alla cessione alla Juventus, un organico profondamente indebolito e che ha nel fantasista vicentino l’unica stella di una squadra con poche ambizioni in campionato. In panchina siede Bruno Giorgi che verrà sostituito in corsa da Ciccio Graziani; la Fiorentina inizia la sua corsa incerta in campionato, Nappi trova la sua prima rete in serie A il 29 ottobre 1989 sbloccando la sfida di Cremona, poi vinta dai viola 2-1 (troverà la seconda nel 2-2 con la Juve). Si inserisce bene l’attaccante romano nel complesso fiorentino che alterna giovani promesse come lui e come il cecoslovacco Kubik, a elementi più esperti come il difensore ex attaccante Sergio Battistini. Ad una serie A di basso profilo, però, i gigliati risponderanno con un cammino eccellente in Coppa Uefa: Atletico Madrid, Sochaux, Dinamo Kiev, Auxerre e Werder Brema cadono sotto i colpi di una Fiorentina bellissima nelle serate d’Europa che affascinano i tifosi, nonostante i toscani siano costretti a giocare a Perugia poichè lo stadio Franchi è in rifacimento in vista di Italia ’90. Nappi segna contro Auxerre e Werder Brema, ma soprattutto nella sfida contro i tedeschi sfoggia un numero da circo che diventerà il suo marchio di fabbrica: in un’azione di ripiegamento difensivo nella propria area di rigore, il piccolo attaccante viola parte in velocità col pallone incollato alla fronte e sfugge agli increduli avversari palleggiando di testa ed arrivando sin oltre la linea mediana del campo dove sarà abbattuto da un difensore tedesco. Applausi a scena aperta e quel soprannome di foca monaca che non si toglierà più.

Quella Fiorentina resterà bella ed incompiuta: piazzamento appena sopra la linea di galleggiamento in campionato e finale di Coppa Uefa persa nella doppia sfida agli acerrimi rivali della Juventus. In estate Baggio passa proprio ai bianconeri, a Firenze arriva la famiglia Cecchi Gori e l’allenatore brasiliano Sebastiao Lazaroni, ex commissario tecnico della Seleçao; Nappi resta in prestito ad un Fiorentina che ha come traguardo nel campionato 1990-91 una tranquilla salvezza con possibile vista sulla parte sinistra della classifica. Sarà una stagione di transizione per i viola che intorno a Natale rischieranno anche il coinvolgimento in zona retrocessione; per Nappi poco spazio e 4 gol pesanti: uno nel girone d’andata nel 2-2 contro il suo ex Genoa, tre in quello di ritorno con doppietta nel 4-1 in rimonta al Cagliari e sigillo all’ultima giornata nel 4-0 in casa del già retrocesso Cesena. In un’annata agrodolce per la Fiorentina, Nappi risulta comunque uno dei più positivi, un calciatore amato dal pubblico poichè combattivo e grintoso, il più sudato e stanco alla fine degli allenamenti, caratteristiche che gli valgono l’ammirazione generale e la chiamata nell’estate del 1991 di Franco Scoglio, suo vecchio allenatore al Genoa e che ora guida l’Udinese, formazione di serie B che ha voglia di risalire. Nappi accetta di buon grado il declassamento di categoria ed aiuta con 9 reti e diversi assist i friulani a tornare in A, mentre lui, che di fermare il suo vagabondaggio per l’Italia non ha proprio voglia, finisce ancora in prestito fra i cadetti, a Ferrara dove la proprietà della Spal ha ottenuto il ritorno in B ed ha ambizioni di promozione.

E’ il campionato 1992-93, uno dei più travagliati della carriera di Marco Nappi che forma con il marchigiano Massimo Ciocci una coppia d’attacco niente male per la serie B. La Spal sembra attrezzata per ben figurare, ma incappa presto in una stagione disgraziata che non permette agli emiliani di uscire dai bassifondi della classifica, anzi, le distanze ben presto si fanno pericolose e i 10 gol di Nappi non evitano ai biancoazzurri un’amarissima retrocessione, in barba ai grandi e pomposi proclami estivi. Alla cocente delusione per la caduta in C1, Nappi può ritrovare il sorriso perchè, finalmente e dopo anni di prestiti, il Genoa decide di riportarlo a casa per il campionato 1993-94, ma non è una stagione semplice per i rossoblu che vivono alti e bassi, conquistando una salvezza tranquilla solo sulla carta; i 4 gol realizzati non evitano a Nappi l’ennesimo prestito che si rivelerà un disastro: il ritorno a Brescia, infatti, sarà il fallimento più grande della sua carriera perchè i lombardi risultano la squadra peggiore della serie A culminando il campionato con una poco dignitosa retrocessione, una serie infinita di cambi in panchina ed un’inutile rivoluzione dell’organico nel mercato di riparazione; Nappi chiuderà con zero reti all’attivo e la solita ma stavolta infruttuosa grinta. Il Genoa, nel frattempo, è caduto anch’esso in serie B e stavolta decide di puntare forte sull’attaccante romano, riportato sotto la Lanterna e stavolta per metterci radici.

Marco Nappi diventerà un’amatissima icona genoana, nonostante nel quadriennio 1995-1999 i rossoblu falliscano regolarmente l’appuntamento con la promozione. Ma l’attaccamento di Nappi alla maglia del Grifone è un inno all’amore e purtroppo anche alla sofferenza: il biondo calciatore romano si batte per i colori rossoblu, suda, sbuffa, si arrabbia coi compagni quando li vede protagonisti di scarso impegno, è il punto di riferimento di uno spogliatoio troppo spesso rivoltato e rivoluzionato, allenatori compresi. L’era legata al presidente Aldo Spinelli lascia il posto a gestioni approssimative e mai realmente solide, delle quali risente la squadra che riesce appena a sfiorare il ritorno in serie A nella stagione 1996-97, chiusa al quinto posto e ad un soffio dalla promozione, ma nella quale i tifosi vivranno l’unica vera gioia di un periodo deludente, eliminando in Coppa Italia i cugini della Sampdoria in un doppio derby vissuto nell’autunno del 1996 e nel quale Nappi è protagonista assoluto nell’epica gara di andata quando i genoani, sotto 2-0, riusciranno ad acciuffare il 2-2 grazie ad una doppietta dello scatenato attaccante, prologo al clamoroso 2-0 del ritorno che proietterà i rossoblu agli ottavi di finale e la forte Sampdoria di Sven Goran Eriksson a leccarsi le ferite.

Nell’estate del 1999, Nappi lascerà Genova fra la commozione del popolo genoano, per accasarsi all’Atalanta dove vivrà altre due stagioni da protagonista con la promozione in serie A a giugno del 2000 e l’ultimo campionato in massima serie con rete all’ultima giornata in casa della Juventus, il giusto commiato per il suo addio alla serie A. Le stagioni a Terni, Como (un gol e un’altra promozione in serie A), Savona, Carrara e Cuneo sono il prologo alla chiusura di carriera avvenuta in serie D in Liguria a Sestri Levanti nel 2006 a 40 anni suonati, con 6 reti in 26 presenze. Una carriera chiusa senza trofei, ma con la soddisfazione di essersi affermato nel grande calcio pur senza essere un divo, legato al Genoa dal cuore e dall’affetto, ma legato anche alle altre maglie indossate e sempre onorate, motivo per il quale nonostante il suo vagabondare in giro per l’Italia, Nappi non è mai stato etichettato come mercenario del pallone.

Oggi, da allenatore, Marco Nappi sta tentando una nuova scalata al calcio che conta, partendo dai giovani (con scudetto Berretti vinto a Livorno) e trovando la sua collocazione come tecnico di serie D, in attesa della chiamata giusta tra i professionisti. I suoi calciatori, nel frattempo, apprendono le doti che ogni alteta dovrebbe stamparsi nella mente: senza cuore, sudore, sacrificio e costanza non si fa strada; in questo, Marco Nappi ha certamente tutto da insegnare.

di Marco Milan

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