Amarcord: la storia di Goran Vlaovic fra gol, salute e quel gran rifiuto
Non è stato un campionissimo, eppure Goran Vlaovic si è guadgnato la sua fetta di notorietà in un calcio, quello degli anni novanta, in cui essere attaccante voleva dire confrontarsi con gente del calibro di Van Basten, Batistuta, Raul, Crespo e chi più ne ha più ne metta. In Italia, poi, Vlaovic è ricordato come l’uomo della salvezza per il Padova e l’uomo del gran rifiuto a Napoli, anche se la sua vita calcistica è stata correlata anche di molto altro.
Goran Vlaovic nasce in Croazia a Nova Gradiska il 7 agosto 1972 e di professione fa il centravanti: alto 1 metro e 80 circa, Vlaovic si distingue nella neonata Croazia per essere un attaccante col buon fiuto del gol e l’acume tattico che lo porta spesso ad aiutare i compagni grazie ai suoi movimenti smarcanti. Due anni nell’Osijek, quindi il passaggio alla Dinamo Zagabria, allora denominata Croatia Zagabria; è il 1992, nella ex Jugoslavia sta scoppiando un sanguinoso conflitto interno che porterà alla segregazione dello stato e all’indipendenza dei vari paesi, compresa la Croazia di Vlaovic che nel 1993 disputa il suo primo campionato singolo che viene vinto proprio dalla Dinamo-Croatia, titolo sugellato dalla conquista della coppa nazionale nella stagione successiva; nell’estate del 1994 Vlaovic ha all’attivo 81 presenze e 61 reti nel suo paese, in un campionato che inizia a star stretto ad un giovane emergente che vuole confrontarsi con qualcosa di maggiormente impegnativo e competitivo per poi spiccare il definitivo volo verso la gloria. I numeri, del resto, questo ragazzo dal viso dolce e i modi timidi li ha tutti.
Ad accoglierlo è il calcio italiano ed il Padova, una formazione di provincia che ha appena riconquistato la serie A dopo 32 anni e decenni di anonimato fra serie B e C, e che è pronta a dar battaglia anche sui campi più prestigiosi della massima serie. C’è il nuovo stadio Euganeo ad ospitare la serie A, c’è una formazione con l’ossatura della squadra che ha vinto la serie B dopo lo spareggio di Cremona contro il Cesena e c’è un duo anomalo in panchina: il tecnico vero e proprio è Mauro Sandreani che è però sprovvisto di patentino, per cui al suo fianco come allenatore ufficiale c’è il più anziano Gino Stacchini. Vlaovic sbarca in Veneto con i crismi del bomber acerbo che dovrà essere svezzato in fretta per garantire ai patavini un consistente bottino di reti che consentano ai biancoscudati di centrare la permanenza in serie A; ad accudirlo l’esperto Giuseppe Galderisi ed il rampante Filippo Maniero. L’avvio di campionato del Padova è un incubo: nelle prime 4 giornate la squadra di Sandreani e Stacchini perde sempre, non segna neanche un gol e ne subisce ben 12 (5 dalla Sampdoria, 3 dal Parma e 2 da Torino e Bari). Al quinto turno, i veneti scendono al San Paolo di Napoli, consapevoli della difficoltà della gara e che una nuova sconfitta aprirebbe le porte del baratro ad una compagine poco esperta e, forse, anche all’esonero della coppia di allenatori. Sotto per 3-1 all’86’, i biancoscudati acciuffano un insperato 3-3 grazie alla doppietta di Maniero e danno inizio in pratica con un mese di ritardo al loro campionato.
Fra alti e bassi, il Padova riesce a stare in lotta per non retrocedere alla pari con le rivali, vince qualche partita importante, su tutte il 2-0 al Milan di Capello, vincitore degli ultimi tre scudetti e campione d’Europa in carica, e il 2-1 al Cagliari il 27 novembre 1994 in una partita tirata e sofferta, decisa al 90′ dal primo gol italiano di Goran Vlaovic che dopo un paio di mesi di apprendistato vuole prendersi ruolo di titolare e galloni di goleador di una squadra un po’ anemica in zona gol. Vlaovic segna una doppietta nel 4-2 inflitto al Torino il 19 febbraio 1995, quindi si ripete una settimana più tardi realizzando a Bari il gol partita, infine troverà la via della rete alla quart’ultima giornata nel vittorioso 3-0 sulla Reggiana in cui il croato si esibisce in una splendida e vincente mezza rovesciata di destro che si insacca all’incrocio dei pali, una delle più belle reti dell’intero campionato. Il Padova giunge a fine campionato a pari punti col Genoa al quart’ultimo posto e per decretare l’ultima squadra retrocessa che andrà a far compagnia alle già condannate Foggia, Reggiana e Brescia, servirà uno spareggio che gli uomini di Sandreani disputeranno allo stadio Franchi di Firenze contro i liguri, favoritissimi della vigilia, esperti e con un organico nettamente superiore ai veneti. 10 giugno 1995: a Firenze piove a dirotto, Padova e Genoa si giocano la salvezza in una gara ad altissima tensione che vale una stagione intera. Vlaovic, ormai perfettamente integrato nell’impianto di gioco patavino, porta in vantaggio i suoi dopo neanche venti minuti, poi l’asso ceco Skurhavy pareggia per il Genoa, 1-1 che non si schioderà più nè nei tempi regolamentari e nè ai supplementari. Si va così ai rigori e Vlaovic è chiamato ad una dura responsabilità, ovvero calciare l’ultimo tiro in una situazione di perfetta parità: il croato farà centro con sicurezza spiazzando il portiere, il Genoa fallirà con Galante nella serie ad oltranza e la formazione biancoscudata potrà festeggiare un’insperata ma meritata salvezza.
Il bottino di Goran Vlaovic al termine della sua prima annata italiana può dirsi tutto sommato soddisfacente: 28 presenze e 6 reti, spareggio compreso. Il Padova è soddisfatto del rendimento dello slavo e lo promuove a titolare inamovibile dell’attacco veneto nella stagione 1995-96 in cui i biancoscudati hanno pochi mezzi economici per rinforzare l’organico, potenziato con diversi giovani come l’ex sampdoriano e futuro juventino Nicola Amoruso che formerà proprio con Vlaovic la coppia gol della squadra di Sandreani, ormai tecnico ufficiale dopo il superamento dell’esame da allenatore di I Categoria al corso di Coverciano. Si preannuncia una stagione in trincea per il tecnico nato a Roma che confida nell’esplosione definitiva del suo centravanti croato che già è stato importante nel campionato percedente e che ha qualità e talento per centrare col Padova un’altra impresa. Ma, dopo un gol in Coppa Italia ad agosto, qualcosa in Vlaovic inizia a non andare: la punta slava si allena male e non per svogliatezza o distrazioni, quanto per una salute che si fa sempre più cagionevole; il calciatore ha continui mal di testa che aumentano a tal punto da costringerlo ad urlare per il dolore. Figurarsi se un atleta in queste condizioni si possa concentrare negli allenamenti o nelle partite di calcio; le emicranie sono forti e ricorrenti, Vlaovic è spesso sdraiato sul divano di casa con la testa fra le mani e le punte acutissime di un mal di testa che comincia a preoccuparlo.
Preoccupati sono anche i medici del Padova che consigliano all’attaccante qualche visita specifica, esami approfonditi che scovino la causa di quel malanno ormai pressoché quotidiano. Il responso è serio, anche se per fortuna non catastrofico: la diagnosi parla infatti di ipertensione endocranica benigna; nel cervello del calciatore viene riscontrato un notevole aumento del liquido che passa per le meningi, una disfunzione che è la causa delle emicranie e che, se non curata adeguatamente ed in tempo, rischia di sfociare prima o poi in una massa tumorale ben più pericolosa e letale. Vlaovic si sottopone alle cure del caso, tutta Padova fa il tifo per lui e aspetta il suo rientro, i suoi gol per salvare la squadra; ma in questo momento c’è la pelle da portare a casa, ancor prima dei tre punti in campo. Non esistono i social network, i calciatori non hanno foto da pubblicare in continuazione, tuttavia qualche scatto in ospedale viene ugualmente immortalato dai giornali veneti e da qualche testata nazionale: Vlaovic con il capo fasciato e il pollice verso l’alto, attorniato da una sorridente equipe medica, segno che il peggio è passato, che la riabilitazione può iniziare e che, non appena arriverà il via libera sull’idoneità sportiva, il croato potrà tornare in campo. E’ il 10 dicembre 1995 quando Vlaovic realizza la doppietta che allo stadio Euganeo stende l’Inter: un’ovazione ed un boato accompagnano le reti dell’attaccante del Padova, mentre la sua dedica a fine partita è commovente: “Questi gol sono per i medici che mi hanno curato e che mi hanno aiutato a tornare uomo sano e calciatore”.
Vlaovic andrà in rete anche una settimana dopo a Udine, segnerà altre tre doppiette contro Atalanta, Napoli e Fiorentina, ed una rete contro Vicenza, Sampdoria, Roma e Cagliari: 13 reti in 23 partite, un bottino cospicuo che in ogni caso non evita al Padova una retrocessione purtroppo annunciata sin da inizio stagione. Per Vlaovic, però, le porte del grande calcio si sono spalancate definitivamente ed il club veneto potrà ripartire dalla serie B anche grazie ai soldi della sua cessione; già da tempo sul croato si erano posati gli occhi di diverse società europee, prima fra tutte il Napoli che, scottato ma intrigato dalla doppietta subita dallo slavo a Padova a fine gennaio, aveva spedito diversi osservatori a visionare le prestazioni dell’attaccante. Convinti dalla sua bravura, dalla tenacia e dal senso del gol, i partenopei ne annunciano l’acquisto già prima del termine del campionato, domenica 4 marzo, il giorno successivo al disastroso 0-5 del Padova in casa contro la Juventus. Napoli che anticipa una folta concorrenza e si prepara ad annoverare in rosa per i successivi tre anni un calciatore ormai abituato a far gol in serie A e sicuramente convocato dalla propria nazionale per gli Europei inglesi dell’estate del 1996, prima manifestazione internazionale a cui la Croazia partecipa da nazione indipendente. Europei in cui Vlaovic sarà protagonista realizzando il gol partita a 4 minuti dalla fine nella sfida contro la Turchia, decisivo per il passaggio del turno dei croati a spese della Danimarca campione in carica.
Ma l’estate del 1996 sarà burrascosa per Vlaovic che, dopo aver già firmato col Napoli, torna sui suoi passi a seguito di un’importante e vantaggiosa offerta economica del Valencia che, in barba all’accordo fra il croato e i campani, lo convince a firmare un altro contratto. L’attaccante si fa sedurre dagli spagnoli e firma pure con loro; Corrado Ferlaino, presidente del Napoli, va su tutte le furie, impugna il contratto e sguinzaglia i suoi legali: gli avvocati del club italiano fanno ricorso alla FIFA chiedendo la sospensione di Vlaovic per i tre anni a venire, ovvero quelli del contratto siglato precedentemente col Napoli. Il ricorso sarà respinto e il croato, insultato da una città intera per il voltafaccia, verrà accolto da Valencia dove in 4 anni vincerà coppa e Supercoppa di Spagna mettendo a segno 17 reti in 73 partite, vivendo la splendida cavalcata degli iberici nella Coppa dei Campioni 1999-2000 chiusa con la finale di Parigi persa contro il Real Madrid, prima di passare al Panathinaikos in Grecia dove chiuderà la carriera vincendo un altro scudetto dopo quello in Croazia e ritirandosi nel 2004 a soli 32 anni e dopo essersi tolto anche la soddisfazione di partecipare a due edizioni del campionato del mondo nel 1998 (segnando pure alla Germania nei quarti di finale) e nel 2002, lasciando la nazionale con 15 gol totali.
A Padova lo ricordano ancora come uno dei grandi idoli della storia biancoscudata grazie ai suoi gol (19 in due campionati) e alla sua storia di vita a lieto fine, oltre che per il suo carattere buono. A Napoli lo ricordano per quella doppietta umiliante e per quel gran rifiuto di chi ha preferito il Dio Denaro all’affetto del San Paolo; non ha mai giocato a Napoli neanche da avversario dove, di certo, avrebbe preso fischi e pernacchie a iosa. Eppure la carriera di Goran Vlaovic, un buon attaccante che sapeva fare gol senza essere un fuoriclasse, è durata poco ma è stata intensa, ha vissuto momenti esaltanti ed attimi di paura per quei mal di testa che rischiavano di mettere a repentaglio salute e carriera, ma che lo hanno reso più forte. Il suo decennio di gloria, in fondo, Goran Vlaovic se lo è pure guadagnato e meritato.
di Marco Milan