Amarcord: Nello Russo, quando la gloria dura lo spazio di 10 minuti
Chi l’ha detto che tutti i romanzi siano a lieto fine? Nel calcio e nello sport, poi, c’è sempre chi vince e dall’altro lato della barricata chi perde. E poi c’è chi debutta, chi si affaccia per la prima volta su palcoscenici prestigiosi, convinto che sia solo l’inizio di una lunga storia trionfale; esattamente ciò che pensava anche Nello Russo il giorno del suo esordio in serie A, senza sapere che la storia che stava per vivere avrebbe scritto un solo capitolo.
Nello Russo nasce a Vimodrone (MI) l’11 maggio 1981 e sin da bambino mostra qualità fisiche e tecniche che attirano l’interesse di diverse squadre della Lombardia, prima a livello locale e poi professionistico. Notato dall’Inter, passa il provino e viene inserito nel settore giovanile nerazzurro dove compie l’intera trafila con ottimi risultati, apprezzato da tutti gli allenatori che lo hanno in organico: alto (arriverà all’altezza definitiva di 1 metro e 85), capace di ricoprire il ruolo di centravanti moderno, abile sia di testa che con i piedi. Nell’estate del 1999 fa stabilmente parte della Primavera interista, ma Marcello Lippi, tecnico dei nerazzurri, gli permette sovente di allenarsi con la prima squadra, nonostante in rosa disponga di una batteria di attaccanti che solo a nominarli fanno venire i brividi: la coppia titolare sarebbe Ronaldo-Vieri, sarebbe perchè il brasiliano inizia a soffrire di quei problemi al ginocchio che ne mineranno fortemente la carriera ed è spesso fuori causa; in più ci sono anche Recoba e Zamorano, e poi c’è Roberto Baggio che ha con Lippi frizioni tali dal rendere burrascoso il loro rapporto, a tal punto che l’allenatore toscano lascerà quasi sempre il talento di Caldogno in panchina o in tribuna, escludendolo dal progetto interista che, oltretutto, fatica a decollare con una squadra di campioni relegata a concorrere per il quarto posto a distanze cospicue dalla lotta scudetto che coinvolge Lazio e Juventus.
Fin dal mese di settembre, Lippi aggrega il giovanissimo Nello Russo alla prima squadra, convinto che, proprio a causa dei problemi di Ronaldo e dei pessimi rapporti con Baggio, il talento della Primavera potrà risultare utile in caso di necessità. Ad ottobre, l’Inter disputa un’amichevole contro gli svizzeri del Grasshoppers e Russo fa il suo debutto in nerazzurro, appare emozionato ed entusiasta, forse un po’ spaesato in mezzo a quella baraonda di fuoriclasse, di certo non immagina neanche lontanamente cosa sta per accadergli. E’ in forma, carico e determinato, affamato come solo i ragazzini in rampa di lancio sanno essere: Lippi decide di dargli ancora più fiducia e lo fa esordire in Coppa Italia nella gara contro il Bologna del 1 dicembre 1999, altra emozione enorme per il giovane attaccante interista, altro passo verso un sogno che Russo coltiva ma a cui non osa nemmeno dar forma. Passano 4 giorni, però, e l’imponderabile accade realmente: domenica 5 dicembre 1999 a San Siro si gioca Inter-Udinese, gara valida per la 12.ma giornata di serie A; Ronaldo è infortunato, Baggio non viene convocato per un risentimento muscolare, così Lippi schiera come coppia d’attacco Recoba e Vieri, manda in panchina Zamorano e porta anche Russo con sè. Convocazione in prima squadra, il ragazzino avvisa genitori, parenti, amici, sarà a San Siro in panchina per una partita di serie A, meglio delle amichevoli che non guarda nessuno, meglio della Coppa Italia; forse, pensa, è il primo passo verso quella gloria finora ambita e bramata come ogni giovane proviente dal settore giovanile giustamente sogna.
L’Inter gioca bene contro i friulani, Recoba e Vieri duettano alla grande e vanno entrambi in gol mettendo la gara sui binari nerazzurri; è più o meno il 25′ del secondo tempo quando, sul risultato di 2-0, Lippi fa un cenno a Russo e gli indica di cominciare a scaldarsi: “Si ma di certo non mi farà entrare”, dice fra sè e sè il ragazzo, mentre in tribuna la gente si guarda e dice: “Chi è quello alto che si sta scaldando?”. In un’Inter-Udinese che sta scivolando nella noia generale, fra uno sbadiglio ed una sciarpa legata più stretta per il freddo incombente, sta per coronarsi il sogno di un ragazzo di 18 anni: è il 76′ quando la lavagna luminosa delle sostituzioni si alza per indicare l’uscita dal campo di Alvaro Recoba e l’ingresso di Nello Russo che fa così il suo esordio in serie A. Maglia numero 19 sulle spalle, il centravanti va a prendere la sua posizione naturale in area di rigore facendo coppia con Vieri; la partita scorre via in attesa solamente del fischio finale dell’arbitro Rossi di Ciampino, l’Inter cerca di tener palla, l’Udinese è ormai incapace di offendere, condannata ad un’inevitabile sconfitta. Sembra non esserci più nulla da vedere, invece proprio a ridosso del 90′ Vieri entra in area dalla sinistra, tenta un dribbling ma viene fermato, la palla schizza verso il centro dell’area dove c’è Russo libero: il giovane attaccante interista non ci pensa su molto, si coordina e calcia di prima intenzione col destro mandando la sfera ad infilarsi alle spalle del portiere. Ora quel ragazzo lo conosce tutta San Siro e indirettamente pure tutta Italia perchè radio e tv celebrano il gol all’esordio del talento nerazzurro; Russo non sa neanche come esultare, si mette le mani sul volto, è incredulo, emozionato, Vieri gli si fa incontro ridendo, lo scuote, lo abbraccia, stessi gesti compiuti anche da capitan Zanetti. Un momento indimenticabile, un momento che forse inciderà negativamente sulla carriera di un calciatore che a 18 anni vede il mondo ai suoi piedi.
Nel dopo partita, i microfoni sotto il naso di Russo si moltiplicano, la Domenica Sportiva manda in onda il servizio di Inter-Udinese, nel finale c’è l’intervista al ragazzo che, più confuso che mai, mormora qualche parola, dice che l’esordio è andato bene, che l’emozione del gol è indescrivibile, cerca quasi conferma ed assenso dal cronista, poi dedica teneramente ai genitori quella giornata indimenticabile. Sembra l’inizio di un’ascesa inevitabile, sarà invece il punto di non ritorno per un ragazzo che fino alla fine del campionato non scenderà più in campo, chiuso dai campioni dell’Inter e dalla difficile situazione nerazzurra con Lippi impegnato a gestire un gruppo per nulla coeso e con diverse fazioni al suo interno, ognuna delle quali sembra andare verso direzioni opposte, pronte ad esplodere al primo segnale di conflitto interno. Altro che lanciare i giovani, quell’Inter è una polveriera, l’ambiente rumoreggia, il quarto posto arriva solo dopo lo spareggio vinto contro il Parma, Nello Russo non può far altro che assistere alle partite dei grandi, imparando, rubando i segreti dello spogliatoio, puntando ad essere lui il futuro dell’Inter negli anni successivi. Il campionato dell’Inter 1999-2000 termina al quarto posto, quello di Russo si conclude con una partita ed un gol, meno di 15 minuti giocati, l’emozione più grande vissuta in un soffio; che sarà l’unica gioia importante della sua carriera non lo sa lui e non può saperlo ancora nessuno.
Nell’estate del 2000 l’Inter lo cede in prestito al Lecco in serie C1: i blucelesti sono una compagine di centro classifica, Russo gioca 12 partite segnando una rete, poi a gennaio passa all’Arezzo che si sta giocando la promozione in serie B, stesso bottino di 12 presenze e un gol. Il treno forse è passato, l’Inter ha altri problemi, continua a rimandare l’appuntamento con lo scudetto che manca dal 1989, Nello Russo viene dimenticato e prosegue la sua trafila al contrario fra serie C (Viterbese e Lumezzane) e serie B con esperienze al Crotone, all’AlbinoLeffe e allo Spezia fra il 2005 e il 2007, appena 6 reti realizzate, di cui 5 a Crotone. Spesso subentrato a partita in corso, quasi mai titolare, quasi mai in cima alle gerarchie degli allenatori, ben presto in pochi lo associano a quel gol all’esordio in serie A con la maglia dell’Inter, il tempo passa, la gente dimentica, in più Russo è uno dei cognomi più popolari in Italia, chi vuoi che si vada a ricordare che quel Russo che sgomita fra serie C e B sia lo stesso di quel debutto da sogno? Eppure lo è, eppure quel talento non è giusto che vada disperso. Si disperde, invece, Nello Russo scende definitivamente di categoria passando in poco tempo dalla serie C1 con Padova, Crotone (un ritorno, altri 7 gol nell’esperienza più positiva per la punta lonbarda) e Monza, alla C2 con l’Isola Liri, fino al dilettantismo con la maglia dei bergamaschi del Mapello Bonate e alla chiusura di carriera in Prima Categoria a Suno, provincia di Novara, nella locale squadra della Suonese, affiliata all’Inter, il primo amore, la società che lo ha cresciuto, svezzato, lanciato e forse un po’ rinnegato, fino a riaccoglierlo da ex calciatore nel ruolo di tattico della fase offensiva dei Giovanissimi nerazzurri.
Non ha rimpianti Nello Russo, anzi, si dice fortunato per le esperienze vissute: “Ho giocato 100 partite in serie B – dice sorridendo – e mi posso anche accontentare, poteva andare meglio ma sicuramente pure peggio”. Forse il talento da giocatore di serie A non lo aveva, forse quel treno è passato troppo in fretta per riuscire anche solo a pensare di salirci sopra, forse le circostanze non lo hanno aiutato, ma ciò che sorprende del pensiero odierno di Russo è il rammarico di averlo segnato quel gol al debutto in serie A: “Quella rete mi ha tagliato le gambe – dice – certe volte penso che sarebbe stato meglio non segnarla. Sembra assurdo, lo so, ma forse se non avessi fatto gol all’esordio il mio percorso sarebbe stato diverso, avrei lavorato con molta più tranquillità; senza il peso di quel gol sulle spalle mi sarei espresso meglio”. La saggezza dell’uomo maturo, quei tanti forse che non avranno mai una risposta certa, quel gol segnato nell’unica brevissima apparizione in serie A e un ritornello che mai si toglierà di dosso: che fine ha fatto Nello Russo, il ragazzino che segnò in Inter-Udinese? Ha fatto la fine di tanti calciatori che non sfondano pienamente, sarebbe stato uno qualsiasi se non avesse messo piede a San Siro in quel 5 dicembre 1999, resta invece oggi una delle storie più particolari della serie A.
di Marco Milan