Israele è ebraica: il parlamento israeliano approva la “legge sulla nazionalità”
Approvata dal Parlamento la legge che riconosce Israele come Stato ebraico, conferisce agli ebrei il diritto esclusivo all’autodeterminazione del Paese e classifica di fatto, gli arabi come cittadini di seconda classe
La Knesset, il Parlamento dello Stato di Israele, ha approvato la legge sullo “Stato –Nazione ebraico”, un atto controverso che definisce Israele come Stato esclusivamente ebraico.
La “legge della nazione” affronta una questione che sin dalla nascita di Israele, è caratterizzata da una profonda ambiguità sia concettuale sia sostanziale: Israele come “stato ebraico e democratico” . Per molti un ossimoro per altri un escamotage ben riuscito per conciliare lo “Stato degli ebrei” di matrice sionista e il principio di democrazia per tutti i suoi cittadini.
La legge riconosce Israele come la patria storica del popolo ebraico e solo a questo è riconosciuto il diritto all’autodeterminazione (diversamente da quanto previsto dalla Dichiarazione di indipendenza del 1948 che riconosce “.. completa eguaglianza di diritti sociali e politici a tutti i suoi abitanti senza distinzione di religione, razza o sesso …”), ufficializza Gerusalemme capitale unita e declassa l’arabo da seconda lingua ufficiale a lingua a statuto speciale.
“Il dualismo fra “ebraico” e “democratico” esiste fin dalla nascita dello stato” scrive Giorgio Gomel su Affarinternazionali.it. “Basti pensare” continua Gomel – “alla Legge del ritorno che consente agli ebrei del mondo di diventare cittadini di Israele immigrando nel Paese. Che Israele sia uno Stato “ebraico”, non solo perché luogo di rifugio dalla persecuzioni di un popolo disperso, ma perché l’identità collettiva del Paese è impregnata di cultura ebraica (la lingua, le feste, i simboli pubblici) è certamente legittimo. Ma non è accettabile che lo stato favorisca il gruppo ebraico rispetto ad altre etnie. La novità dell’oggi è che la legge codifica questa discriminazione”.
Gideon Levy su Haaretz scrive: “La legge mette fine anche alla farsa di uno stato israeliano “ebraico e democratico”, una combinazione che non è mai esistita e non sarebbe mai potuta esistere per l’intrinseca contraddizione tra questi due valori, impossibili da conciliare se non con l’inganno. Se lo stato è ebraico non può essere democratico, perché non esiste uguaglianza. Se è democratico, non può essere ebraico, poiché una democrazia non garantisce privilegi sulla base dell’origine etnica”.
Fondamento della legge è che Israele è ebraica, cioè è lo Stato nazione del popolo ebraico e non uno Stato di due popoli che convivono. Ha pertanto costituzionalizzato quello che di fatto il Paese già dimostrava con i fatti di non essere: una democrazia egualitaria. Pertanto, sotto questo punto di vista, la legge votata dal Parlamento è un atto di verità.
Israele, per chi c’è stato, non nasconde di essere un Paese diverso da quello degli ebrei: simboli, bandiere, lingua, abiti tradizionali. Nulla fa pensare che si tratti di uno Stato dove “convivono due popoli”.
Proprio per il timore che questo slancio di sincerità avesse potuto ulteriormente pregiudicare l’immagine di Israele nel mondo e generare conseguenze internazionali, il presidente della Repubblica Reuven Rivlin e il procuratore generale di stato – difensori pubblici della moralità – avevano protestato additando la legge come “un’arma nelle mani dei nemici di Israele”.
Ciononostante, il voto in Parlamento è stato facile: 62 favorevoli, 55 contrari, due astenuti. Contrario anche qualche nazionalista, convinto che anche la democrazia sia un valore fondamentale per la sopravvivenza dello Stato degli ebrei. Il dibattito che ha preceduto la legge è stato lungo e intenso ma alla fine si è arrivati a questa legge che ha valore quasi-costituzionale (nel paese non esiste una Costituzione): Israele, patria del popolo ebraico; Gerusalemme unita come capitale; l’ebraico come lingua ufficiale; lo Stato che “guarda allo sviluppo dell’insediamento ebraico come un valore nazionale e agirà per incoraggiare e promuovere la sua realizzazione e consolidamento”.
E gli arabi? Una minoranza importante: più di un milione e 600 mila musulmani, il 20,7% della popolazione d’Israele. Nella Knesset ci sono più deputati arabi di quanti ce ne siano nel Parlamento della Giordania, dove i palestinesi sono più del 60%. Rispetto agli ebrei, gli arabo-israeliani restano cittadini di seconda categoria dal punto di vista politico, sociale ed economico.
Chiosa Gideon Levy: “Israele è solo per gli ebrei, anche sulla carta. Lo stato nazione del popolo ebraico, non dei suoi abitanti. I suoi arabi sono cittadini di seconda classe e i suoi abitanti palestinesi non hanno statuto, non esistono. Il loro destino è determinato da Gerusalemme, ma non sono parte dello stato. È più facile per tutti così”.
(di Alessandra Esposito)