Amarcord: dall’Inferno al Paradiso e ritorno. Ascesa e discesa del Como di Preziosi
Nello sport esistono i cicli, lunghi o brevi che siano, positivi o negativi, gli appassionati sanno che prima o poi il vento cambierà. A Como, fra il 2000 e il 2004 è successo di tutto, di cicli e capovolgimenti di fronte ne hanno gustati a volontà, scalando una vetta ripidissima e scendendo di nuovo in picchiata a tutta velocità.
E’ l’estate del 2000 quando il presidente del Como, Enrico Preziosi, proprietario dell’omonima catena di giocattoli, decide che è il momento di riportare i lombardi almeno in serie B. La compagine comasca è infatti impelagata in terza serie da oltre 5 anni ed il piccolo stadio Sinigaglia è ormai popolato da pochi affezionati, stanchi e rassegnati, tutto il contrario di quanto accadeva negli anni ottanta quando gli azzurri erano una presenza fissa e costante in serie A. Preziosi non vuole spendere e spandere, preferisce programmare, partire a fari spenti ma costruendo un’ossatura di squadra solida e compatta che possa lottare dall’inizio alla fine per la promozione; sceglie un allenatore giovane, giovanissimo, che si chiama Loris Dominissini che nel 2000 non ha ancora compiuto 40 anni, ha allenato fino al 1999 gli Allievi dell’Udinese e che nel mondo del calcio i più appassionati ricordano come giocatore a Udine ad inizio anni ottanta. Nato proprio in Friuli, Dominissini ha colpito Preziosi e il direttore generale Giorgio Vitali per la sua preparazione tattica quasi maniacale e per la sua calma: è un po’ taciturno, quasi timido, ma non ha paura di guidare una squadra storica e blasonata come il Como, anche se la pressione è tanta e per lui si tratti della prima avventura fra i professionisti.
E’ un gran lavoratore, però, Dominissini, si applica, studia, coinvolge il gruppo, fa capire allo spogliatoio che insieme si possono raggiungere grandi traguardi. La società lo sostiene, in rosa c’è un centravanti come Eupremio Carruezzo che in serie C è una garanzia, a centrocampo ci sono gli esperti Ferrigno ed Olivares, in porta uno come Alex Brunner che ha militato per diverse stagioni anche in serie A. L’avvio di campionato è buono per il Como che vince all’esordio a Carrara e resta imbattuto per le prime 5 giornate prima di cadere a Varese, salvo poi riprendersi immediatamente col 4-0 rifilato ai cugini del Lecco nel sentitissimo derby del Lario. Si capisce sin da subito che la formazione comasca ha le carte in regola per lottare per la promozione, la squadra è organizzata, rilascia una sensazione di freschezza in campo, i calciatori si ritrovano alla meraviglia, Dominissini parla poco ma produce parecchio. Al comando della classifica si issa ben presto il Modena, il Como segue gli emiliani a breve distanza; il 19 novembre va in scena al Sinigaglia lo scontro diretto: lo stadio che affaccia sul lago è gremito come ai bei tempi della serie A, la partita è però brutta, spigolosa, maschia, il Como la vincerà per 1-0 ma l’epilogo sarà drammatico per il pugno sferrato da Ferrigno al modenese Bertolotti che costerà al calciatore emiliano il coma per diverse settimane e il ritiro dall’attività agonistica. Il Como perderà il suo simbolo Ferrigno, squalificato per 3 anni, la rivalità fra lombardi e gialloblu si accenderà non solo per il duello in campionato che durerà sino alla fine.
Modena e Como sono le regine del girone A della serie C1 2000-2001: scavano un solco fra loro e le inseguitrici, tanto che il Livorno, terzo a fine stagione, capisce ben presto che farà meglio a concentrarsi sui playoff se vorrà salire in B. Il duello fra le due battistrada è serratissimo: vincono entrambe a ripetizione (chiuderanno il torneo con 22 successi ciascuno), il Modena non perde praticamente mai, il Como chiude la difesa a doppia mandata. La sconfitta per 1-0 a Lecco il 18 febbraio 2001 e lo 0-0 nel confronto diretto di Modena del 25 marzo risultano determinanti per i lombardi che per soli 2 punti (72 contro 74) cedono agli emiliani primo posto e promozione diretta in serie B. Il Como è così costretto a passare sotto le forche caudine degli spareggi, un rischio enorme per chi fino all’ultimo ha lottato per il primo posto, è stanco ed anche un po’ amareggiato per l’epilogo negativo. Dominissini è bravissimo a tenere alto il morale dei suoi: “Abbiamo fatto 72 punti – dice nello spogliatoio dopo l’ultima giornata e il 2-1 inflitto al Pisa – siamo meglio di tutte le rivali qualificate ai playoff, quindi andiamo a prenderci quello che ci spetta per classifica”. E’ un discorso che piace moltissimo ai giocatori, carichi come non mai per regalare la promozione ad una città che aspetta la serie B da ormai 6 anni.
Nella semifinale dei playoff il Como affronta lo Spezia: all’andata in Liguria gli azzurri vincono 1-0, mentre al ritorno si accontentano di uno 0-0 che li proietta in finale dove ad aspettarli c’è il Livorno che nel frattempo ha fatto fuori l’Arezzo. La finale è doppia, andata all’Ardenza di Livorno il 10 giugno, ritorno al Sinigaglia una settimana dopo; il Como, in virtù del miglior piazzamento in campionato, sa che con due pareggi è promosso, mentre il Livorno dovrà vincere almeno uno dei due confronti, motivo per cui i toscani attaccano dall’inizio alla fine nel proprio stadio nella gara di andata. Ma il Como (appena 18 reti al passivo in stagione) ha una difesa di ferro, respinge gli assalti degli amaranto e strappa uno 0-0 utilissimo in vista del ritorno in casa. Il 17 giugno tutta Como è in fibrillazione, mentre da Livorno salgono in 3000 per spingere i toscani verso l’impresa; la gara è tirata, logorante, il caldo estivo non aiuta, anzi, sugli spalti in diversi accusano lievi malori e gli inservienti dello stadio a più riprese usano gli idranti per refrigerare con acqua i tifosi. Al termine dei 90 minuti regolamentari il risultato è ancora sullo 0-0 e costringe le due squadre a giocare i supplementari, al termine dei quali se dovesse permanere il punteggio di parità, il Como sarebbe promosso. Il Livorno non ha ormai più nulla da perdere, si getta in avanti, ma di fronte ha una difesa impenetrabile, e quando nel primo minuto di recupero del secondo tempo supplementare il Como guadagna un calcio di punizione, la sensazione di tutto lo stadio è che i lariani siano ormai in serie B. I tifosi cantano a squarciagola e quasi non si accorgono della goffa autorete del difensore livornese Geraldi che regala l’1-0 ai padroni di casa e la promozione della squadra di Dominissini dopo 6 anni di sofferenze.
La festa di Como è una liberazione, la squadra ha centrato quell’obiettivo che per troppe stagioni era stato fallito e, pur senza brillare nei playoff, la formazione lombarda è riuscita in quell’impresa sognata ed inseguita. Il presidente Preziosi è al settimo cielo, i tifosi lo portano in trionfo, qualcuno gli chiede di non spezzare quel sogno, lui non risponde, ma sotto sotto sogghigna, perchè è un imprenditore ambizioso, uno che vuole vincere ed ha in mente di regalare a Como un’altra annata da sogno. Per la serie B, il patron azzurro non vuole sbagliare nulla: in panchina resta Dominissini che ha convinto tutti, club, calciatori e tifosi, mentre in rosa arrivano elementi esperti come il centrocampista Fabio Gallo ed il tornante Nicola Zanini, uniti a profili giovani come il bosniaco Vedin Music che si rivelerà come una delle sorprese del campionato; ma il colpo da novanta è in attacco dove arriva Luis Oliveira, centravanti belga di origini brasiliane, tanti anni di esperienza in serie A con Cagliari e Firoentina, un lusso per il torneo cadetto. Il debutto è una beffa, nonostante lo stadio gremito: fa caldo il pomeriggio del 26 agosto 2001, il Como ospita il Crotone e la partita non è un granchè, fino al minuto 83 quando i padroni di casa vanno in vantaggio col primo centro stagionale di Oliveira. Sembra fatta per i comaschi, trafitti invece proprio in pieno recupero dal crotonese Sarli: 1-1, vittoria rimandata. Alla seconda giornata, però, le cose sembrano mettersi male, il Como perde 4-1 a Reggio Calabria apparendo fragile e timoroso, una settimana più tardi cade anche a Genova contro il Genoa, 2-1. In molti in riva al lago sostengono che Como-Salernitana della domenica successiva sarà determinante per il futuro di Dominissini sulla panchina azzurra.
Il tecnico si mostra però tranquillo, in conferenza stampa dice: “Io conosco il mio lavoro, so benissimo che contano i risultati, ma più che lavorare non posso fare. Siamo una neopromossa, il campionato è lungo, sono convinto che ci riprenderemo”. Sembrano frasi di circostanza di un allentore sull’orlo dell’esonero, invece è un discorso premonitore perchè il Como da lì in avanti non si fermerà più: una rete di Oliveira, infatti, basta a piegare la Salernitana e a regalare la prima vittoria stagionale ai lariani che poi dilagano 7 giorni dopo a Cosenza vincendo 4-1 e battono anche l’Ancona nel turno successivo, 1-0. La sconfitta di Modena è pesante (3-0) ma non scalfisce le sicurezze di un Como che vincerà 9 delle successive 10 partite, pareggiando solo a Bari e lanciandosi all’inseguimento di una promozione che avrebbe dell’incredibile ma che, settimana dopo settimana, appare invece sempre più possibile. Oliveira segna con una regolarità impressionante e il Como sembra una squadra in grado di battere chiunque; curiosamente, i lariani ingaggiano un altro duello col Modena, come l’anno precedente in serie C. Nel girone di ritorno, dopo il ko casalingo contro la Reggina, causato da una doppietta dell’ex di turno Davide Dionigi, i lariani innestano la marcia giusta e vincono le partite giuste al momento giusto, come a Salerno ad inizio febbraio e come col Modena il 3 marzo, forse la spallata decisiva al campionato. Oliveira stende il Bari con una doppietta il 28 aprile, poi una settimana più tardi decide la gara di Cagliari proprio davanti ai suoi vecchi sostenitori: è la vittoria decisiva perchè il 12 maggio 2002, battendo 2-0 l’Empoli in uno stadio Sinigaglia vestito a vesta, il Como ritrova la serie A dopo 13 anni di assenza, nell’incredulità generale di una città rimasta ad ammuffire per oltre un decennio ed ora chiamata a festeggiare un doppio salto dalla C1 alla A che in pochi avrebbero potuto anche lontanamente immaginare.
E a Como fremono tutti nell’estate del 2002 perchè l’ultima volta che gli azzurri hanno calcato i campi della massima serie era il 1989, altro calcio, un’epoca lontana che ora può essere vissuta nuovamente grazie a quel presidente che sta riportando una città a quei fasti che tutti temevano di non poter vedere più. Un presidente acclamato dal suo popolo e che, forse inconsciamente, pensa di poter ormai far diventare oro qualsiasi cosa, commettendo così un errore che a Como ancora oggi maledicono. Preziosi, infatti, dopo aver confermato Dominissini come allenatore, stravolge completamente la rosa della squadra: Oliveira, dopo i 23 gol della promozione che gli sono pure valsi il titolo di capocannoniere, resta in B e si accasa al Catania dopo alcune liti con la dirigenza del Como per via dell’adeguamento di contratto. In Lombardia arrivano calciatori a vagonate, l’idea di Preziosi è allestire una rosa piena di elementi esperti, anche se sul viale del tramonto: ecco allora in porta Ferron, in difesa Padalino e Tarantino, a centrocampo Pecchia e Cauet, in attacco addirittura Daniel Fonseca che le sue migliori pagine da calciatore le ha ormai scritte e che arriva a Como con motivazioni inversamente proporzionali ai chili del suo corpo, giocherà due partite e poi appenderà gli scarpini al chiodo. A scorrere i nomi della rosa di Dominissini si ha la sensazione di essere davanti ad una squadra dal discreto potenziale, anche se molti dei nuovi acquisti sono ad un passo dall’addio al calcio giocato ed il tecnico non riesce a creare in fretta quella compattezza e quell’unione di spogliatoio che aveva invece caratterizzato le due annate precedenti, culminate con la doppia promozione.
L’esordio del Como in serie A dopo 13 anni di assenza è paradossalmente il proseguimento della festa promozione perchè sabato 14 settembre 2002 al Sinigaglia arriva l’Empoli, proprio la formazione battuta nel giorno della festa di circa tre mesi prima. Ma la serie A è un’altra storia ed il pubblico lariano se ne accorge presto: l’Empoli, più frizzante e quadrato, gioca meglio del Como, è organizzato e concreto, mentre i padroni di casa si muovono male, appaiono slegati, non hanno un leader in mezzo al campo ed anche Dominissini in panchina sembra in difficoltà. L’Empoli vince 2-0 e per il Como inizia un calvario che diverrà la normalità di una stagione disgraziata; dopo il ko iniziale, infatti, gli azzurri perdono anche a Parma, poi strappano due pareggi, il primo in casa contro la Reggina (rigori di Benito Carbone e del giapponese Nakamura), il secondo addirittura a Torino con la Juventus quando l’ex di turno Pecchia spaventa i campioni d’Italia a metà ripresa, prima dell’1-1 firmato da Zalayeta quasi al 90′. Potrebbe essere un’ottima iniezione di fiducia per un Como che invece non riesce proprio a ritrovarsi, anzi, continua a fallire l’appuntamento con la prima vittoria in campionato, pareggia contro Piacenza e Brescia, poi perde 5 partite consecutive contro Inter, Bologna, Lazio, Perugia e Udinese; a referto un solo gol all’attivo (di Corrent nell’1-3 con la Lazio) e ben 11 al passivo. Il 18 dicembre 2002, dopo il ko contro la sua ex Udinese, Loris Dominissini viene esonerato, senza aver vinto neanche una gara in serie A e con l’ultimo posto in classifica che è la logica conseguenza di un avvio di campionato da incubo per l’ex rivelazione della serie B.
Preziosi sceglie così la via dell’esperienza anche in panchina e chiama al capezzale del Como Eugenio Fascetti, fermo dopo le ottime stagioni a Bari e il fallimento a Vicenza con la mancata promozione in A. Il tecnico toscano ha carisma e capacità per risollevare la classifica dei lariani e nella prima intervista da allenatore del Como fa capire subito quali saranno le sue linee guida: “Qua c’è poco da scherzare – dice Fascetti – la squadra è ultima e con zero vittorie, se non invertiamo subito la rotta per noi è finita”. Secco ma sincero, Fascetti si presenta a Como con la fama del duro e l’avventura non parte neanche male: a Modena, tanto per cambiare, i lombardi vanno sotto a un quarto d’ora dalla fine; sembra l’ennesimo capitolo di un libro dall’esito scontato, e invece al 90′ il guizzo del centravanti croato Bjelanovic regala al Como un pareggio utile forse più per il morale che per la classifica, ma pur sempre un discreto punto di partenza. Ma il destino non ha preso evidentemente i comaschi sotto la sua buona stella: dopo il pari in Emilia, la squadra di Fascetti cade contro il Milan (1-2 in casa) e poi 2-0 a Verona contro il Chievo. Fascetti scuote la testa, Preziosi è su tutte le furie e parla di congiura del potere contro di lui e contro il Como, dopo ogni partita recrimina su episodi arbitrali a sfavore dei lariani, dice che se dovrà retrocedere vorrà farlo senza il subentro di fattori esterni. In più, i disordini causati dai tifosi durante la gara contro l’Udinese, portano alla squalifica del Sinigaglia ed i lombardi da gennaio a marzo sono costretti ad emigrare a Piacenza e a Reggio Emilia. Fatto sta che a Natale il Como è ancora ultimo in classifica e senza lo straccio di una vittoria in un girone d’andata che ormai volge al termine.
Il 2002 si chiude con due pareggi malinconici: l’1-1 contro l’Atalanta a Reggio Emilia e lo 0-0 in casa del Torino, altra formazione con la retrocessione ormai quasi in tasca. Sabato 25 gennaio 2003 il Como ospita (per così dire) la Roma sul campo neutro di Piacenza; freddo e mestizia per una partita che vede i lariani ultimi e senza vittorie all’attivo ed i giallorossi di Capello incappati in una stagione anonima dopo uno scudetto ed un secondo posto nelle due annate precedenti. La gara è ricordata per l’esordio in serie A di Daniele De Rossi e fino all’82’ ha poco da dire, poi il Como ha quel sussulto d’orgoglio che tutti aspettano da mesi: il bosniaco Music porta in vantaggio i lombardi, quindi in pieno recupero arriva il 2-0 firmato da Carbone. Il Como toglie lo zero alla voce vittorie, resta ultimo ma si prende una soddisfazione che potrebbe regalargli una seconda parte di campionato meno travagliata della prima. Fascetti esulta ma non può cantare vittoria troppo forte: “Abbiamo vinto e siamo contenti – dice dopo la partita – ma se non ne vinciamo altre 2-3 di fila, anche questo successo avrà meno importanza”. Ha ragione l’allenatore, il Como deve infilare un filotto di vittorie che lo riavvicinino alla zona salvezza, altrimenti il 2-0 sulla Roma assumerà un mero valore statistico e poco più. A Empoli una settimana più tardi finisce solo 0-0, contro il Parma, invece, i lariani si porteranno sul 2-1 prima del pareggio di Mutu su rigore al 90′; non è neanche fortunato il Como, col Brescia (nel giorno della riapertura del Sinigaglia) segna ad inizio ripresa e viene raggiunto 50 secondi dopo, giusto a 7 giorni dalla seconda vittoria in campionato, la prima in trasferta, ottenuta a Piacenza grazie ad un gol di Nicola Amoruso dopo pochi minuti.
Troppo poco anche solo per pensare di potersi salvare, perchè a Como manca quasi tutto: carisma, grinta, potenzialità tecniche e continuità, persino il pubblico è ormai scoraggiato. Dopo il roboante e sorprendente 5-1 inflitto al Bologna, Fascetti non si esalta: “Quante possibilità abbiamo di salvarci? Bah, forse il 2%”. Non ci crede più nessuno, insomma, gli azzurri perdono 3-0 contro la Lazio, poi l’emblema della loro stagione è nel pareggio casalingo contro il Perugia: Amoruso porta avanti la squadra lariana nel primo tempo, il Como gioca pure discretamente ma non chiude la partita, commettendo in pieno recupero l’ingenuità che costa un rigore, trasformato da Miccoli e che condanna i lombardi ad una retrocessione ormai irrimediabile. Nelle ultime 6 giornate il Como non riesce infatti a cavare un ragno dal buco, perde contro Udinese, Milan, Chievo ed Atalanta, poi all’ultima giornata, col campionato ormai in vacanza, batte 1-0 il Torino in una sfida deprimente fra le ultime due della classe, togliendosi però la magra soddisfazione di lasciare l’ultimo posto della classifica proprio ai granata. Il Como chiude l’annata in 17.ma posizione, 4 vittorie, 12 pareggi e 18 sconfitte, 29 reti realizzate e 57 subite, i migliori marcatori stagionali sono Amoruso e Pecchia con 6 gol a testa. E’ l’ultimo acuto del Como in serie A, ma soprattutto è l’ultimo acuto di Enrico Preziosi alla guida del club.
In estate, infatti, a Como iniziano a circolare brutte voci: il patron vuole cedere la società ed acquistare il Genoa che nel frattempo è retrocesso in C1 e verrà ripescato in serie B per il rotto della cuffia. A Preziosi la città di Como e la squadra lariana vanno ormai troppo strette, vuole qualcosa di più, una piazza con più visibilità e maggior blasone; a Como ha dato tanto, ma il prezzo che in riva al lago stanno per pagare forse non vale neanche le tre stagioni appena vissute e quella serie A ritrovata dopo 13 anni. Preziosi è ormai deciso a cedere il Como, non pensa più a come rinforzare la squadra, anzi, la indebolisce a tal punto che ai nastri di partenza della serie B 2003-2004 gli azzurri vengono inseriti fra le compagini che lotteranno per non retrocedere. Il 1 ottobre 2003, col Como già impelagato nei bassifondi della classifica cadetta, Preziosi cede il club ad Aleardo Dall’Oglio: sarà l’inizio della fine, perchè i lariani finiscono subito in C1, ultimi e con l’onta di subire 12 sconfitte nelle ultime 13 giornate di campionato. Ma se il ritorno in serie C è rapido quanto lo era stato riprendersi la serie A, a Como l’incubo è solo iniziato: in men che non si dica arriva pure la caduta in C2 dopo i playout persi contro il Novara, ma soprattutto il fallimento che obbligherà la nuova società a ripartire dalla serie D con una nuova proprietà.
Il 17 settembre 2005, quando in uno stadio Sinigaglia mezzo vuoto, il Como esordisce nel girone B della serie D battendo 2-1 i corregionali del Turate dopo 68 anni consecutivi tra i professionisti, le deluse menti dei sostenitori lariani vanno forse alle feste promozione contro Livorno ed Empoli, o a quel nuovo debutto in serie A dopo 13 anni, nonchè a quel presidente che li ha sedotti ed abbandonati, ma anche a quel tecnico, Loris Dominissini, che dopo Como ha vinto una Coppa Italia di serie C allo Spezia per poi essere dimenticato dal mondo del calcio. Un’avventura esaltante ma di breve durata: meglio bruciare in un attimo che spegnersi lentamente, diceva qualcuno. A Como fra il 2000 ed il 2003 hanno fatto proprio così.
di Marco Milan
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