Amarcord: il Mantova e la storia di un sogno infranto
Un entusiasmo crescente, la gloria dopo decenni di anonimato e sofferenze, il Paradiso ad un passo, la voglia di riemergere che mancava da tanto, troppo tempo. Un anno vissuto intensamente a Mantova, i sogni e le speranze, poi l’amaro epilogo che non cancella una cavalcata inebriante.
E’ il 19 giugno 2005 quando il Mantova batte per 3-0 il Pavia nel ritorno della finale playoff di serie C1 e riconquista la serie B dopo 32 anni di attesa. Allo stadio Martelli ci sono quasi 13.000 spettatori ad attendere il fischio finale che riporta i biancorossi lombardi nella serie cadetta dopo decenni di sofferenze ed il fallimento dell’estate 1994 che aveva costretto il Mantova a ripartire dall’Eccellenza. Gli artefici dell’impresa sono il presidente Fabrizio Lori e l’allenatore Domenico Di Carlo; Lori è un patron sui generis: giovane, atletico, capelli lunghi, barba, l’aria da rockstar che manda in visibilio le donne mantovane ma che soprattutto fa sognare i tifosi della squadra locale, eccitati dalle sue parole del luglio 2004 quando Lori diventa proprietario del club: “Riporterò il Mantova in alto, lo prometto”. Ed è così, perchè i virgiliani al primo tentativo conquistano la serie B col secondo posto dietro alla Cremonese e la vittoria ai playoff dopo aver eliminato il Frosinone in semifinale e appunto il Pavia in finale. Di Carlo è portato in trionfo dal popolo mantovano, è un allenatore giovane, preparato, molto attento alla tattica, ha plasmato bene una squadra ricca di talento: in difesa c’è il roccioso e carismatico centrale Gabriele Cioffi, la fantasia è affidata al trequartista calabrese Gaetano Caridi, mentre in attacco c’è l’esperienza di Paolo Poggi e la praticità di Alessandro Noselli e Gabriele Graziani, figlio di Ciccio e centravanti classico.
Per l’avventura in serie B della stagione 2005-2006, il Mantova resta invariato, punta tutto sul gruppo che vinto la serie C, convinto che quella squadra possa ben figurare anche fra i cadetti. Di Carlo pure ne è convinto, anche se vola basso e confessa alla stampa che l’obiettivo primario del Mantova sarà quello di mantenere la categoria, almeno inizialmente. Del resto, le favorite per la promozione sono il Torino, il Bologna, il Brescia e l’Atalanta, ma per molti il Mantova potrebbe rappresentare una bella sorpresa del torneo, un po’ per il blasone e un po’ per le ambizioni del presidente Lori. A Mantova la serie A non la vedono da 35 anni, lo stadio Martelli è piccolo ma ribolle di passione e in città c’è un fermento mai visto negli ultimi decenni, motivo per cui le aspettative sono alte e Di Carlo preferisce volare basso. Alla prima giornata, il 4 settembre 2005, i biancorossi esordiscono in casa e battono 1-0 l’Arezzo grazie al gol di Graziani alla fine del primo tempo; un ottimo avvio a cui fa seguito il pareggio di Bari e la vittoria in rimonta 3-2 sul Cesena. Dopo il pari di Modena, il Mantova vince 4 gare di seguito fra cui l’1-0 inflitto all’Atalanta che proietta i virgiliani fra le grandi della B; l’entusiasmo è alle stelle, i lombardi pareggiano a Crotone, poi infilano altri tre successi consecutivi, tutti accolti da eccitazione dal pubblico mantovano: il 3-0 al Catania, altra favorita di inizio stagione, il 2-1 di Cremona nel sentitissimo derby con la Cremonese e l’1-0 contro il Torino, nel prologo di quello che sarà l’agguerrito finale di un’annata comunque indimenticabile.
Nel girone d’andata il Mantova è una sorta di rullo compressore, subisce la prima sconfitta solamente all’ultima giornata, il 21 dicembre, perdendo 2-1 a Pescara, ma è in piena corsa per la promozione diretta, un traguardo impensabile ad inizio campionato. L’euforia è incessante a Mantova, neanche la sapienza e l’umiltà di Di Carlo riescono a spegnere il trionfalismo che imperversa in città: la compagine lombarda è in testa al campionato con 42 punti, 3 in più del Torino terzo, 4 in più dell’Atalanta quarta, mentre nel frattempo le rivali storiche Cremonese e Verona annaspano, i grigiorossi in fondo alla classifica, gli scaligeri a metà graduatoria. Noselli e Graziani formano una coppia d’attacco affiatata e ben assortita, la sensazione è che nella seconda parte di stagione i biancorossi possano davvero giocarsela fino in fondo e conquistare la serie A da neopromossi, come accaduto al Lecce nel 1997 e a Como e Modena nel 2002. Ma nel girone di ritorno il Mantova frena bruscamente, inizia a perdere diverse partite, cade ad Arezzo, a Cesena, in casa contro Vicenza e Bologna, ma soprattutto perde tre scontri diretti fondamentali nella corsa alla promozione diretta: prima si fa battere dall’Atalanta a Bergamo 2-1, poi ruzzola 3-0 a Catania, infine perde 2-0 a Torino. E’ la fine del sogno perchè l’Atalanta diventa capolista e non lascia più il primo posto, mentre Catania e Torino si staccano dal Mantova e danno vita al duello per l’altra piazza che porta direttamente in serie A e che viene vinto sul filo di lana dai siciliani. Il Torino chiude terzo, il Mantova quarto a 64 punti, solo 27 nel girone di ritorno, un bottino troppo magro per cullare ulteriori sogni di gloria.
Ma qualificarsi per i playoff è comunque un risultato prestigioso per i virgiliani che possono in ogni caso raggiungere la serie A dalla porta di servizio. Per una neopromossa non è poco, tutt’altro, la città spinge il Mantova verso l’ultimo sforzo, sa che quella può essere una stagione irripetibile, oltre al fatto che la voglia di riabbracciare il grande calcio è così forte che qualsiasi avversario diventa battibile davanti ad una fame simile. Di Carlo continua a volare basso, ma anche lui sa che quell’annata può essere importantissima per il Mantova e anche per sè stesso, che la carriera di un allenatore può avere la sua svolta in stagioni simili; una doppia promozione sarebbe l’apripista per affacciarsi in serie A pure da tecnico e costruire un’ascesa professionale di tutto rispetto. La sua squadra, inoltre, non sembra in debito d’ossigeno, anzi, il non aver rincorso la promozione diretta fino all’ultimo (come accaduto ad esempio al Torino) potrebbe aver tenuto qualche carica di riserva nella testa e nelle gambe dei calciatori. Ai playoff, oltre al Mantova e al Torino, ci sono poi il Modena e il Cesena, due formazioni partite con discrete ambizioni ma che partono sfavorite alla vigilia delle due semifinali contro le rivali lombarde e piemontesi.
Il 1 giugno 2006 allo stadio Braglia di Modena scendono in campo i padroni di casa emiliani ed il Mantova: la gara è tattica, tesa e un po’ nervosa, l’equilibrio la fa da padrone e il risultato finale di 0-0 rispecchia pienamente i valori visti sul terreno di gioco. Un buon risultato per i mantovani che, meglio piazzati in classifica, potranno permettersi di non perdere anche nella sfida di ritorno per volare in finale. Ed è un Martelli stracolmo quello che accoglie i propri beniamini ed il Modena il 4 giugno seguente: la finale è vicinissima, basta non commettere errori; il Mantova parte fortissimo e segna dopo 5 minuti con l’attaccante Gasparetto, poi gestisce bene la gara, rischia poco e non si scopre, fino al minuto 89 quando il capocannoniere del campionato, Cristian Bucchi, sigla il pareggio. I minuti che seguono sono un autentico strazio per gli uomini di Di Carlo, costretti a subire l’arrembaggio degli emiliani che le provano tutte per agguantare la rete dell’1-2 che li porterebbe in finale. Il Modena colleziona calci d’angolo, ma di pericoli ne crea pochi e il Mantova al fischio finale festeggia l’approdo all’ultimo atto della B dove incontrerà il Torino che nel frattempo si è sbarazzato del Cesena. A tutti sembra la finale più giusta, anche per quanto visto nelle 42 giornate regolamentari; ai granata basteranno due pareggi per tornare in serie A dopo tre anni, mentre i lombardi dovranno vincere almeno una delle due partite. Il pronostico pende leggermente a favore del Torino di De Biasi che però è sembrato più stanco rispetto ad un Mantova preciso e quadrato, pronto a giocarsi tutto già dalla gara di andata davanti al proprio pubblico.
E’ la sera dell’8 giugno 2006 quando un festoso stadio Martelli si infiamma per l’ingresso in campo di Mantova e Torino: da una parte i padroni di casa in completo bianco con banda diagonale rossa, dall’altra i torinesi in tenuta tutta granata. Le strette di mano e lo scambio di gagliardetti nei preliminari di gara durano poco e ben presto la sfida assumerà i contorni della corrida; pronti via e il Torino va in vantaggio con Raffaele Longo, 0-1; neanche il tempo di mettere la palla al centro che il Mantova pareggia con Cioffi, uno dei leader della squadra mantovana che appare evidentemente più in palla degli avversari e prima della mezz’ora si porta sul 2-1 grazie a Caridi. Il Torino sembra alle corde, il Mantova se ne accorge e prova a colpirlo, mentre la partita si sposta sui binari dell’agonismo, falli, spinte, accenni di rissa, per l’arbitro Pieri tenere il polso della situazione si fa sempre più complicato. Nel secondo tempo i locali attaccano ancora e conquistano due calci di rigore, il primo lo trasforma Noselli, il secondo Caridi: 4-1, la serie A è vicinissima per il Mantova, il frastuono dello stadio è assordante, lo spicchio di curva riservato agli ospiti è ammutolito. A un quarto d’ora dalla fine, però, il centravanti torinista Elvis Abbruscato trova la rete del 4-2 che restituisce speranze agli uomini di De Biasi in vista del ritorno quando al Mantova “basterà” perdere con un gol di scarto per centrare la promozione.
11 giugno 2006, ore 20:45, lo stadio Delle Alpi di Torino si prepara ad ospitare l’ultimo evento della sua giovane esistenza, durata appena lo spazio di 16 anni. L’impianto torinese, mai amato dai tifosi di Torino e Juventus, verrà abbattuto e dalle sue ceneri sorgerà il moderno Juventus Stadium che dal 2011 diventerà la casa dei bianconeri, mentre per i granata verrà ristrutturato il vecchio Comunale, in pensione dal 1990. Torino-Mantova acquisisce così una valenza ancor più storica, anche se il piatto forte della serata sarà naturalmente la promozione in serie A: in oltre 55.000 sostengono i granata, il popolo torinista sa che quella sera servirà tutto per centrare l’obiettivo, dal calore del pubblico alla tecnica in campo, dalla rabbia alla freddezza, nulla potrà passare in secondo piano. Li aspetta una serata calda, non solo per il clima estivo, quanto e soprattutto per l’importanza della posta in palio che pure il Mantova sente tantissimo: uscire sconfitti dopo una stagione eccezionale e dopo il 4-2 dell’andata sarebbe a questo punto una beffa, una sbandata all’ultima curva prima del traguardo. In più, i giorni fra l’andata e il ritorno sono conditi da poco edificanti botta e risposta fra i due club: il Torino si è lagnato per i due rigori assegnati al Mantova al Martelli, i lombardi temono favori per i più blasonati granata al ritorno. Per il direttore di gara, l’esperto e navigato Stefano Farina, si preannuncia insomma un impegno probante.
Fin dalle prime battute si intuisce che il Torino vuole giocarsi già nel primo tempo gran parte delle sue carte: la squadra di De Biasi attacca, è grintosa, i calciatori granata arringano la folla ad ogni rimessa laterale guadagnata, il pubblico alza i decibel a livelli esponenziali, mentre il Mantova incomincia a spezzare il ritmo del gioco, alle volte provoca cercando di infondere nervosismo in un Torino che dopo 36 minuti sblocca la gara grazie ad un calcio di rigore assegnato dall’arbitro e trasformato dall’infallibile fantasista Alessandro Rosina; il Mantova inizia da lì una serie di proteste che non si placheranno neanche col passare degli anni: il più scatenato è il difensore Cioffi e pure Di Carlo (giacca blu elegantissima e maglia bianca con la scritta rossa “Mantova”) dalla panchina ne urla di tutti i colori alla terna arbitrale. Il Torino va al riposo sull’1-0, ad una sola rete dai tempi supplementari ma anche dalla promozione, la curva Maratona incita incessantemente i propri beniamini anche durante l’intervallo nel quale, si dice, i calciatori abbiano anche diversi scambi di vedute nel tunnel che conduce agli spogliatoi. Gli animi sono agitatissimi e pure nella ripresa la situazione non migliora, i contrasti si fanno sempre più ruvidi, Farina fa la voce grossa con tutti ma non sempre riesce a placare le acque. Minuto 62: il Torino si guadagna un calcio d’angolo e dal sinistro vellutato di Rosina la palla spiove in mezzo all’area dove il più lesto di tutti è Roberto Muzzi che sottomisura insacca il 2-0. Ora in serie A andrebbe il Torino, Muzzi si sfila la maglia e corre impazzito sotto la curva, rincorso dai suoi compagni.
Al Mantova saltano i nervi, eppure ci sarebbe ancora mezz’ora per rimettere in piedi la partita. La spinta del Torino si affievolisce, mentre i lombardi provano a riorganizzarsi; fra un colpo proibito e l’altro si va ai supplementari dove sono ancora i padroni di casa a partire forte; al terzo minuto, dalla stessa bandierina che aveva portato al 2-0, Rosina scodella un altro pallone verso l’area, stavolta a raccoglierlo è il terzino Davide Nicola che stacca imperioso e inchioda la sfera in porta: 3-0, il tripudio è a questo punto indescrivibile allo stadio Delle Alpi, il centrocampista di riserva Ferrarese esulta staccando la bandierina dell’angolo da terra e sventolandola in aria come un vessillo. Il Mantova è in ginocchio, ha bisogno di due reti per capovolgere un destino ormai avverso; il 4-2 dell’andata sembra un vago ricordo, i biancorossi sembrano diversi, intimiditi da un Torino che, viceversa, appare trasformato. Lo stadio è ormai una bolgia incessante, i tifosi cantano a favore dei granata e contro la Juventus, da qualche giorno coinvolta nello scandalo di Calciopoli che a breve li sbatterà in serie B, la stessa categoria da cui i cugini torinisti stanno per uscire. Ma il Mantova resiste, ci prova mentre in campo volano calci e pugni, Cioffi perde sangue dallo zigomo destro, ma poco importa.
I virgiliani si riversano in attacco e al 101′ guadagnano un rigore con Graziani, pure lui con un gomito tumefatto. Poggi, ex di turno, trasforma con freddezza il 3-1 e la gara vivrà i suoi ultimi 20 minuti di incertezza, speranza, panico e follia. Il Mantova getta il cuore oltre l’ostacolo, i calciatori biancorossi mancano di lucidità ma non certo di carattere e voglia di rimontare, si catapultano nell’area di rigore del Torino, incuranti dei fischi assordanti di un pubblico che dalla festa è passato alla paura. Sulle due panchine ci sono anche i presidenti: Urbano Cairo è una sfinge, Fabrizio Lori batte le mani ad incitare i propri calciatori, proprio come Di Carlo che predica calma e concentrazione. E’ ormai il 118′, la partita è agli sgoccioli, non esistono più schemi tattici ed organizzazione, il Mantova spara palloni verso la porta del Torino, i granata se ne stanno arroccati in difesa a fare muro e a contare i pochi minuti che li separano dal triplice fischio dell’arbitro; e intanto il rodeo continua con decine di ammoniti ed un espulso, l’attaccante piemontese Fantini. L’ultima speranza mantovana la genera Gasparetto che in piena area dalla sinistra ha la palla buona per colpire, ma il suo tiro sibila a pochi centimetri dal portiere Taibi che guarda il pallone accarezzare il palo, forse prega per tenerlo lontano dalla rete, mentre tutto il popolo granata trattiene il fiato. La disperazione dei calciatori del Mantova è evidente, la partita finisce così, il Torino è in serie A al termine di una battaglia con qualche ferito ed un morto, il Mantova.
Le lacrime mantovane scorrono a fiumi, Di Carlo e Lori sono infuriati contro Farina che dopo aver fischiato la fine si è lasciato andare a due “vaffa” consecutivi rifiutandosi di stringere la mano ai giocatori. Ancora oggi a Mantova quella partita è una ferita dolorosissima, una sconfitta non accettata dal popolo biancorosso, urtato dalla conduzione arbitrale (a suo dire di parte) e scottato da quella serie A che sembrava ad un passo dopo il 4-2 dell’andata. le seguenti 4 stagioni del Mantova di Lori in serie B (un ottavo, due tredicesimi posti e la retrocessione al termine del campionato 2009-2010) non hanno ripetuto l’exploit di quella straordinaria stagione 2005-2006, quella in cui una città intera ha accarezzato il sogno di ritrovarsi in serie A, subendo il più brusco ed orribile dei risvegli. E’ mancata solo la ciliegina sulla torta a quel Mantova, l’ultimo dettaglio che avrebbe reso trionfale un’annata comunque eccellente; eppure quella squadra, anche a distanza di anni, è nel mito e nella leggenda di una tifoseria eternamente riconoscente a quel gruppo bello e sfortunato.
di Marco Milan
Marco, a tam pari an po’ ‘n biet! Un riassunto ridicolo, parziale, non obiettivo. Sei proprio un torinese, fatti gemelli siete!