Amarcord: quando gli Stati Uniti sognarono la finale mondiale
1930-2002: sono queste le date che gli appassionati di calcio statunitensi hanno incorniciate nei loro ricordi. Sono le due date in cui la nazionale a stelle e strisce ha dimostrato che in America anche il calcio può far strada e che fra un hamburger e una Coca-Cola, anche il pallone può rotolare bene.
La nazionale di calcio degli Stati Uniti non ha mai rappresentato l’eccellenza del calcio mondiale, del resto quello che oltre oceano chiamano Soccer non è mai stato in cima ai pensieri degli sportivi americani. Eppure, curiosamente, gli Usa detengono il record di prima nazionale a vincere una partita ai mondiali di calcio (3-0 al Belgio nel 1930 all’esordio della manifestazione iridata in Uruguay), proprio nell’anno in cui raggiungono il loro massimo risultato alla coppa del mondo, ovvero il terzo posto dopo la semifinale persa per 6-1 contro l’Argentina. Il bronzo ad Uruguay 1930 è oltretutto il miglior risultato assoluto di una nazionale nord americana ai mondiali, primato tuttora ineguagliato. Da allora, però, 60 anni di buio: eliminazione al primo turno nel 1950, quindi nessuna qualificazione fino al 1990 quando dopo un’assenza di 40 anni gli Stati Uniti tornano ad affacciarsi alla più grande manifestazione calcistica per nazioni. Poi il mondiale ospitato nel 1994 e chiuso agli ottavi di finale, la negativa parentesi di Francia ’98 con estromissione dopo il girone di qualificazione, fino ad arrivare all’esaltante cavalcata del 2002, quando in America hanno davvero sognato in grande.
Gli Usa raggiungono i mondiali di Corea e Giappone con qualche ansia di troppo rispetto al previsto e considerando che fra nord e centro America soltanto il Messico può combattere ad armi pari con gli statunitensi. Ma la selezione a stelle a strisce, guidata dal commissario tecnico Bruce Arena, fatica a qualificarsi: dopo aver agevolmente superato il primo turno contro Costarica, Guatemala e Barbados, gli americani nel girone di qualificazione finale arrancano e staccano il biglietto per l’Asia solamente da terzi in classifica, alle spalle del Costarica (primo con 23 punti) e del Messico, secondo a pari merito con gli Usa a quota 17 ma avvantaggiato per la classifica avulsa. Solamente 3 punti in più dell’Honduras che il 1 settembre 2001 mette anche paura alla nazionale statunitense, battuta 3-2 a Washington da quella centroamericana che per un soffio resta fuori dai mondiali di Corea e Giappone che negli Stati Uniti infondono poca fiducia; la nazionale di Arena non appare in grado di superare neanche il primo turno perchè non sembra competitiva a sufficienza e perchè il sorteggio del dicembre 2001 inserisce gli Usa in un raggruppamento con i padroni di casa della Corea del Sud, la Polonia ed il Portogallo, vale a dire un girone nel quale pensare di qualificarsi appare un’impresa assai difficoltosa per una formazione che ha faticato pure nel gruppo eliminatorio della Concacaf.
Ma Bruce Arena è allenatore che sa il fatto suo, nello spogliatoio si fa sentire ed è consapevole che il suo gruppo, al di là delle critiche, ha le potenzialità per non sfigurare ai campionati del mondo. La difesa poggia sui rocciosi ma validi Agoos e Cherundolo, a centrocampo O’Brien, il capitano Reyna e Pablo Mastroeni che è il più carismatico della squadra, fisico da rugbista e chiare origini argentine, in attacco c’è poi la stella Landon Donovan, considerato il miglior calciatore della storia degli Stati Uniti, c’è McBride e c’è Clint Mathis che si presenta in Corea con un taglio di capelli alla moicana. Arena è convinto che la sua nazionale possa uscire dignitosamente da un girone oggettivamente duro ma non impossibile: studia gli avversari, sa che la prima partita contro il Portogallo sarà fondamentale per cullare speranze di qualificazioni ed è conscio che non ci sia una squadra materasso, in fondo la più scarsa del gruppo a livello tecnico sarebbe la Corea del Sud che essendo però padrona di casa potrebbe avere qualche vantaggio ambientale non indifferente.
Il 5 giugno 2002 alle ore 18 coreane, Stati Uniti e Portogallo scendono in campo a Suwon per il loro debutto ai mondiali asiatici, 24 ore dopo il successo della Corea del Sud per 2-0 contro la Polonia. I portoghesi sono i logici favoriti, in fondo vengono dalla semifinale degli Europei del 2000, persa solamente ai supplementari contro la Francia campione d’Europa e del mondo; ma gli Stati Uniti partono a razzo e in 35 minuti sbalordiscono tutti: prima segna O’Brien al 5′, poi una goffa autorete di Jorge Costa al 29′ sancisce il raddoppio, infine al 35′ ecco il 3-0 firmato da McBride. Tre colpi da ko che mettono in ginocchio un Portogallo frastornato che prova a rientrare in partita con le reti di Beto e l’autogol di Agoos, senza però riuscire a rimettere in piedi una gara che consacra gli Usa come possibile sorpresa di un girone che al termine della prima giornata li vede in testa assieme alla Corea, prossima avversaria degli americani. Corea e Stati Uniti hanno così la possibilità di mettersi in tasca mezza qualificazione agli ottavi, mentre per Portogallo e Polonia si fa strada l’ipotesi di giocare un sinistro spareggio per non tornarsene a casa dopo sole due partite.
10 giugno: in uno stadio interamente colorato di rosso per sostenere gli idoli di casa, Corea del Sud e Stati Uniti si giocano primato e passaggio del turno a Taegu, ore 15:30 locali. Gli Usa sono meglio schierati in campo, probabilmente anche più forti tecnicamente, e vanno subito in vantaggio con Mathis che sfrutta un errore in disimpegno dei coreani, elude la trappola del fuorigioco ed infila il portiere per l’1-0 che può valere la qualificazione. La Corea attacca a testa bassa alla ricerca del pari e al 40′ si procura un calcio di rigore: sul dischetto si presenta Lee Eul-Yong che si fa però ipnotizzare dal portiere Friedel, bravissimo a gettarsi alla sua destra; gli Usa restano in vantaggio, ma nella ripresa devono soccombere all’arrembaggio degli asiatici che al 78′ raccolgono l’1-1 grazie all’attaccante Ahn che gioca in Italia nelle fila del Perugia. Il 4-0 del Portogallo alla Polonia mantiene comunque in vetta Stati Uniti e Corea del Sud, con gli americani che nell’ultima sfida contro i già eliminati polacchi potranno agevolmente strappare la qualificazione agli ottavi di finale, risultato che manca dai mondiali casalinghi del 1994. Ma è tutt’altro che una passeggiata per la nazionale a stelle e strisce guadagnarsi il passaggio del turno: la sera del 14 giugno a Daejeon, la Polonia appare avvelenata nonostante l’eliminazione già sottoscritta, mentre gli americani sembrano annoiati e scarichi. Il risultato è che i polacchi vanno sul 2-0 dopo neanche 5 minuti di gioco e segnano la terza rete rendendo poi inutile il gol di Donovan nel finale; il successo (contestatissimo) della Corea sul Portogallo, però, rende meno amaro il ko per gli Stati Uniti che approdano con 4 punti agli ottavi di finale da secondi classificati nel girone e davanti ai lusitani che abbastanza clamorosamente abbandonano subito la manifestazione.
Per gli americani è un risultato inatteso viste le premesse e la difficoltà del raggruppamento, ma il gioco e l’organizzazione ammirate soprattutto nelle prime due partite confermano la bontà del lavoro di Bruce Arena e la validità di un gruppo forse sottovalutato alla vigilia del torneo. Il tabellone degli ottavi di finale mette di fronte agli Usa il Messico, compagine che ha spaventato l’Italia e fatto fuori la Croazia nel proprio girone di qualificazione. Per la prima volta ai mondiali, inoltre, le due nazionali più forti del nord e centro america si sfideranno nella fase finale; i messicani devono sfatare il tabù che li vuole sempre sconfitti agli ottavi di finale, gli statunitensi vogliono migliorare il risultato del mondiale ospitato nel 1994 quando sulla loro strada avevano trovato il Brasile poi laureatosi campione del mondo. Il commissario tecnico americano non si sbilancia alla vigilia della gara, secondo lui entrambe le squadre hanno il 50% delle possibilità di raggiungere i quarti di finale, anche se all’interno del gruppo sprona i propri calciatori a tenere ritmi alti che il Messico, formazione esperta ma logora in qualche elemento cardine, non potrà sostenere.
Alle 15:30 del 17 giugno 2002 quando scendono in campo allo stadio Jeonju World Cup Stadium di Jeonju in Corea del Sud, Stati Uniti e Messico sanno già che chi vincerà la partita affronterà nei quarti la Germania che in zona Cesarini ha fatto fuori il Paraguay circa 48 ore prima. Fa assai caldo nel pomeriggio coreano e la gara è tutt’altro che spettacolare, anche se gli Usa, memori di quanto detto dal proprio allenatore, partono a razzo e dopo 8 minuti sono già in vantaggio grazie a McBride; la sfida si è incanalata esattamente sui binari voluti e prospettati da Arena, ora sta al Messico scoprirsi e fare la partita, mentre gli americani possono gestire il risultato a proprio piacimento. I messicani le provano tutte, buttano in campo anche il vecchio Luis Hernandez, eroe di Francia ’98, nel tentativo di rimettere in piedi il punteggio, ma il tempo passa per tutti e il biondo attaccante centro americano non fa eccezione, chiuso e contenuto dall’attenta difesa americana. E il tempo passa pure inesorabile in quell’ottavo di finale in cui gli Stati Uniti non aspettano altro che l’occasione per colpire definitivamente un Messico ormai stanco; occasione che puntuale si presenta al 65′ quando Donovan sigla il 2-0 che chiude partita e qualificazione, nonchè lancia gli statunitensi verso uno storico ma meritato quarto di finale con vista sulle prime quattro dei mondiali, impresa impronosticabile alla vigilia del torneo.
E in un campionato del mondo ricco di sorprese con Senegal, Turchia e Corea del Sud ai quarti di finale e potenze come Argentina, Italia e Francia già rispedite a casa, gli Stati Uniti cullano legittimamente come gli altri il sogno di arrivare fino in fondo in una situazione in cui l’imprevisto sembra la regola e lo strano appare il normale. 25 giugno: Germania e Stati Uniti si giocano l’accesso alla semifinale allo stadio di Seul, con gli americani che non hanno mai cambiato nazione giocando tutte le partite in Corea e mai in Giappone. Inutile dire che i favori del pronostico pendano tutti dalla parte dei tedeschi, nazionale che non sarà forse nel suo momento di maggior splendore, ma che sotto l’attenta guida dell’ex centravanti della Roma Rudi Voller è compatta e cinica come da perfetto copione germanico e che come punti cardine della squadra ha il portiere Oliver Kahn, il centrocampista Michael Ballack che come il suo eccellente predecessore nel ruolo Lothar Matthaus è all’occorrenza anche bomber, infine il centravanti Miroslav Klose che dopo anni di anonimato sta segnando proprio in Corea e Giappone valanghe di gol, come la tripletta rifilata nell’8-0 della Germania all’esordio contro l’Arabia Saudita.
La gara non è un granchè, la Germania è sorniona, gli Stati Uniti si limitano a contenere i tedeschi proteggendosi il più possibile, consapevoli di essere in difetto tecnico contro il più quotato avversario. A sorpresa, però, gli americani prendono in mano le redini della situazione e attaccano molto più dei tedeschi non appena intuiscono di poterlo fare. Donovan va vicinissimo al gol ma il suo tiro sfiora il palo, poi Kahn vola a destra e sinistra per impedire il vantaggio degli avversari, prima uscendo alla disperata sullo stesso Donovan lanciato a rete, quindi respingendo a pugni chiusi una bordata da fuori area di Lewis. Proprio in quel momento, però, accade ciò che nessuno si aspetta, ovvero il vantaggio della Germania, siglato al 39′ da un imperioso stacco di testa di Michael Ballack sugli sviluppi di un calcio di punizione. E’ il gol che stronca gli americani, pur senza gettarli nello sconforto, tanto che nel secondo tempo gli uomini di Arena si gettano all’attacco e reclamano la concessione di un evidente calcio di rigore non visto dall’arbitro dopo un netto fallo di mano sulla linea di porta da parte di Frings, ignorato dalla terna arbitrale. Gli Usa protestano, ma i tempi del VAR sono ancora lontanissimi e la partita prosegue fra l’ennesima parata di Kahn su Donovan e il cronometro che scorre fino all’ultima occasione per gli statunitensi, il colpo di testa di Sanneh a tempo scaduto che lambisce il palo e tocca l’esterno della rete, dando a tutti l’illusione del gol, proprio ciò che rappresenta la partita per gli americani, una grande e tremenda illusione.
La Germania vola in semifinale dove sconfiggerà l’ormai odiatissima Corea del Sud, per gli Stati Uniti il verdetto non sarà giusto, Arena fatica a placare l’ira dei suoi calciatori, dirà in conferenza stampa che la sua nazionale avrebbe meritato di più, come del resto riconoscerà anche uno sportivo Voller, consapevole che la sua Germania abbia disputato una gara molto al di sotto delle sue possibilità e contro un avversario oggettivamente inferiore. Gli Usa tornano a casa con le pive nel sacco ma a testa alta, collezionando il miglior risultato ai mondiali dal 1930 e consci di aver dato tutto, forse anche oltre le loro capacità; da allora, mancando anche la qualificazione a Russia 2018, gli americani non hanno superato il primo turno ai campionati del mondo del 2006 e si sono fermati agli ottavi sia nel 2010 che nel 2014, portando così di diritto nella leggenda l’impresa del 2002, affidata a ragazzi semplici ma determinati, partiti fra lo scetticismo generale ed arrivati ad un soffio dalla semifinale.
di Marco Milan