Amarcord: la tripla indimenticabile beffa del Bayer Leverkusen
L’importante non è vincere ma partecipare. Sì, la massima sportiva più famosa del mondo viene spesso in soccorso di chi arriva ad un passo dal trionfo ma rimane con un pugno di mosche in mano, però ci sono volte in cui non c’è consolazione o conforto di sorta che tenga, perchè la beffa è troppo dolorosa per qualsiasi incoraggiamento, come accaduto al Bayer Leverkusen nella tarda primavera del 2002.
La storia del Bayer Leverkusen, club tedesco della Renania Settentrionale, gestito e controllato dal colosso farmaceutico Bayer, nasce nel 1904 e si consolida alla fine degli anni settanta quando la squadra in maglia rossonera conquista la promozione in Bundesliga che manterrà poi ininterrottamente nel tempo. Le ambizioni della società sono alte ed aumentano di anno in anno, perchè alle spalle della squadra c’è una proprietà importante e gli obiettivi non possono essere da comprimari, nonostante il campionato tedesco possa contare su compagini storiche e blasonate quali Bayern Monaco, Borussia Dortmund, Werder Brema solo per citare le più famose. Ben presto, però, la figura del Bayer Leverkusen viene associata ad una sorta di “club plastificato“, senza tradizione sportiva e portato in alto solo perchè gestito dall’azienda farmaceutica che la amministra.
La vittoria rocambolesca della Coppa Uefa nel 1988 (doppia finale contro l’Espanyol con rimonta dal 3-0 subìto all’andata e trionfo ai calci di rigore) e della Coppa di Germania nel 1993 sembrano indirizzare il palmares del Bayer verso quello che è il grande traguardo del club, ovvero la Bundesliga. Negli anni a venire i rossoneri arrivano tre volte secondi (1997, 1999 e 2000) e due volte terzi (1994 e 1998), l’appuntamento con il titolo sembra ormai maturo per essere raggiunto e nell’estate del 2001 le griglie di partenza del campionato tedesco pongono il Leverkusen tra le favorite, alla pari del Bayern Monaco e del Borussia Dortmund. L’allenatore è Klaus Toppmoller, uomo di polso e tecnico pragmatico, mentre in campo le guide sono il portiere rigorista Hans-Jorg Butt, il roccioso difensore brasiliano Lucio ma soprattutto il centrocampista Michael Ballack, l’anima della squadra, il leader carismatico e tecnico di una formazione che appare pronta per il grande salto, nonchè per ben figurare anche in Coppa dei Campioni e nella coppa nazionale.
L’avvio di stagione è buono per il Leverkusen che occupa sin da subito le posizioni di testa della Bundesliga, alternandosi al comando con Kaiserslautern, Bayern Monaco e Borussia Dortmund, così come ottimo è l’avvio in Europa dato che i rossoneri arrivano secondi nel primo girone dietro al Barcellona (battuto peraltro alla BayArena 2-1) e si qualificano per la seconda tornata. Dopo un aspro testa a testa, il Bayer si laurea campione d’inverno nel campionato tedesco, mettendo in riga il Borussia Dortmund che appare l’avversario più credibile per gli uomini di Toppmoller. La seconda fase di Coppa Campioni parte malissimo per il Leverkusen, battuto 4-0 a Torino dalla Juventus; il girone è equilibratissimo, tutte le squadre (Bayer, Juventus, Arsenal e Deportivo La Coruna) si tolgono punti a vicenda di giornata in giornata, i tedeschi battono 3-0 il Deportivo, poi soccombono 4-1 a Londra e riescono ad acciuffare la qualificazione grazie alle due vittorie nelle ultime due giornate, col capolavoro contro la Juventus, sconfitta 3-1, e il successo di La Coruna (3-1) che qualifica entrambe le compagini ai quarti di finale della manifestazione.
Nel frattempo, il Bayer Leverkusen prosegue il duello in campionato col Borussia Dortmund ed avanza anche nella Coppa di Germania dove nei primi turni ha eliminato Jahn Ratisbona, Bochum ed Hannover, ritrovandosi pure in questo caso ai quarti di finale. Tre competizioni nelle quali i rossoneri viaggiano per vincere, aumentando la propria consapevolezza settimana dopo settimana, perchè la squadra di Toppmoller appare solida in tutti i reparti, affamata di vittorie ed accompagnata da tanti segnali positivi e anche fortunati che il mondo del calcio spesso riconosce come emblemi di una stagione illuminata. Il 23 febbraio 2002 il Bayer strapazza il Borussia Dortmund nello scontro diretto alla BayArena (4-0) e sembra ormai lanciato verso la conquista del suo primo titolo nazionale; dopo il trentesimo turno di campionato, i rossoneri hanno 4 punti di vantaggio sui rivali e, con 4 giornate ancora da disputare, il divario appare cospicuo. In Coppa di Germania, poi, il cammino è forse anche più netto: gli uomini di Toppmoller superano il Monaco 1860 ai quarti ed il Colonia in semifinale al termine di una partita al cardiopalma e vinta 3-1 solo dopo i tempi supplementari. Finale della coppa nazionale in tasca e da giocare l’11 maggio a Berlino contro lo Schalke 04. Il bello (o il brutto, fate voi) deve però ancora arrivare.
Nei quarti di finale di Coppa dei Campioni, il Bayer elimina a sorpresa il Liverpool, nonostante la sconfitta di Anfield Road all’andata (1-0) e grazie alla stupefacente rimonta della BayArena dove i rossoneri rimontano gli inglesi battendoli 4-2 e raggiungendo la loro prima e storica semifinale. La Coppa dei Campioni vive e si nutre di un fascino così particolare che spesso è il blasone e la storia a mandare avanti i club più prestigiosi; nell’edizione 2001-2002 una delle semifinali è Barcellona-Real Madrid, l’altra Manchester United-Bayer Leverkusen, insomma, tre grandi favorite ed un’intrusa, quel Bayer che sta stupendo l’Europa, che vuole la finalissima di Glasgow e vuole una tripletta che avrebbe del clamoroso: Coppa Campioni, scudetto e coppa nazionale. Comunque andrà, sarà una primavera indimenticabile per un club che per la prima volta si sta affacciando nelle platee prestigiose del calcio. L’attesa è spasmodica, snervante, i tifosi non sanno cosa preferire, se quello scudetto mai vinto finora o quella Coppa dei Campioni che rappresenta il massimo per ogni tifoseria ed ogni appassionato d’Europa.
La doppia semifinale di Coppa Campioni contro il Manchester United è incandescente e a tratti drammatica: nella gara di andata ad Old Trafford i tedeschi strappano un 2-2 utilissimo per il ritorno in casa quando la BayArena è un catino di tifo e passione, in barba a chi in Germania reputa quello rossonero un amore dai contorni posticci, costruito in laboratorio, senza tradizione e cultura calcistica. La partita è tesissima, il Manchester sfiora il vantaggio su azione da calcio d’angolo e salvataggio sulla linea di porta, poi sblocca il risultato grazie a Roy Keane che supera Butt in uscita e deposita in rete quello che sembra il gol qualificazione per i più esperti britannici. Il Leverkusen reagisce, però, e lo fa con veemenza: Neuville pareggia con conclusione violenta da fuori area e rimette i suoi davanti nel computo di reti fra andata e ritorno. Il Manchester United torna all’attacco, assedia i tedeschi che resistono quasi stoicamente; l’ultima emozione è il salvataggio sulla linea di testa del terzino argentino Diego Placente che evita la beffa finale e porta clamorosamente ma meritatamente il Bayer Leverkusen in finale contro il Real Madrid. E’ il 30 aprile 2002, forse l’ultimo giorno felice di una squadra che si prepara a vivere qualcosa di incredibile e forse di irripetibile.
Gli sforzi europei incidono sul finale di campionato degli uomini di Toppmoller che dilapidano inaspettatamente il vantaggio sul Borussia Dortmund: alla 32.ma giornata, infatti, i rossoneri avevano perso 2-1 in casa col Werder Brema, quindi una settimana più tardi ecco un altro tonfo, ovvero lo 0-1 di Norimberga. Due crolli inattesi che, uniti alla doppia vittoria del Borussia, riportano i gialloneri al comando della classifica a 90 minuti dal termine del torneo. La beffa è servita e il 4 maggio 2002 il Bayer Leverkusen vede sfumare il primo obiettivo stagionale nonostante il successo per 2-1 sull’Hertha Berlino, perchè con lo stesso punteggio il Borussia Dortmund supera il Werder Brema e si laurea campione di Germania con un punto di vantaggio su rivali, superati proprio sulla linea del traguardo. La delusione è fortissima per Ballack e compagni, ancora una volta a bocca asciutta in campionato, seppur col miglior attacco del campionato (77 reti) che porta due calciatori in doppia cifra (Ballack 17 gol, Neuville 13). Pazienza, ci sono altri due trofei da giocare, soprattutto c’è quella finale di Glasgow contro il Real Madrid che, comunque andrà, rappresenterà il punto più alto della storia del Bayer.
11 maggio 2002, stadio Olimpico di Berlino: scendono in campo Bayer Leverkusen e Schalke 04 per la finale della DFB-Pokal, la coppa di Germania, l’unico trofeo nazionale che i rossoneri hanno finora portato a casa nella propria vita sportiva. Sugli spalti ci sono oltre 65 mila spettatori, il Bayer appare favorito e la rete del vantaggio del bulgaro Berbatov al 27′ lascia pensare che per la squadra di Toppmoller possa arrivare il primo successo stagionale. Ma è un’illusione, perchè lo Schalke sta meglio fisicamente e probabilmente è anche più tranquillo: i biancoblu, infatti, pareggiano prima dell’intervallo, poi dominano la ripresa e fra il 68′ e l’85’ siglano altre tre reti che portano il risultato sul 4-1. Inutile il 4-2 siglato da Ulf Kirsten nel finale, perchè il Bayer Leverkusen perde ancora e le facce attonite e deluse dei giocatori in maglia rossonera iniziano ad essere una ricorrenza tristemente usuale in un’annata che potenzialmente poteva essere trionfale e che si sta invece trasformando in un incubo con ferite dolorosissime.
La finale di Coppa di Germania, unita al tracollo in campionato, devono però essere riposte immediatamente nel dimenticatoio, perchè l’appuntamento più grande e prestigioso deve ancora arrivare e potrebbe in un colpo solo cancellare le delusioni appena vissute. Mercoledì 15 maggio a Glasgow c’è la finalissima, si assegna la Coppa dei Campioni, quella stessa che il Real Madrid ha vinto 2 volte nelle ultime 4 edizioni e che il Bayer Leverkusen ha sinora sempre visto da lontano, senza forse neanche mai sognare di potercisi avvicinare. Eppure è lì, alla stessa distanza di quanto non lo sia per i campioni spagnoli, anche se il favore pende tutto per gli uomini di Del Bosque, rappresentati in campo da fuoriclasse del calibro di Zidane, Raùl, Roberto Carlos, Figo, Morientes. Lo stadio Hampden Park ospita 54 mila spettatori, la stragrande maggioranza dei quali sono spagnoli, ma fra cui c’è la rappresentanza di una società certamente ricca, ma con poca esperienza e tradizione internazionale. Forse tanti tifosi neutrali simpatizzano per il Leverkusen, forse si aspettano che Davide batta ancora Golia e forse a molti sembra ingiusto che quella squadra debba perdere il terzo trofeo su tre in una stagione che rischia di diventare maledetta.
Piove a Glasgow, forse il terreno bagnato aiuterà lo spettacolo, forse aiuterà i tedeschi, meno dotati tecnicamente. Pronti via e il Real Madrid segna subito con Raùl che dopo appena 8 minuti sfrutta una lunga rimessa laterale correndo più veloce dei difensori del Bayer e battendo Butt con un sinistro lento ma precisissimo che non dà scampo al portiere tedesco, apparso però poco reattivo nei confronti dell’attaccante numero 7 del Real. Sembra la fine del sogno per il Leverkusen, Toppmoller in panchina fuma nervosamente, ma la sua squadra dimostra personalità e dopo appena 5 minuti pareggia: Ballack si guadagna un calcio di punizione sul settore sinistro dell’attacco e Lucio sulla susseguente battuta svetta di testa superando l’uscita incerta di Cesar (sostituto di Casillas che entrerà nel secondo tempo); Toppmoller scatta dalla panchina con le braccia al cielo, il Real Madrid è stato rispedito indietro dalla zuccata di Lucio e la partita è ancora tutta da giocare, anche se il confronto diventa duro, spigoloso, il numero dei falli supera quello dei tiri in porta, fino al minuto 45 quando ormai tutto sembra rimandato alla ripresa: il gol che tutto il mondo ricorderà come uno dei più belli nelle finali di Coppa Campioni, quella volèe di sinistro scoccata da Zinedine Zidane che incenerisce Butt e manda in estasi nuovamente il Real Madrid: 2-1, un risultato ancora rimediabile per il Bayer ma che in realtà mina le certezze acquisite dai tedeschi.
Nella ripresa gli spagnoli gestiscono ed i rossoneri attaccano a testa bassa, facendo l’unica cosa possibile in quel momento, aggrappandosi all’ultima speranza per non gettare alle ortiche una stagione intera. Il Bayer ci prova con tutte le forze a disposizione, il Real Madrid prova a gestire affidandosi al palleggio sontuoso di uno Zidane che gioca forse la miglior partita della carriera; e quando la gestione del gioco si fa complicata, i madrileni ricorrono anche alle maniere forti, come con Figo che attenta alla coscia di Ballack dopo un’entrata scomposta. Inoltre, il contropiede degli iberici può far male ad un avversario costretto a scoprirsi: prima Raùl e poi Morientes, infatti, mancano il colpo del ko e lasciano ancora un barlume di fiducia in un Leverkusen sempre più disperato. I penultimi pericoli alla porta di Casillas li procurano il portiere Butt che si getta in avanti ed impegna di testa il suo dirimpettaio, quindi Neuville la cui bordata dal limite dell’area rimbalza sui guanti dell’estremo difensore spagnolo. Infine l’ultimo tentativo del Bayer con Berbatov che sottomisura sugli sviluppi di una concitata azione nell’area del Real Madrid prova a beffare Casillas che respinge col corpo proprio un attimo prima che la palla si infili fra lui ed il palo. E’ l’ultimo sussulto, poi il triplice fischio dell’arbitro che sancisce il trionfo dei bianchi di Spagna e l’atroce destino di un Bayer Leverkusen che in meno di un mese perde tutto quello che c’era da perdere, o da vincere.
Gli occhi gonfi di lacrime di Michael Ballack a fine partita diventano l’emblema della stagione dei rossoneri, bella e sfortunata, terribilmente dolorosa con tre capitoli finali da film dell’orrore. Per il forte centrocampista e per gli altri nazionali tedeschi della squadra (Butt, Schneider, Ramelow e Neuville) il destino riserverà ancora una beffa, ovvero la finale mondiale persa contro il Brasile a Tokyo circa due mesi più tardi. I più maligni hanno ribattezzato la squadra Neverkusen, derisione linguistica perfetta per definire chi non vince mai, la beffa minore per un club che nel 2002 ha per tre volte toccato il cielo con un dito, ricadendo sempre fragorosamente a terra.
di Marco Milan