Amarcord: Patrizio Fimiani, portiere di coppa per caso
Carpe diem, afferma il detto: cogli l’attimo e coglilo prima che sfugga per non tornare forse più. Patrizio Fimiani, portiere classe 1973, lo ha fatto, ritrovandosi fra i pali della Roma quasi accidentalmente, ma finendo col veder sfiorire la carriera proprio quando era appena incominciata.
Viterbese, nato il 3 gennaio 1973, Patrizio Fimiani entra a far parte fin da ragazzino del settore giovanile della Roma e tutti gli allenatori ne parlano assai bene: altro 1 metro e 80, attento fra i pali, sicuro nelle uscite, bravo a strigliare i compagni come un vero portiere dovrebbe sempre fare. All’inizio della stagione 1992-93, l’allora tecnico romanista Vujadin Boskov aggrega Fimiani alla prima squadra: sarà lui il terzo portiere alle spalle di Giovanni Cervone e di Giuseppe Zinetti, estremi difensori esperti e carismatici e dai quali il giovane atleta di Viterbo non potrà che imparare tanto anche solo durante gli allenamenti. La Roma è una compagine costruita per conquistare un posto in Coppa Uefa in campionato, ben figurare nella stessa competizione europea ed arrivare il più in alto possibile in Coppa Italia, possibilmente vincerla ed aggiungere un altro trofeo in bacheca, lo stesso già vinto appena due stagioni or sono allorquando i giallorossi vinsero la Coppa Italia nella doppia finale contro i neo campioni d’Italia della Sampdoria.
Ma l’inizio di annata è pieno di alti e bassi, anzi, in campionato la formazione capitolina arranca e Boskov viene più volte messo in discussione. Anche i portieri fanno discutere: a Cervone viene imputato l’immobilismo nei gol subiti in casa contro il Brescia che hanno permesso ai lombardi di espugnare l’Olimpico 3-2, a Zinetti una certa passività nel colpo di reni che non impedisce all’incornata di Paul Gascoigne di insaccarsi alle sue spalle determinando il pareggio della Lazio nel derby a cinque minuti dal 90′. Una settimana dopo, il 6 dicembre 1992, la Roma ospita il Parma per la 12.ma giornata: il clima allo stadio è pesante, i tifosi sostengono la squadra ma mugugnano al primo passaggio impreciso, facendo di conseguenza innervosire ed irrigidire anche i calciatori. Fra il 30′ ed il 40′ del primo tempo, Zinetti litiga con l’arbitro torinese Trentalange che prima lo ammonisce e poi lo espelle: Roma in dieci uomini, Cervone è infortunato, Boskov sostituisce il difensore Garzya e manda in campo Fimiani che a 19 anni ed 11 mesi fa il suo esordio in serie A. Il ragazzo deve contenere tutta l’emozione del debutto e concentrarsi solo sul campo, perché la partita è dura e complicata, la Roma soffre e dovrà affrontare tutto il secondo tempo in inferiorità numerica.
Difficile rimanere lucidi e concentrati quando a neanche vent’anni si è catapultati in una gara importante di serie A davanti a quasi 50 mila spettatori e in una situazione ambientale non rosea. Fimiani reagisce con freddezza, pensa a fare quello che sa fare, ovvero il portiere, gli attaccanti del Parma gli danno anche una mano e sbagliano gol a ripetizione, poi quasi al 90′ Rizzitelli beffa la difesa emiliana realizzando il gol partita che rende ancor più speciale il debutto di un portiere che fila dritto sulle prime pagine di tutti i giornali del giorno dopo. Una settimana più tardi, però, nonostante la squalifica di Zinetti, nei giallorossi torna a disposizione Cervone che si riprende così il posto da titolare e Fimiani fa la spola tra panchina e tribuna fino alla fine di maggio, nelle due settimane che sembrano poter essere la svolta della sua ancor giovane carriera. La Roma, infatti, elimina il Milan degli Invincibili di Fabio Capello in una movimentatissima semifinale di Coppa Italia che vede protagonisti, seppur indirettamente, i portieri: nella gara di andata allo stadio Olimpico i rossoneri schierano Fabio Cudicini, colpevole nel 2-0 romanista dell’argentino Caniggia che lo beffa con un pallonetto, mentre al ritorno a brillare in positivo è Giovanni Cervone che proprio al 90′ para il calcio di rigore calciato da Papin e che avrebbe potuto portare la gara ai supplementari; vince invece il Milan solo per 1-0 e la Roma vola in finale dove però, per un’incredibile segno del destino, sia Cervone che Zinetti saranno squalificati e toccherà così a Patrizio Fimiani difendere la porta giallorossa nella doppia finale contro il Torino.
Boskov, in realtà, vorrebbe arruolare in organico Ferro Tontini, portiere di proprietà della Roma ma che ha concluso la stagione in prestito al Catania in serie C; il regolamento, però, non lo consente, anche se nei giorni della doppia finale i campionati si saranno già conclusi. L’allenatore iugoslavo dovrà così puntare tutto su Fimiani, promosso titolare nelle ultime due giornate di serie A per fargli prendere ancora più confidenza con porta, campo e compagni: alla 33.ma giornata, il 30 maggio, la Roma pareggia 2-2 in casa della Sampdoria, mentre nell’ultimo turno del 6 giugno arriverà l’1-1 casalingo contro l’Udinese. Resteranno queste due, insieme alla gara contro il Parma, le uniche presenze di Fimiani in serie A, anche se questo il giovane portiere viterbese non lo sa ed anzi aspetta con ansia quelle due gare contro il Torino che valgono per la Roma la Coppa Italia e per lui l’occasione della vita a poco più di vent’anni. Nella settimana che precede la sfida di andata contro i granata allo stadio Delle Alpi, tanta è la curiosità nei confronti di questo giovane portiere che al centro di allenamento di Trigoria lavora e suda con sacrificio, spronato da allenatore e preparatore dei portieri, caricato ma anche tranquillizzato dai compagni di squadra, consapevoli che quelle due partite, per un esordiente, non possono essere e non saranno come le altre.
Sabato 12 giugno 1993 va in scena l’andata della finale: il Torino, lo si capisce subito, è più in palla di una Roma rabberciata e palesemente in difficoltà. Boskov si agita su quella panchina che sarà sua per la penultima volta, prima di essere sostituito da Carlo Mazzone, già ufficializzato alla fine del campionato. Vincere la Coppa Italia, inoltre, è l’unico viatico per i giallorossi di raggiungere l’Europa (la Coppa delle Coppe), visto il decimo posto in serie A che li ha esclusi dalla zona Uefa. Al 17′ il Torino passa in vantaggio grazie ad una sfortunata autorete del difensore romanista Silvano Benedetti, peraltro ex di turno, all’inizio della ripresa giunge il raddoppio del centrocampista Cois e al 78′ anche il tris firmato da Daniele Fortunato: 3-0 per la formazione torinista che annichilisce la Roma e spiazza un Fimiani incolpevole ma pur sempre con tre gol sul groppone che sanciscono, in pratica, l’ipoteca dei granata sul trofeo. Nessuno, neanche fra i tifosi, osa prendersela col giovane portiere, chiamato a difendere i pali anche nella finale di ritorno, nonostante un passivo da recuperare alquanto proibitivo per una Roma apparsa in evidente difficoltà contro un Torino pimpante e concreto; il pragmatismo del tecnico Mondonico, notoriamente votato alla fase difensiva, inoltre, sembra rendere l’impresa romanista ancora più ardua.
L’Olimpico che accoglie Roma e Torino la sera del 19 giugno, però, è il prologo ad un evento che per i giallorossi sarà trionfale e struggente allo stesso tempo. Il pubblico spinge la squadra, incurante dello 0-3 dell’andata, che a sua volta risponde al grido d’amore del popolo romanista andando in vantaggio con capitan Giannini; il pareggio di Silenzi (romano di nascita ed ora centravanti torinista) non placa la furia della Roma che con altri due gol di Giannini ed una punizione di Sinisa Mihajlovic porta la sfida sul 5-2 col Torino tenuto in piedi da un’altra rete di Silenzi e ad una sola marcatura dalla capitolazione: un altro gol della Roma, infatti, e la coppa finirebbe clamorosamente nelle mani dei giallorossi. Il palo di Giannini nel finale sancisce la beffa di una Roma bella ma sfortunata ed il trionfo di un Torino cinico che monetizza al massimo la larga vittoria dell’andata. Sulla finale e sull’intera stagione 1992-93 cala il sipario, così come sulla carriera di Patrizio Fimiani, destinato da lì in avanti a platee minori, forse senza un vero e proprio perché.
La nuova Roma di Franco Sensi e Carlo Mazzone acquista il portiere Fabrizio Lorieri dall’Ascoli nello scambio che porta Zinetti nelle Marche. Cervone resta come vice del nuovo numero 1, mentre come terzo verrà promosso un altro giovane, Giampaolo Di Magno, prima dell’acquisto in autunno dell’esperto Andrea Pazzagli. Fimiani finisce così per essere ceduto a titolo definitivo all’Avezzano in C2 dove gioca 30 partite su 34 in un campionato da metà classifica per gli abruzzesi. Ancora in serie C nei due anni successivi a Castel di Sangro, prima di essere acquistato dal Catania nell’estate del 1995 quando i siciliani sono in C2: nel secondo anno catanese, Fimiani è protagonista della cavalcata dei rossoazzurri fino al quarto posto finale e alla semifinale playoff persa contro la Turris; primatista della squadra con 35 presenze ed un ottimo rapporto con l’allenatore Giovanni Mei. A neanche trent’anni il treno del grande calcio è ormai passato per Fimiani che a luglio del 1997 torna a casa a Viterbo dove difendendo i pali della Viterbese conquista il campionato di C2 nel 1999, prima di tre brevi passaggi alla Lodigiani, alla Juve Stabia e al Benevento, sempre in C1. Nell’estate del 2000 l’ex portiere romanista scende in serie D, voluto dal tecnico Pasquale Marino al Paternò, compagine siciliana che domina il girone I con 80 punti. Dopo tre stagioni a Latina (la prima in serie D, le altre in C2), Fimiani torna ancora a Viterbo dove gioca dal 2004 al 2009 prima di ritirarsi e diventare preparatore dei portieri della squadra laziale sino al 2013.
Nel febbraio del 2017 Patrizio Fimiani è rimasto vittima di un incidente nel giardino di casa quando, nel tentativo di bruciare un nido di vespe, ha preso fuoco riportando ustioni del terzo grado sul 50% del corpo e rimanendo all’ospedale Sant’Eugenio di Roma per qualche settimana. E’ proprio in quel periodo che da tanti ex calciatori, compagni di squadra, ma soprattutto tifosi, giungono attestati di stima ed affetto per quel portiere dimenticato per molti anni, protagonista quasi per caso dell’impresa di coppa sfiorata dalla Roma nel lontano ’93. Forse anche nella sua mente, in quei giorni, saranno ripassate le immagini di quelle 5 partite giocate a difesa della porta giallorossa, le uniche ad alto livello di un calciatore gettato nella mischia da ragazzo e diventato uomo nei campi infuocati della serie C: a dispetto delle platee, l’emozione e la passione sono state comunque le stesse.
di Marco Milan