Amarcord: un anno all’inferno, l’unica serie C dell’Atalanta
La definiscono la regina delle provinciali, ed in effetti lo è. L’Atalanta è da sempre considerata una grande fra le piccole, un concetto che negli ultimi anni è diventato ancora più solido grazie alla splendida cavalcata in Italia e in Europa della squadra di Gasperini. Ma c’è stato un anno in cui i bergamaschi sono usciti dai radar del calcio che conta, un’unica stagione nelle sabbie mobili di una categoria che i nerazzurri hanno conosciuto e immediatamente salutato.
L’Atalanta che si appresta a disputare il campionato di serie B 1980-81 è una squadra costruita per giocarsi la promozione in serie A o quantomeno per stazionare stabilmente nelle zone alte della classifica. E’ un torneo anomalo perché la B accoglie ospiti d’eccezione come Milan e Lazio (retrocesse d’ufficio a causa del Calcioscommesse), oltre a compagini ben attrezzate quali Cesena, Pescara e le due genovesi Sampdoria e Genoa. L’Atalanta è guidata da Bruno Bolchi, uno che nella sua carriera sarà specialista di promozioni dalla serie cadetta alla A, ma che a Bergamo incappa in una stagione disgraziata e, nonostante tre vittorie nelle prime sei giornate, vede la sua squadra sgretolarsi domenica dopo domenica e scivolare verso i bassifondi della classifica. I nerazzurri partono discretamente, poi entrano in una crisi quasi irreversibile e il 19 gennaio 1981, all’indomani della sconfitta per 2-0 in casa del Genoa, cambiano tecnico con Giulio Corsini a prendere il posto dell’esonerato Bolchi. Il nuovo allenatore debutta con un pareggio col Cesena e la vittoria esterna di Taranto, dopodiché prende atto della precaria solidità di un gruppo impaurito e poco avvezzo alla lotta per evitare la serie C, paralizzato da una situazione via via sempre più complicata ed acuita dalla rabbia del caldo pubblico dello stadio Comunale. L’Atalanta perde in casa col Rimini, addirittura esce sconfitto dalla trasferta di Monza contro l’ultima in classifica, infine le mazzate decisive, ovvero il ko interno col Genoa e quello di Cesena all’ultima giornata, risultati che condannano i bergamaschi alla prima clamorosa retrocessione in C1, un epilogo inatteso che lascia l’intera città lombarda sgomenta ed attonita.
L’estate del 1981 è di passione a Bergamo, anche perché la contestazione verso il presidente Cesare Bortolotti, che proprio un anno prima era subentrato al papà Achille, è assai intensa. Il giovane patron sa però il fatto suo, è consapevole del disastro causato ma anche della solidità societaria che potrà permettere l’immediato ritorno in serie B ad una squadra che con la C non ha davvero nulla a che spartire. I cambiamenti sono molteplici, a partire dalla guida tecnica affidata al giovane Ottavio Bianchi che a neanche 40 anni è già considerato uno degli allenatori più interessanti del panorama italiano; in campo, poi, altri talenti prodotti in casa come i tornanti Roberto Donadoni ed Armando Madonna, abbinati ad elementi più esperti come il difensore Giovanni Vavassori, tornato a Bergamo dopo anni in serie A al Napoli. In attacco viene confermato il centravanti Carlo De Bernardi (uno dei pochi superstiti dell’annata precedente) a cui si unisce Bortolo Mutti che diventerà il protagonista principale della stagione, mentre in porta a difendere i pali atalantini ecco il maturo Mirko Benevelli, i cui baffoni neri a Bergamo saranno un’icona per quattro anni. Le premesse per un campionato da protagonisti ci sono, l’Atalanta è inserita nel girone A della C1 ed è la favoritissima per la promozione davanti a Monza, Vicenza, Modena, Padova e Triestina, tutte a giocarsi i due posti disponibili per la serie B, con i nerazzurri in pole position nelle griglie di partenza stile Formula 1 che i giornali stilano a fine agosto alla vigilia del campionato, anche se Ottavio Bianchi ammonisce i suoi durante il ritiro: “Tutti sanno che siamo i favoriti – dice nello spogliatoio – e dunque ci affronteranno come in serie A affrontano la Juventus”.
L’Atalanta parte in maniera decisa e alla prima giornata, il 20 settembre 1981, batte in casa 1-0 il Treviso nella sua prima storica partita in serie C. Seguono il pareggio per 1-1 a Forlì, quello casalingo a reti bianche col Monza, il successo esterno sulla Sanremese per 2-0 e quello interno di misura contro il Fano. I bergamaschi viaggiano spediti e sembrano non risentire del peso dei favori del pronostico, così come non pare influire su di loro la categoria sconosciuta ed i campi piccoli e stretti di formazioni con poco blasone ma tanta grinta. La difesa di Bianchi regge bene e in attacco De Bernardi e Mutti si sposano alla perfezione, soprattutto il secondo inizia a far gol con una certa regolarità e tutto sembra filare liscio fino al 29 novembre quando i nerazzurri cadono a sorpresa 1-0 in casa del Trento, rimediando la prima sconfitta stagionale. Nessun allarmismo, però, anzi, l’Atalanta mostra alle rivali come reagisce una grande squadra dopo un colpo subìto e la domenica successiva regola al Comunale per 2-0 l’Alessandria, poi pareggia a Piacenza e il 20 dicembre mette sotto l’albero di Natale dei tifosi 4 reti impacchettate contro il forte Padova ristabilendo le distanze con le inseguitrici. I bergamaschi chiudono in testa il girone d’andata dopo la vittoria per 3-0 con la Rhodense, la prima di tre successi consecutivi con vittime anche Treviso e Forlì. La marcia dell’Atalanta è spedita e Ottavio Bianchi si sta dimostrando davvero un tecnico di talento, fa giocare bene la sua formazione e allo stesso tempo ottiene quei risultati che società e i tifosi avevano chiesto ad inizio stagione.
La cavalcata diventa così anche divertente come dimostrano i successi casalinghi contro Triestina e Piacenza, ma anche i frizzanti pareggi di Empoli (2-2) e contro il Modena in casa dove i nerazzurri mostrano comunque un calcio propositivo ed una qualità tecnica nettamente superiore alle concorrenti per la promozione che comunque non mollano e che restano in scia alle due battistrada del campionato, ovvero le lombarde Atalanta e Monza. Sul cammino degli uomini di Bianchi c’è anche qualche ostacolo imprevisto: lo 0-0 di Sant’Angelo Lodigiano del 7 marzo contro l’ultima della classe, ad esempio, o quello casalingo contro il Trento, compagine che fra andata e ritorno riesce a togliere agli atalantini 3 punti sui 4 disponibili. Il 9 maggio l’Atalanta espugna l’Appiani di Padova e piazza un macigno sulla promozione, rinforzato dal successivo pareggio di Vicenza contro un’altra pretendente al salto di categoria che spiana la strada verso l’aritmetica certezza del ritorno in serie B che avviene domenica 23 maggio 1982 quando in uno stadio Comunale gremito i bergamaschi superano 1-0 il già retrocesso Mantova e riconquistano quella serie B persa inopinatamente appena un anno prima. La festa è grande a Bergamo, così come grande era stata la delusione per una caduta clamorosa, mal digerita ma ora messa da parte da quella promozione che riappacifica anche tifoseria e presidenza e che restituisce alla città un palcoscenico più degno che sarà il trampolino di lancio per il ritorno in serie A che l’Atalanta otterrà col primo posto nella stagione 1983-84 quando in panchina ci sarà Nedo Sonetti e in campo diversi reduci della squadra vittoriosa in C1.
L’Atalanta lascia la serie C dopo l’ultima giornata e l’ininfluente sconfitta per 1-0 a Rho, la seconda stagionale. Primo posto, 49 punti, miglior difesa del torneo con appena 15 reti incassate e miglior coppia gol del girone grazie alle 16 marcature di Mutti e alle 8 di De Bernardi. Un cammino trionfale, forse scontato e reso più semplice dalla bontà dell’organico e dalle capacità di Ottavio Bianchi che solo un anno dopo (al termine dell’ottavo posto in B a Bergamo) verrà chiamato ad allenare l’Avellino in serie A, ma che ad oggi resta storico, un pezzo da collezione custodito gelosamente nella valigia dei ricordi per quell’unico e forse irripetibile viaggio all’inferno della regina delle provinciali italiane.
di Marco Milan