Amarcord: Kaiserslautern, una matricola da scudetto

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Per iniziare a raccontare una storia è necessario partire dal contesto che precede e indirizza gli eventi. Molto spesso nello sport gli eventi storici fungono non soltanto da collegamento fra passato e futuro, ma anche da presagi che, in un modo o nell’altro, finiscono per entrare nel mito e nella leggenda anche più dell’evento stesso. La storia del Kaiserslautern campione di Germania nel 1998, in fondo, spiega in parte come la storia sportiva sia assai diversa di quella tradizionale.

C’è una data precisa da cui partire per incominciare a comprendere la portata della vicenda che porterà il Kaiserslautern a toccare il cielo con un dito; la data è il 18 maggio 1996, giorno in cui si disputa l’ultima giornata della Bundesliga tedesca che per la prima volta ha optato per i 3 punti a vittoria. E se il Borussia Dortmund ha già conquistato il titolo, a tener banco in quel sabato di piena primavera è la zona retrocessione, soprattutto perché a Leverkusen va in scena un delicatissimo scontro diretto fra i padroni di casa del Bayer ed il Kaiserslautern; il Leverkusen ha 2 punti di vantaggio, con vittoria e pareggio come risultati favorevoli per blindare la permanenza nella massima serie, mentre gli ospiti devono fare bottino pieno per scongiurare quella che sarebbe la prima retrocessione nella loro storia, una caduta peraltro inimmaginabile con un organico di tutto rispetto che annovera, ad esempio, l’ex campione del mondo Andreas Brehme. La gara è tirata, la tensione si taglia a fette, il Kaiserslautern ci prova e riesce ad andare in vantaggio, poi tenta di gestire il preziosissimo 1-0 sperando che il tempo passi in fretta. Il cronometro scorre, è velocissimo per il Bayer Leverkusen, pressoché fermo per il Kaiserslautern nella proverbiale percezione del tempo diversa a seconda dei momenti. A 7 minuti dalla fine, però, tutto cambia, il Leverkusen agguanta il pareggio e taglia le gambe ad un Kaiserslautern a quel punto incapace di reagire; finisce così, 1-1, i calciatori biancorossi piangono tutti, sono le stesse lacrime che versano i tifosi nel settore ospiti della BayArena, le stesse che scandiscono un pomeriggio tristissimo nella città di Kaiserslautern in un caldo ed assolato pomeriggio di maggio.

Curioso e di parziale consolazione ciò che accade 5 giorni dopo, il 24 maggio, quando lo stesso Kaiserslautern vince la Coppa di Germania battendo per 1-0 il Karlsruhe nella finale di Berlino; in tanti, forse, avrebbero barattato volentieri quel trofeo con la salvezza. Il Kaiserslautern si ritrova così per la prima volta nella serie B tedesca (la Zweite Liga), nonostante la coppa appena conquistata e 3 titoli di Germania alle spalle, l’ultimo dei quali vinto nella stagione 1990-91, appena 5 anni prima. Proprio nei giorni di maggio del 1996 si verifica un altro di quegli eventi che successivamente comporranno il puzzle del Kaiserslautern dei miracoli: il Bayern Monaco, che ha perso la volata scudetto col Borussia Dortmund, licenzia il tecnico Otto Rehhagel, scaricato con una dichiarazione destinata a fare epoca: “Rehhagel – dice la dirigenza bavarese – è un allenatore che farebbe comodo a tante squadre in Europa, ma non ad un club di fama mondiale come il nostro“. Un comunicato duro per un tecnico che in fondo in carriera ha già dimostrato di valere molto di più di quanto affermato dagli stati generali del Bayern, tanto che l’orgoglio dell’allenatore è più forte della categoria: lo contatta proprio il Kaiserslautern che gli affida non solo il progetto a breve termine di riportare la squadra in Bundesliga, ma anche quello di aprire un ciclo che possa riaccogliere i biancorossi nelle alte sfere del calcio tedesco in tempi medi. Rehhagel accetta, sa di attirare intorno a sè qualche critica e diverse perplessità, ma le ambizioni del Kaiserslautern gli piacciono e dice sì già dopo il primo incontro con la proprietà e col presidente Friedrich. E il primo tassello arriva subito: il Kaiserslautern stravince la Zweite Liga classificandosi al primo posto con 68 punti, 10 in più della seconda, 14 sulla quarta ed ottenendo diversi record, fra cui la promozione con 4 turni d’anticipo, il miglior attacco del torneo con 74 reti all’attivo e la capacità di portare ben 3 calciatori in doppia cifra, il ceco Kuka con 14 gol, Rische con 12 e Marschall con 10.

Dopo un solo anno, dunque, il Kaiserslautern è di nuovo in Bundesliga, pronto non solo a restarci ma anche a farsi valere, provando a dimenticare in fretta l’inopinata retrocessione dell’anno prima. Alla vigilia del campionato, in Germania tutti parlano del duello scudetto fra Bayern Monaco e Borussia Dortmund che, curiosamente, sono guidate da tecnici italiani, Giovanni Trapattoni da una parte e Nevio Scala dall’altra; del Kaiserslautern si parla come possibile mina vagante che potrebbe inserirsi in zona Uefa e di interessante, si dice, c’è il ritorno di Rehhagel a Monaco di Baviera già alla prima giornata, uno scherzo del destino che potrebbe riportare in auge la polemica fra il tecnico ed il club bavarese. Il Kaiserslautern ha lavorato bene in estate, Rehhagel ha portato disciplina e carisma, la sua squadra è efficace e concreta, non spettacolare ma poco incline agli errori, la tifoseria ha ritrovato unione ed entusiasmo, basti pensare che nel pre campionato precedente, con una retrocessione fresca, al primo allenamento di Rehhagel c’erano oltre ventimila appassionati ad applaudire ed incitare la squadra. In organico c’è il veterano Brehme, il bomber Olaf Marschall e soprattutto lo svizzero Ciriaco Sforza, l’uomo di maggior talento, che nelle ultime due stagioni aveva giocato al Bayern Monaco proprio con Rehhagel che lo chiede espressamente al presidente Friedrich dopo qualche diverbio con l’ex calciatore del Verona Hans Peter Briegel, ora direttore sportivo del Kaiserslautern, che non sempre si trova d’accordo col tecnico che addirittura sbotta dicendo: “Briegel è ancora un novellino del mestiere, vincesse qualche titolo come ho fatto io e poi potrà tornare a confrontarsi con me“. Qualcuno sostiene che questi veleni intestini possano minare la compattezza di un gruppo che, al contrario, pensa solo a lavorare e che si prepara a raccogliere i frutti di un sacrificio quotidiano che non può non pagare.

Il 1 agosto 1997 parte la Bundesliga e gli occhi sono puntati sull’Olympiastadion di Monaco per Bayern-Kaiserslautern, la sfida più attesa di giornata. Trapattoni si agita come sempre in panchina e ben presto si accorge che quella partita è assai più insidiosa di quanto non avesse creduto: il Kaiserslautern corre, copre perfettamente ogni zona del campo, asfissia i portatori di palla di un Bayern che risulta praticamente inoffensivo. “Questa la perdiamo“, pensa un nervosissimo Trap, mentre Rehhagel sembra avere un sorrisino beffardo che pregusta una vendetta come sempre servita a temperature poco elevate; è l’80’, infatti, quando il difensore danese Schjonberg batte Oliver Kahn e gela l’Olympiastadion. E’ il gol partita, Rehhagel sbanca Monaco, alla faccia di chi lo ha scaricato senza tanti complimenti, violando un campo in cui storicamente in Germania non vince quasi nessuno. Ma non è solo la vendetta dell’ex quella compiuta dal tecnico del Kaiserslautern, è l’inizio di una cavalcata a cui da principio non crede nessuno ma che diventerà realtà nonostante lo scetticismo. Una settimana dopo, nell’esordio al Fritz Walter Stadion, i biancorossi superano ancora per 1-0 anche l’Hertha Berlino e si ritrovano al comando della classifica a punteggio pieno; è presto, prestissimo, chi lo nega, ma il Kaiserslautern dà immediatamente la sensazione di essere una formazione solida, determinata, pragmatica e risoluta, uno specchio perfetto del proprio allenatore che è pronto a lottare contro chiunque, incurante del fatto che la sua squadra sia in fondo appena risalita dalla serie B. Il pareggio di Colonia alla terza giornata è comunque positivo ed è il preludio al 3-0 inflitto allo Schalke nel turno successivo, al 3-1 in trasferta sul Bochum in cui i biancorossi subiscono la prima rete stagionale e al pirotecnico 4-3 sullo Stoccarda del 12 settembre. Alla settima giornata, il Kaiserslautern vince 4-2 in casa del Karlsruhe ottenendo la quarta vittoria consecutiva, la sesta su sette gare disputate.

Una settimana dopo, però, giunge il primo inaspettato stop, ovvero l’1-3 casalingo patito contro il Werder Brema, proprio la squadra che Rehhagel aveva portato al titolo dieci anni prima. Bella riconoscenza, insomma. Ma il cammino del Kaiserslautern non lo scalfisce certo un’innocua sconfitta: dopo la decima giornata, infatti, i biancorossi hanno 4 punti di vantaggio sul Bayern Monaco secondo, mentre al termine del quindicesimo turno (Borussia MG-Kaiserslautern 1-3 del 18 novembre) la squadra di Rehhagel si laurea campione d’inverno con due giornate d’anticipo e porta a 7 il proprio vantaggio sui rivali bavaresi. Ora la matricola terribile (come viene ribattezzata dai media tedeschi) inizia davvero a far paura, nonostante per molti resti ancora il Bayern la favorita per il titolo perché, si pensa, prima o poi l’esperienza avrà la meglio e prima o poi anche il solido Kaiserslautern non riuscirà a gestire una pressione a cui non è abituato. A Rehhagel queste congetture non interessano, per lui conta il lavoro, quello da studiare e preparare durante la settimana in allenamento ed applicare poi al sabato in campo. A lui la classifica interessa poco, lo dice davanti ai microfoni e lo ripete nello spogliatoio: lo vuole quel titolo, è chiaro, ma non è tipo da prendere carta e penna, sedersi al tavolo ed ingobbirsi per studiare calendari e stilare ipotetiche tabelle fra la sua squadra ed il Bayern Monaco. Alla fine del girone d’andata, poi, risulta evidente come lo scudetto sia ormai cosa esclusivamente fra le prime due della classifica: il Borussia Dortmund, che è anche campione d’Europa in carica, è incappato in una stagione anonima ed arranca a metà della graduatoria, mentre Stoccarda e Bayer Leverkusen sono sì al terzo e al quarto posto, ma a distanze siderali dalle due battistrada.

Il 5 dicembre 1997, alla prima di ritorno, al Fritz Walter si disputa lo scontro diretto fra Kaiserslautern e Bayern: è una sfida senza storia, i padroni di casa, sospinti da un pubblico eccezionale, sembrano avere tre marce in più dell’avversario, Trapattoni schiuma rabbia, mastica nervosamente un chewing gum per tutta la partita ma vede soccombere i suoi che perdono 2-0 e sembrano riporre nel cassetto ogni sogno di gloria. Il Kaiserslautern, viceversa, pare aver avuto la prova che cercava: sconfitto così nettamente il Bayern, la strada verso un incredibile titolo da matricola sembra in discesa e perfino Rehhagel regala qualche sorriso in più rispetto al solito. A riportare un’intera città coi piedi per terra ci pensa però l’Hertha Berlino sette giorni più tardi: il 2-0 imposto alla capolista, infatti, ricorda a tutti che c’è ancora quasi un girone da giocare e che nulla è scontato. Non è sempre stato, del resto, proprio il rivale Giovanni Trapattoni ad affermare “Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco?“. Il Kaiserslautern riprende la sua marcia vincendo 4 partite di fila e portando il vantaggio a 9 lunghezze dopo la 26.ma giornata allorquando la squadra di Rehhagel regola in casa il Monaco 1860 ed il Bayern non va oltre lo 0-0 casalingo contro il Bochum. E’ il 13 marzo 1998 e qualcuno a Kaiserslautern ha messo già in fresco più di una bottiglia di ottimo champagne, oltre alle solite birre. “Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco“, forse in Germania non lo conoscono come proverbio, forse Trapattoni non ha trovato un detto analogo per tradurlo dall’italiano al tedesco, fatto sta che da lì in avanti il Kaiserslautern rischia di compromettere tutto e probabilmente allo stesso Trapattoni la sua celebre frase verrà spesso in mente proprio quando ogni velleità sembrava ormai svanita.

Da qui, infatti, qualcosa si inceppa nel meccanismo all’apparenza perfetto del Kaiserslautern: i biancorossi pareggiano 2-2 con l’Arminia Bielefeld, poi cadono clamorosamente in casa 3-0 col Bayer Leverkusen, pareggiano col Duisburg e col Borussia Dortmund, poi anche in casa dell’Hansa Rostock. In 5 giornate la squadra di Rehhagel ha dilapidato quasi tutto il suo vantaggio, ritrovandosi con appena 2 lunghezze su un Bayern in rimonta e che fallisce il sorpasso il 17 aprile quando il Kaiserslautern viene bloccato 2-2 dall’Hansa Rostock, pareggiando a sua volta una gara folle contro l’Arminia Bielefeld, terminata 4-4. Il 24 aprile il Kaiserslautern ospita il Borussia M’Gladbach, mentre il Bayern se la vede col Leverkusen all’Olympiastadion in una giornata, la terz’ultima, che potrebbe risultare decisiva ai fini della vittoria finale. L’inizio è mortifero per il Kaiserslautern che dopo neanche mezz’ora si ritrova sotto di due reti, il pubblico ammutolito e il sorpasso del Bayern Monaco oramai prossimo, quelle malelingue che asserivano come prima o poi gli uomini di Rehhagel sarebbero crollati sembrano adesso avere ragione, quello scudetto storico ed inatteso sta scivolando via dalle mani del Kaiserslautern per finire nelle grinfie esperte del Bayern. Ma il Kaiserslautern ha in squadra Olaf Marschall, un centravanti che il suo dovere di bomber lo ha sempre fatto e che non vuole tradire la sua formazione proprio nel momento decisivo: l’attaccante dapprima riduce lo svantaggio con un bolide da fuori area, poi sigla da rapace degli ultimi 16 metri il 2-2, infine di testa completa la rimonta e restituisce le ali ad un Kaiserslautern che nella prima mezz’ora di gioco non era esistito. Il 3-2 sul Borussia ringalluzzisce i biancorossi che dopo la grande paura durata più di un mese sono consapevoli che quello scudetto non può più sfuggire. E chi se ne importa se il Bayern ha vinto anche stavolta e resta a -2.

Penultima giornata, 2 maggio 1998: lo stadio Fritz Walter di Kaiserslautern è vestito a festa per quello che è il primo dei due match ball a disposizione della squadra di Rehhagel che deve battere in casa il Wolfsburg e sperare che il Bayern Monaco non faccia altrettanto a Duisburg dove peraltro lo stesso Kaiserslautern è inciampato qualche settimana prima. Kaiserslautern-Wolfsburg non ha storia: i biancorossi dominano la partita come a voler confermare la supremazia avuta in tutto il campionato, vincono 4-0 e poi affidano le loro speranze a quanto viene comunicato via etere. Il Bayern pareggia ancora, 0-0, il titolo è sempre più vicino, i tifosi un po’ cantano, un po’ stanno zitti per ascoltare le radioline, sperando che il Tutto Il Calcio Minuto Per Minuto tedesco non annunci quel gol dei bavaresi che invece non arriverà mai. Al fischio finale della gara di Duisburg scatta la festa del Kaiserslautern che vince lo scudetto per la quarta volta nella propria storia, diventando anche il primo club a fregiarsi del titolo da neopromossa. “Dalla serie B al Meisterschale in un anno“, titolano i giornali, “Dall’Inferno al Paradiso“, per dirla con più poesia. Fiumi di birra invadono le strade di Kaiserslautern, 100.000 abitanti, nessuno capisce se ci sia più euforia o più incredulità in quella vittoria storica, inaspettata, ottenuta da una squadra partita con discrete ambizioni ma che forse mai avrebbe neanche sognato un simile epilogo. Il 9 maggio, Ciriaco Sforza alza al cielo il Meisterschale, il Piatto dei Campioni, la ricompensa coi fiocchi per quella retrocessione dolorosissima di due anni prima ed ormai sepolta dall’irripetibile ebbrezza di un’annata leggendaria.

Lo scudetto del Kaiserslautern è partito dal basso, addirittura da una categoria inferiore e da una retrocessione accolta con sdegno e vergogna da una tifoseria esigente che neanche la successiva Coppa di Germania vinta aveva placato. Ecco, avevamo detto che forse a Kaiserslautern avrebbero volentieri barattato quella coppa con la salvezza: ma dopo l’avvento di Rehhagel e il trionfo in campionato due anni più tardi, siete poi così sicuri che potendo tornare indietro, i tifosi farebbero ancora a cambio?

di Marco Milan

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