Amarcord: l’unica salvezza del Pescara in serie A
Storie di salvezze, inattese, miracolose, annate da incorniciare e rievocare anche a distanza di decenni. E poi ci sono quelle che speciali lo diventano per forza, perché uniche nel loro genere, indimenticabili perché irripetibili o quasi, talmente storiche da diventare leggende di uno sport che regala gloria anche ai più piccoli. E’ la storia della salvezza del Pescara in serie A, un evento unico, raro e ad oggi senza eguali.
Per raccontare questa vicenda è necessario partire da lontano, un po’ come quando nei film la prima scena è sfalsata dal periodo storico della narrazione. In questo caso la pellicola si apre nell’estate del 1986, quando il Pescara è mestamente precipitato in serie C1 e sta programmando la risalita in B. L’improvviso ripescaggio, dovuto alla radiazione del Palermo che verrà relegato in serie C2, riaccende l’entusiasmo a Pescara, nonostante in città sia chiaro fin da subito che una squadra strutturata per disputare la serie C potrà faticare non poco in cadetteria. L’allenatore è l’emergente Giovanni Galeone, votato al calcio offensivo grazie ad un 4-3-3 veloce e concreto, tutto pressing e rapidità; in attacco le stelle sono l’ala destra Rocco Pagano e il centravanti Stefano Rebonato, uno che di gol ne ha sempre fatti pochi ma che in Abruzzo vivrà la sua prima ed unica stagione di gloria laureandosi capocannoniere del campionato con 21 reti. La marcia del Pescara è trionfale in tutti i sensi: la squadra biancoazzurra gioca un calcio spettacolare e allo stesso tempo redditizio, stravince a sorpresa ma con pieno merito il torneo classificandosi al primo posto con 44 punti ed arrivando davanti a formazioni sulla carta più attrezzate come Pisa, Cesena (comunque promosse in serie A), Lecce, Cremonese e Genoa. Gli abruzzesi festeggiano la terza promozione in massima serie dopo quelle del 1977 e del 1979, entrambe poi culminate con l’immediato ritorno in B.
Stavolta l’impressione è che il Pescara voglia provare l’impresa, anche se in vista del campionato 1987-88 nelle griglie di partenza dei giornali la squadra di Galeone viene indicata in ultima fila, nonostante l’arrivo del brasiliano Junior (leader indiscusso dello spogliatoio) e del talentuoso slavo Blaz Sliskovic, dotato di eccezionale talento ma anche di un carattere turbolento e poco incline al sacrificio. E’ partito il bomber Rebonato e l’attacco pescarese appare abbastanza fiacco con le sole punte Gaudenzi, Zanone e Romano che non sembrano bocche da fuoco irresistibili, oltre ai centrocampisti offensivi Pagano e Berlinghieri, e i due citati stranieri. Perplessità anche sul tecnico: Galeone si è dimostrato irresistibile in serie B, ma saprà ripetersi anche in A? La fortuna, dice qualcuno, è che il rimpasto del campionato, che dall’anno successivo passerà da 16 a 18 squadre, prevede due sole retrocessioni in serie B per il 1987-88 e dunque qualche possibilità in più di salvezza per un Pescara che ai nastri di partenza si presenta anche con un nuovo presidente, l’imprenditore Pietro Scibilia, uno che non ci sta a fungere da agnello sacrificale della serie A. All’uscita dei calendari del campionato, inoltre, gli abruzzesi si ritrovano con le trasferte contro Inter, Juventus e Napoli inframezzate dalle gare casalinghe contro Pisa e Cesena. L’impressione generale è che la salvezza dei biancoazzurri sarà complicata, anche se intorno al Pescara c’è notevole curiosità vista la cavalcata dell’anno precedente.
13 settembre 1987, a San Siro va in scena la prima giornata del campionato 1987-88 fra Inter e Pescara. Gli uomini di Giovanni Trapattoni sono i logici favoriti e gli esperti si attendono una goleada nerazzurra, con le due filosofie tattiche a confronto: difesa granitica e contropiede per il Trap, gioco offensivo per Galeone. Il Pescara, sceso in campo con una tenuta interamente rossa, parte a spron battuto, gioca con spavalderia e spaventa in diverse occasioni Walter Zenga; al 40′, poi, l’irresistibile tridente abruzzese manda in tilt la difesa interista e consente a Galvani di presentarsi da solo davanti al portiere: il pallonetto del centrocampista è perfetto ed il Pescara chiude in vantaggio il primo tempo tra lo stupore di San Siro e dell’Italia intera. E chi nel secondo tempo si attende la riscossa dell’Inter ammira invece ancora lo spettacolo pescarese, coi biancoazzurri che al 57′ infilano ancora la difesa di Trapattoni costringendo Zenga al fallo da rigore; dal dischetto si presenta Sliskovic che con freddezza sigla il 2-0 che chiude la partita, fa crollare il banco del Totocalcio e sbatte la neopromossa sulle prime pagine di tutti i giornali. Gli articoli sul gioco di Galeone si sprecano, così come le teorie sull’effettiva credibilità di un calcio che in Italia non ha mai attecchito granché; c’è chi si dice infatti sorpreso dalla spregiudicatezza del Pescara e chi, al contrario, crede che alla lunga gli abruzzesi perderanno molte partite e faticheranno a salvarsi.
Per molti, insomma, l’idea è che la pur strabiliante vittoria di Milano possa essere un fuoco di paglia, la classica sorpresa della prima giornata, destinata a ridimensionarsi in fretta. E invece una settimana più tardi il Pescara batte anche il Pisa nel debutto stagionale allo stadio Adriatico, vince 2-1 grazie ai gol di Junior e al calcio di rigore di Gian Piero Gasperini e si ritrova clamorosamente al comando della classifica a punteggio pieno dopo due giornate. Galeone è il nuovo profeta del calcio italiano, qualcuno lo ritiene addirittura migliore di Arrigo Sacchi che ha appena preso in mano il Milan promettendo un grande calcio ma che si è smarrito con la sconfitta casalinga contro la Fiorentina. Il 27 settembre il Pescara si presenta al Comunale di Torino per sfidare la Juventus dall’alto dei suoi 4 punti e senza alcun timore reverenziale; la Juve non è più quella di Platini e Trapattoni, vive un periodo di ridimensionamento, ma ciò nonostante regola gli abruzzesi per 3-1 grazie anche alla doppietta di Ian Rush che proprio in quella giornata assapora uno dei pochi momenti esaltanti della sua grigia esperienza italiana. La sconfitta di Torino non toglie entusiasmo al Pescara che al quarto turno supera per 1-0 in casa il Cesena grazie all’autorete di Jozic proprio in zona Cesarini, prologo della disfatta epocale dell’11 ottobre 1987 quando il Napoli di Maradona fa a fettine gli adriatici, travolti da un 6-0 che appare tanto clamoroso quanto inevitabile dal momento che la formazione di Galeone si presenta con lo stesso atteggiamento ultra offensivo che esalta l’attacco partenopeo in gol con Maradona, Giordano e Careca, oltre che con i centrocampisti Romano e Bagni.
La discussione riparte: si può salvare una squadra così tanto offensiva in un campionato nel quale da sempre prevalgono le migliori difese? Galeone risponde che il gioco del Pescara non si può snaturare e che solo proponendo calcio la sua formazione potrà avere speranze di rimanere in serie A. Eppure due settimane più tardi gli adriatici rimediano un’altra scoppola perdendo 4-0 a Firenze, poi perdono 2-0 in casa contro il Milan e 2-0 a Verona. La classifica inizia a farsi deficitaria e la sfida casalinga contro il Torino del 29 novembre diventa il primo snodo cruciale della stagione dei biancoazzurri; si dice che anche la panchina di Galeone sia a rischio, ma ci pensa Scibilia a smentire tali voci: Galeone ha la piena fiducia della società. Pescara-Torino è una bella partita, i padroni di casa appaiono sbloccati rispetto alle ultime uscite e strappano un positivo 2-2 grazie alla doppietta di Sliskovic, uno che se avesse giocato sempre con la stessa determinazione avrebbe calcato ben altri palcoscenici. Il ritorno alla vittoria arriva la domenica successiva ed è importantissima poiché ottenuta contro un rivale diretto come l’Avellino, prima della terza batosta stagionale rimediata sotto Natale in casa della Roma, vittoriosa per 5-1. Il 1988 si apre con il successo casalingo contro il Como, altra concorrente per la salvezza, e il Pescara chiude il girone d’andata con lo 0-0 all’Adriatico contro il fanalino di coda Empoli. Il pareggio in casa contro l’Inter manda di nuovo in rete Sliskovic e mostra ancora come la salvezza sia alla portata degli uomini di Galeone che il 7 febbraio 1988 ottengono un’altra vittoria prestigiosa battendo per 2-0 la Juventus con le reti di Junior e Pagano nel secondo tempo, un successo che manda in estasi la tifoseria abruzzese, ebbra di gioia anche dopo la successiva vittoria in casa del Cesena, firmata ancora da Pagano.
Le sconfitte contro Napoli e Sampdoria non intaccano le certezze di Galeone, così come il ko di San Siro contro il Milan, mentre più rammarico lo genera il pareggio contro la Fiorentina che acciuffa i pescaresi a ridosso del 90′ con Roberto Baggio dopo il vantaggio iniziale siglato da Gasperini. La salvezza del Pescara passa per il successo 3-0 con il Verona in una delle partite più belle del campionato e per i pareggi contro Avellino e Roma, due punti che peseranno tantissimo nell’economia della classifica. L’8 maggio 1988 il Pescara gioca in casa contro l’Ascoli, altra formazione in lotta per non retrocedere, e la gara potrebbe essere decisiva per entrambe, soprattutto per gli abruzzesi, forse salvi anche con un pareggio se anche gli altri risultati daranno una mano alla compagine di Galeone. Pescara-Ascoli è una partita al piccolo trotto, è evidente come entrambe le squadre si accontentino dello 0-0, certificato al 90′ da pochissime occasioni da gol, peraltro quasi tutte dei marchigiani. Ma tanto basta al Pescara per guardare la classifica e scoprirsi salvo aritmeticamente, per la prima volta dopo due retrocessioni nelle precedenti avventure in serie A. La festa è grande allo stadio Adriatico, i calciatori regalano le maglie ai tifosi, in sala stampa il presidente Scibilia annuncia il rinnovo di Leo Junior, mentre Giovanni Galeone, il più atteso, gela tutti affermando di essere dubbioso circa il suo futuro in riva all’Adriatico. Rimarrà ancora in sella, invece, il tecnico artefice della salvezza dei biancoazzurri, anche se i risultati saranno diversi.
Il Pescara 1987-88 si salva con 24 punti, uno in più dell’Avellino che è la prima delle retrocesse, e il dato che maggiormente salta all’occhio dei più attenti è quello riferito ai gol subiti che sono ben 44, ovvero 6 in più dell’Avellino stesso e 14 in più dell’Empoli ultimo in classifica. Decisive, così, diventano le 27 reti all’attivo dei pescaresi, a dimostrazione che anche in Italia a volte si può vincere attaccando. Un anno dopo, i numeri saranno più o meno gli stessi (27 punti, 28 gol fatti e 43 subiti) con un terz’ultimo posto in classifica confermato ma che stavolta decreta la retrocessione del Pescara, nonostante un anno in più di esperienza e la conferma di Galeone in panchina. I maligni diranno che la salvezza dell’anno prima era stata il frutto del caso, dovuta alle sole due retrocessioni e che, con gli stessi numeri, la squadra abruzzese è puntualmente finita in serie B una volta ristabilito un certo ordine di classifica con 4 retrocessioni. Cinismo, forse un po’ di cattiveria o semplicemente un eccessiva sintesi, sta di fatto che la salvezza del Pescara resta indelebile nella mente degli appassionati, resa possibile da un tecnico rivoluzionario e da una squadra in grado di esprimere un gioco spumeggiante e propositivo, anche al netto di qualche scoppola di troppo.
Dopo la retrocessione del 1989, il Pescara tornerà in serie A nella stagione 1992-93 cadendo ancora in B al primo colpo e nuovamente con Giovanni Galeone in panchina, poi vent’anni dopo con altra retrocessione al termine del campionato 2012-2103 e in ultima istanza nella stagione 2016-2017, chiusa all’ultimo posto e con un’altra caduta immediata nel torneo cadetto. La storia dice che in 7 campionati totali di serie A il Pescara è retrocesso 6 volte, rendendo così ancor più speciale quell’unica e preziosissima salvezza in un campionato che sarà stato pure anomalo, ma che ha mostrato una delle più belle realtà di provincia del calcio italiano. E scusate se anche questa è leggenda.
di Marco Milan